Chef
L’evoluzione è nella natura delle cose, per un ristorante d’avanguardia, dove è possibile ordinare il solo menu degustazione frutto del LAB annuale. Esperienza questa studiata nei minimi ingranaggi, che è logico accompagnare con un pairing tutt’altro che aleatorio.Già da quest’anno, quindi, il geniale chef basco ha iniziato a concepire diversamente la sua offerta, ma nel 2022, orizzonte in cui di fatto è già proiettato, potrebbe procedere all’eliminazione totale, come è già avvenuto con la carta dei dolci. “Bisognerà mettersi d’accordo con la squadra. Mi sono reso conto che il Mugaritz ha mancato una rivoluzione, quella della carta dei vini. Una rivoluzione che abbiamo adesso iniziato a mettere in opera. Non ha senso che un ristorante come il Mugaritz, privo di carta, proponga una lista dei vini.
Non mi interessa più, non sono più interessato alle carte di niente. Ho messo la mia squadra incaricata dei vini del Mugaritz a lavorare sulla creatività, su una proposta già per quest’anno. Quello che mi auguro per il prossimo futuro, è che quando arrivate al Mugaritz, noi vi proponiamo un menu completo e definitivo, che rispetti le intolleranze ma includa l’esperienza del vino. Non voglio avere una cantina di 8000 referenze, voglio disporre solo di 60 prodotti unici, concettualizzati, su cui lavoreremo e che potrete scoprire solo al Mugaritz”.
Una mossa coraggiosa, che smarca ancora di più il fuoriclasse basco dalla ristorazione fine dining media e probabilmente dagli standard di quella Michelin, che continua pervicacemente a negargli la terza stella; ma in questi tempi turbolenti, forse, anche un modo per mettere a frutto con intelligenza e massima coerenza un capitale dormiente. E della rossa dice: “Era come entrare nel palazzo, a Versailles. Nel primo salone i signori, nel secondo i nobili, nel terzo la famiglia reale. Qualcosa di molto aristocratico e molto inaccessibile. Me lo ricordo così”.
Mugaritz
Appena dato il via alla sua ventiquattresima stagione, incentrata sul tema delle “prime volte”, Aduriz confida a 7canibales.com anche altre rivelazioni. “La pandemia ci ha aiutato a portare il futuro nel presente. Qualcosa che sarebbe avvenuto nell’arco di 5, 10 anni, per esempio che il Mugaritz si riducesse in termini di tempo di apertura e numero di commensali, è stato anticipato”. Per lui, racconta, è stato un anno sabbatico, speso con la famiglia e lavorando senza posa, spesso in senso retrospettivo sul passato del ristorante. “Curiosamente il 2020 è stato uno degli anni più rotondi e maturi, uno di quelli che mi sono piaciuti di più. E non so se mi piace tanto che le cose mi piacciano… Però quest’anno già siamo tornati a ciò cui siamo abituati. Periodo di creatività normale, abbiamo preso decisioni, abbiamo fatto degustazioni con terze persone, servizi in bianco per rodare tutto l’ingranaggio e la prima. Tutto normale fino al giorno X”.
Il rinnovamento integrale resta la regola, per quanto la ricerca si muova spesso per motivi ricorrenti sopra idee che spesso restano latenti. “Entriamo e usciamo da alcuni concetti”, commenta Aduriz. Che però si dice disposto a offrire un menu di piatti storici nel ristorante (tutti peraltro registrati) solo se dovesse decidere di chiudere, nei suoi ultimi cinque anni di attività. “Sono uno che romperebbe lo specchietto retrovisore. Guardo sempre avanti”, dice, anche dopo una pandemia.
Certo la decisione sulla carta dei vini è radicale, ma Andoni non intende fare scuola a nessuno. “Un mondo pieno di Mugaritz mi annoierebbe. Non avrebbe senso. Devono esistere norme per poterle violare, ma non le violi tutto il tempo. Non sarebbe molto meritorio. Provocare è la conseguenza di qualcosa, non un fine in sé”. Come è stata, infine, la sua prima volta? “La mia prima volta sarà”.
Fonte: 7canibales.com