Tra le colline di Carmignano, Capezzana custodisce oltre mille anni di storia agricola: una tenuta che intreccia viticoltura, olivicoltura, arte e memoria. Dall’804 d.C. a oggi, questo luogo è testimone vivente di un equilibrio armonico tra uomo e natura, dove il vino racconta secoli di passione e bellezza toscana.
Tra le colline che respirano la storia della Toscana, Capezzana racconta una delle storie più profonde e radicate dell’agricoltura italiana. In questa terra, dove la vite e l’ulivo crescono fianco a fianco da più di un millennio, il rapporto tra uomo e natura si fa ancestrale, quasi sacro. Nel panorama vibrante del vino toscano — così ricco di protagonisti, intuizioni e rivoluzioni — la famiglia Contini Bonacossi occupa un posto d’onore. Capezzana non è soltanto una tenuta: è una memoria vivente, una testimonianza dell’agricoltura biologica già attiva 1200 anni fa.

Un documento del lontano 804 d.C. attesta la presenza di vigne, boschi e oliveti su queste colline, confermando quanto il cuore agricolo del Carmignano pulsasse forte già nei secoli bui del Medioevo. La virtù, si sa, sta nel mezzo: e così accade anche a livello climatico. Qui, tra le dolci alture del centro Toscana, il rigore continentale si stempera in un respiro mediterraneo, creando condizioni ideali per la viticoltura: mai eccessive, sempre armoniche, quasi disegnate dalla mano paziente del tempo.

Carmignano: il vino che attraversa i secoli
Per raccontare Carmignano bisogna guardare molto indietro. Gli Etruschi, già tremila anni fa, seppellivano vasi vinari accanto ai loro defunti, e con l’avvento di Roma queste terre diventarono premio per i veterani di Cesare, tra vigne e ulivi che si stendevano tra Arno e Ombrone. Il primo documento scritto che certifica la vocazione agricola della zona risale all’804: un contratto in latino che cita “vigne, boschi e oliveti” nelle colline di Capezzana, rivelando una continuità produttiva che arriva fino a noi. Ma è nel Settecento che Carmignano conquista il suo blasone: il celebre bando mediceo del 1716, firmato da Cosimo III, è il primo esempio al mondo di delimitazione ufficiale di una zona vinicola. Accanto a Chianti, Pomino e Valdarno di Sopra, Carmignano entra di diritto nella nobiltà del vino, con un secolo e mezzo d’anticipo sulla francese Appellation d’origine contrôlée. Anche il Seicento ha il suo peso: i vini di Carmignano cominciano a viaggiare verso il Nord Europa, conquistando palati e mercati. La firma, ancora una volta, è dei Medici, promotori di un gusto nuovo, raffinato, capace di coniugare corpo ed eleganza.

Tuttavia, la gloria si offusca nel Novecento. Negli anni ’30, per inseguire un vantaggio commerciale illusorio, il Carmignano perde la propria identità: inglobato nel Chianti generico, poi nel territorio di Montalbano, scompare per quasi quarant’anni dal radar della grande enologia. È solo alla fine degli anni ’60 che rinasce, grazie anche all’opera tenace di Ugo Contini Bonacossi. Nel 1975 riacquista la sua DOC, poi elevata a DOCG nel 1998. E con essa, torna a brillare la storia. Tra le sue peculiarità? Una su tutte: la presenza storica del Cabernet (Franc e Sauvignon) nell’uvaggio, introdotto in zona nel Settecento e definito "uva francesca". Un Supertuscan ante litteram, ma con una marcia in più: quella dell’autenticità, radicata nel tempo e nella terra.

Villa di Capezzana: il vino come arte, l’arte come vino
Capezzana non è soltanto vino: è luogo d’anima. È paesaggio, architettura, memoria viva. All’interno della tenuta — 100 ettari di vigna, 140 di oliveto, 350 di bosco — si custodisce una delle ville più affascinanti della Toscana vinicola. La Villa di Capezzana, con la sua struttura rinascimentale, accoglie chi la visita come un custode silenzioso del tempo. Le stanze — dal raffinato “Salottino Impero” alla luminosa “Sala grande” — sono scrigni di quadri antichi, arredi storici, oggetti d’arte che raccontano una nobiltà discreta, mai ostentata. Fuori, la campagna si distende come un tappeto verde, fatto di poggi, filari e sentieri di terra battuta. Villa di Capezzana diviene quindi un’autentica lezione di stile, al tempo stesso, architettonico rinascimentale ed enologico. Una sua verticale memorabile (1925–2025) svoltasi recentemente nella tenuta ha celebrato un secolo di vendemmie, rivelando non solo la mutevolezza del tempo, ma anche l’incredibile coerenza espressiva di tale etichetta.

L’annata 1979, in particolare, è rimasta impressa come un dono raro, capace di emozionare con la sua perfezione armonica. Le etichette più recenti — come il 2015 e il 2021 — incarnano la potenza elegante del Carmignano: struttura solida, ricchezza polifenolica, equilibrio tra frutto (mora, ribes), fiore (mammola), spezie e cacao. Ma è nelle vecchie annate, come la 1983, la 1995 o persino l’addirittura centenaria 1925, che il vino si fa racconto: l’aroma di erbe officinali, la setosità avvolgente dei tannini, la capacità di parlare al cuore prima ancora che al palato. Un vino, in definitiva, incredibilmente vivo, come la terra da cui nasce e come la storia che porta con sé.


Contatti
Tenuta di Capezzana
Via Capezzana, 100, 59015 Carmignano PO
Telefono: 055 870 6005