Partita letteralmente in un garage, oggi è una rinomata cantina toscana. Fra i vini ci ha sorpresi il Fiano Otto Muri, frutto dell’adesione a uno studio condotto dalla Regione Toscana nel 2000 e oggi unico IGT Toscano prodotto al 100% da questa varietà.
L'azienda
Tenuta Collazzi è dal 1933 un’azienda della famiglia Marchi: la sontuosa, omonima Villa progettata da Santi di Tito, discepolo di Michelangelo Buonarroti, viene rappresentata in alcune etichette e fu costruita nel 1560.
Siamo all’Impruneta e da quassù, nel contesto dell’Anello del Rinascimento, il panorama di cui si può godere è grandioso e del capoluogo toscano si può notare nitidamente la cupola del Duomo. Da quasi vent’anni a questa parte Alberto Torelli, enologo dalla visione concreta e illuminata, di Collazzi è il punto di riferimento: arrivato per uno stage universitario, qui è rimasto.
È lui ad accompagnarci a conoscere l’azienda, a cavallo dei comuni di Impruneta, Scandicci e San Casciano: ci racconta come la tenuta, su oltre 400 ettari complessivi di superficie, ne comprenda soltanto 42 coltivati a vigneto; 130 sono di oliveta e il resto si divide tra seminativi e boschi di querciolo e pino marittimo. I dati ci dicono quindi in modo incontrovertibile che la biodiversità è preservata con grande cura.
Il rinnovo delle viti è stato realizzato negli anni Novanta del secolo scorso: se allora l’area vedeva prevalere il Sangiovese, la scelta è stata quella di puntare soprattutto su Cabernet Sauvignon e Merlot, anche considerando il clima caldo e il protrarsi della stagione estiva sul territorio. La prima vendemmia a uscire, in una cantina partita letteralmente in un garage, è quella del 1999 il blend di Cabernet Sauvignon, Merlot e Cabernet Franc, nel tempo integrato con il Petit Verdot, che caratterizza l’etichetta storica il cui nome è proprio Collazzi.
Su terreni particolarmente ricchi di galestro, i vigneti sono condotti con l’idea di ridurre al massimo l’impatto sull’ambiente: le pratiche principali riguardano lo studio degli insetti utili per combattere i parassiti, le prove di potature lunghe per evitare i danni delle gelate primaverili e per far sì che le gemme produttive partano solo in seguito.
Ancora, come si usa in Alto Adige con la coltivazione delle mele, viene distribuita acqua sui vigneti quando la temperatura si abbassa, per evitare gli effetti nocivi delle gelate grazie alla formazione di una pellicola protettiva di ghiaccio sulla vite. La cantina, ottenuta dal vecchio garage della casa dei fattori di servizio della villa, è stata arricchita di un tavolo di cernita manuale e di una nuova bottaia, completata nel 2012.
I vini
Oltre al vino simbolo che porta il nome della cantina, vengono prodotti Ferro, un Petit Verdot in purezza, Libertà da uve Merlot, Cabernet Franc, Cabernet Sauvignon e Bastioni, Chianti Classico dai 7 ettari di vigneti di San Casciano. La produzione media annua si attesta sulle 220.000 bottiglie. Tra tutti i vini, accomunati da una scelta stilistica che privilegia finezza ed eleganza a scapito di un eccesso di concentrazione, ci ha sorpreso l’unico bianco, il Fiano Otto Muri, frutto dell’adesione a uno studio condotto dalla Regione Toscana nel 2000 e oggi unico IGT Toscano prodotto al 100% da questa varietà.
Racconta Torelli: “Ne produciamo circa 15 mila bottiglie all’anno, con tre differenti fasi di vendemmia: l’uva che è matura a fine agosto viene raccolta perché vogliamo valorizzarne l’acidità, a metà settembre si raccoglie quella che ci permette di evidenziare la parte aromatica ed esaltare il frutto. A fine settembre, invece, la sua struttura zuccherina ci dà alcol potenziale e grassezza. Le prime due vanno in acciaio; l’ultima, che corrisponde circa al 20%, ha bisogno di andare in legno, in questo caso usiamo il rovere. Il risultato arriva dall’assemblaggio delle tre raccolte.
Il vino sta sui lieviti dieci mesi a partire dalla fermentazione, finché non va in bottiglia. Facciamo il batonnage perché ci permette di limitare tantissimo l’uso della solforosa che comunque viene immessa solo all’imbottigliamento. Le fecce assorbono l’ossigeno e di conseguenza limitano le possibili ossidazioni.” Vale la pena assaggiarlo, magari con qualche anno sulle spalle per lasciare che si esalti il suo carattere pieno, con profumate note di frutta tropicale e pesca al naso e una bella sapidità al sorso.
Ancor meglio se ci si accomoda a un tavolo della Locanda Collazzi, ameno luogo di accoglienza, dove la giovane cuoca Angela Tucci lavora su materie prime vegetali locali per la maggior parte autoprodotte nell’orto dell’azienda; una nota particolare per l’ottima carne del piccione, allevato anch’esso in casa.
Contatti
Tenuta Collazzi
Via Colleramole, 101, 50023 Impruneta FI
Telefono: 055 237 4902