“Decantare è come aprire un romanzo a pagina 50: ti perdi l’introduzione e ti manca la trama”. Kerin O’ Keefe, firma di Decanter, stronca il graal dei sommelier d’antan. Meglio stappare con calma e farsi un aperitivo.
Decanter sì, decanter no. Il rito è suggestivo, ma fané: sempre più raramente nei grandi ristoranti si assiste al solenne travaso, che ormai viene perlopiù considerato traumatico per i vini di una certa età, la cui fragile trama va preservata da ogni choc. Ora a dire la sua interviene una firma di Decanter, Kerin O’Keefe, che poco sorprendentemente dichiara di adorare Barolo, Brunello e Barbaresco invecchiati. A condizione però che non siano passati per il controverso graal dei sommelier.
“Ho intrattenuto innumerevoli conversazioni sul tema con appassionati e professionisti del vino e ho scoperto che la maggior parte ama o odia questo contenitore apparentemente innocuo. Io cado risolutamente nel campo dell’odio, soprattutto quando si tratta di vini invecchiati. Sono fragili e dopo anni e anni sotto il tappo, l’improvvisa esplosione di ossigeno crea il peggiore choc possibile. Sul colpo il vino perde aromi e profumi che non torneranno più. Decantare è come aprire un romanzo a pagina 50: ti perdi l’introduzione e ti manca la trama. Se poi vuoi distruggere completamente un vino invecchiato, travasalo due volte, prima nel decanter, poi nella bottiglia originale, ripulita dai sedimenti. Una pratica abbastanza diffusa nei ristoranti”.
A questo proposito O’ Keefe racconta una degustazione di Barolo di millesimi compresi fra il 1964 e il 1989, tenuta in un celebre locale newyorkese, dove le bottiglie, già assaggiate in precedenza, ebbero misere performance. Se fosse stata una sola, avrebbe potuto trattarsi di cattiva conservazione. Ma la condizione era generalizzata. Alla fine il sommelier rivelò di avere doppiamente decantato tutte le bottiglie un paio di ore prima. I fan della decantazione sostengono l’utilità di eliminare i sedimenti e il beneficio dell’areazione accelerata, ma il rischio è quello di rovinare capolavori. Meglio evitare di bere le ultime dita sul fondo della bottiglia, piuttosto. O degustarle addirittura come la parte più ghiotta, un concentrato di sostanze, colori e aromi, sul modello di Franco Biondi Santi.
Il discorso, a giudizio di O’Keefe, vale in particolar modo per i vini a base di sangiovese e nebbiolo, particolarmente ricchi di norisoprenoidi, molecole aromatiche preziose, che necessitano di un’aerazione gentile. Il consiglio è quello di aprire il vino qualche ora prima, sorbendo nel caso un calice di bianco fresco nell’attesa. “Quasi tutti i produttori italiani evitano di decantare, in particolar modo le vecchie bottiglie. Come si suol dire, se sei a Roma, fai come i romani. E non solo a Roma”.