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Joan Casajuana: "I sommelier? Spesso fanno discorsi incomprensibili”

di:
Alessandra Meldolesi
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copertina joan casajuana

L'opinione

Le Canarie non sono solo spiagge e movida: ad Abama, Tenerife, si trova uno dei due ristoranti bistellati dell’arcipelago, M.B. dell’hotel Ritz Carlton, stabilimento dove officia il sommelier Joan Casajuana. Si considera discepolo di Antonio Casares, sommelier di Martin Berasategui a Lasarte, del quale dice: “Mi ha trasmesso dal primo istante la sua passione per il vino e non ho potuto fare a meno di seguirlo. Oltre a cercare di assorbire le sue conoscenze, ho appreso la filosofia di Martin e Oneka su come lavorare e rispettare questa meravigliosa professione”.


Da dieci anni ai massimi livelli, porta uno sguardo originale sul settore. “Come tutto al mondo, la sommellerie continua a evolversi. Se ci sono ancora ristoranti dove la figura del sommelier resta confinata al servizio del vino, questo lacciolo si sta allentando pian piano. Secondo me la sommellerie deve essere polivalente, non ogni tanto, ma sempre. Dobbiamo essere la persona in più nel servizio, senza smettere di rappresentare il punto di riferimento dell’ospite sulla scelta dei vini. Credo che la figura del sommelier finirà per integrarsi con quella dello chef de rang o del cameriere, come sta già avvenendo in molti ristoranti, dove qualsiasi persona della brigata di sala ha le capacità e le conoscenze per fungere da sommelier. Fortunatamente sono sempre più numerosi i professionisti che si stanno formando e stanno acquisendo conoscenze nel ramo. Senza mai dimenticare che tutti loro devono essere guidati da un head sommelier”.


“Il peggiore nemico del sommelier è il sommelier. Se una delle nostre funzioni è quella di avvicinare, trasmettere e democratizzare il vino, in molte occasioni noi stessi siamo quelli che allontanano. Usiamo parole tecniche, descrizioni poetiche, sensazioni che sembrano riservate a un pubblico di privilegiati. E credo che questo danneggi profondamente la nostra professione. Qui ad Abama abbiamo la fortuna di confrontarci con ospiti di tutte le nazionalità e le fasce di età. Per questo cerchiamo di adattare le referenze, in modo da venire incontro ai gusti di tutti.


È un compito complesso, ma funge da stimolo per il personale, visto che le carte si evolvono continuamente secondo la stagione e il tipo di ospiti che ne consegue. Al momento dell’elaborazione, il fattore più importante è per me quello umano. Mettersi nei panni degli altri, senza dimenticare il contesto del ristorante in cui operiamo, è la cosa più difficile. Ma penso anche ai vignaioli e ai piccoli produttori. È un privilegio che i nostri ospiti arrivino da tutto il mondo ed è per questo che abbiamo il dovere di mostrare loro i migliori prodotti delle isole e del resto della Spagna”.


Il futuro del vino sarà segnato dal clima. Da anni ormai la latitudine nella quale la vite può offrire un frutto eccellente si sta espandendo. Gli esperti già segnalano che si è iniziato a produrre vini di qualità in Gran Bretagna o in Svezia, fra le altre zone. Personalmente non ho avuto occasione di assaggiarli, ma credo che presto ci abitueremo a trovarli al ristorante o in enoteca”.

Fonte: interempresas.net

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