Barnaba Roma
La storia
Staccare la spina per essere felici. Il dolce far niente è la soluzione ad ogni problema. Atto semplice ed efficace che nel concreto si riassume nel prenotare un tavolo al numero 45 di Viale della Piramide Cestia ed ordinare una bottiglia di vino e qualche buon piatto da condividere.
In questo contesto utopico, eppure reale, spicca un’insegna raffigurante un bicchiere alato, omaggio a San Barnaba protettore dei vigneti. Trovalo e sarai da Barnaba Wine Bar e Cucina, dove pane burro e alici assieme ad un calice di Champagne sono da quattro anni il copione atteso, ma sempre in grado di stupire.
Premiato dalla Guida Ristoranti d’Italia 2022 del Gambero Rosso col riconoscimento delle Tre Bottiglie, Barnaba è un approdo sicuro per i romani. Una certezza che non segue le mode, ma rifugge le tendenze e continua a percorrere la sua strada. Merito di ciò va dato a Fabrizio Pagliardi, oste e proprietario, illuminato e ossessionato dalle bolle d’Oltralpe, che sin dalla primavera del 2018 aveva visto in Barnaba un luogo democratico dove bere artigianale e mangiare di qualità senza troppi pensieri.
Il fulcro è il vino, ma la cucina non viene data per scontata, soprattutto ora che porta la firma del giovane Valerio Ragusa, chef frizzante e che ha maturato esperienze in diverse cucine romane. E quindi ampio spazio al calice di Champagne abbinato al croccante di ostrica, broccoli e cipolla o a etichette di piccoli vignerons italiani e francesi da spegnere a suon di agnello, puntarelle e maionese di alici.
L'enoteca
Le quattro pareti totalmente in vetro che affacciano su strada rendono Barnaba una piacevole costola del quartiere, da assaggiare il più possibile. La progettazione degli spazi interni non è casuale, ma frutto della mente di Clara Divizia, architetto con un passato da vinificatrice, che ha reso il vino e il legno i due reali protagonisti della sala.
Bancone, tavoli in legno scuro e qualche arredamento industriale trasmettono sensazioni di cantina, artigianale, intima e familiare come la carta dei vini, caricata anno dopo anno di perle italiane e internazionali. E se nei mesi più freddi sono il bancone e la sala interna a fare da padroni, in primavera e nel pieno dell’estate il sole che batte sui sampietrini di Piramide Cestia bacia fiero il dehors con tavoli e panche gremiti di calici e taglieri.
La proposta culinaria si divide tra l’aperitivo e la cena, con l’aggiunta del pranzo nel fine settimana dove l’orario è no stop, dalla mattina fino a notte inoltrata.
Per il pranzo, oltre alla formula classica dei piatti da scegliere dal menu, si aggiunge il brunch servito in una cassettina di legno, dove trovano spazio 5 piatti selezionati di volta in volta dallo chef. Cartoccio di fritti, tra moscardini, friggitelli e crocchette di baccalà, aringa affumicata, paté di fegatini, pane, burro e alici sono gli sfizi da divorare in pochi istanti dalle 18:30 accanto a un buon calice di vino.
Quest’ultimo si può scegliere ordinando una bottiglia direttamente dalla carta fatta di circa 380 etichette artigianali, alcune anche estreme, provenienti da zone spesso sconosciute, oppure scegliendo alla lavagna la mescita del giorno comprendente sempre anche due Champagne, a prezzi assolutamente ragionevoli. E poi scatta l’ora della cena con piatti contemporanei che non disdegnano la qualità della materia prima e neppure la sostanza.
I piatti
Probabilmente la migliore che troverai nel quartiere. Calda, perfettamente sferica, bruna è la polpetta di bollito firmata Barnaba. Un’ode alla condivisione libera e sfrenata, sgrassata con sapienza e tecnica da un’abbondante dose di salsa verde, acida, fresca, positivamente grezza al palato.
Un colpo secco, al cuore e alla pancia, arriva con il prossimo piatto fatto di sapori domestici promossi con sapienza al futuro. Ci sono le animelle, tenere, burrose di una dolcezza che da un lato abbraccia concorde la zucca e dall’altro dialoga vivacemente con il gorgonzola e lo speck. Il risultato è magico.
Non te l’aspetti. Neanche immagini possa esistere all’Aventino. La minestra di pesce. Eccola arrivare, ristretta, densa, accesa, dal profumo nitido anche a distanza. Valerio la carica di sapidità e dolcezze iodate che cambiano a seconda delle disponibilità. Il risultato è un succo, filtrato e puro, condimento ideale per una pasta corta, calamarata o cavatello che sia. Gli stessi pesci, mitili, crostacei usati nella zuppa sono riportati sul piatto a dare consistenza e movimento.
Potrei andare avanti con il famoso Roastbeef Club Sandwich con patatine Fritte Homemade di Barnaba o con l’affascinante Bun con cotoletta di baccalà, ma decido di optare per un secondo vegetariano, scommessa di Fabrizio, frutto di uno studio di Valerio su cotture e resa del tubero davvero encomiabile. Cavolfiore, uovo marinato e crème fraîche.
Tre elementi per il piatto più corposo, complesso ed entusiasmante della serata. L’ortaggio è trattato come fosse carne, cotto da intero in un mare di burro caldo, rosolato, lasciato imbrunire fino a rendere morbido il cuore. Poi è diviso a metà e impiattato tra punti di tuorlo marinato alla moda di Cracco.
Si finisce in semplicità con un assaggio di salame di cioccolato e zabaione con lingue di gatto, mentre la mano agile e sorridente di Fabrizio recapita un bicchiere di Primitivo dell’azienda agricola Francesco Marra, dalla ponderata, per così dire, carta di alcolici e vini. E sorride il Pagliardi, irradiato da una serenità espressiva conquistata con una tale perseveranza, visione e consapevolezza da consentirgli di portare a tavola, a fine cena, un rosso del Salento che ha tutte le carte in regola per essere chiamato vino da dessert.
Foto: Crediti Chiara Stampacchia e Flavia Fiengo
Indirizzo
Barnaba
Via della Piramide Cestia 45 00153 Roma, Lazio
Tel: 06 2348 4415
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