La Cena
Di carattere audace: una definizione fulminea quella che ha dato Veuve Clicquot a La Grande Dame 2008, la cuvée più significativa presentata a Identità Golose nella sua declinazione di Identità di Champagne. Quello che era partito come un assemblaggio composto per il 60% di Pinot Nero e 40% di Chardonnay contiene ora il 92% della bacca rossa, in definitiva è prossimo a un blanc de noirs.![](/upload/multimedia/1-MC-L0079.jpg)
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Ed è a una cena di vere protagoniste della cucina italiana che questa gran signora si è palesata a Milano in un contesto di estrema eleganza: un tavolo esclusivo che ha regalato istanti di alta soddisfazione, tanto sotto il profilo gastronomico quanto per la presenza di bottiglie di alto lignaggio.
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La Grande Dame 2008, oro chiaro alla vista, è stata abbinata a un piatto di Gaia Giordano, Spazio Milano e alta scuola di Niko Romito, che ha proposto un piatto giocato su un abile rincorrersi di acidità come “rabarbaro marinato, olio e dragoncello”, perfetto connubio che si esprime attraverso le note di un attacco olfattivo poderoso e allo stesso tempo delicatamente etereo, per poi aprirsi su un ventaglio di frutta secca e donare al palato una tessitura setosa con note agrumate decise e minerali.
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“La mia idea è condurre la Grande Dame verso la raffinatezza e l’eleganza che il Pinot Noir ci offre in questi Grand Crus. In un certo senso è questo il tocco speciale di Veuve Clicquot: abbinare in questa eccezionale cuvée la profondità e la morbidezza con la leggerezza e l’eleganza”. Queste le parole di Dominique Demarville, chef de cave della maison noto per essere stato a 31 anni il più giovane chef de cave nella storia della Champagne.
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La Grande Dame Rosé 2008 si è affiancata alla raffinatezza del piatto ideato da Fabrizia Meroi e architettato su delicati equilibri: merluzzo, finocchio, latte. Come sempre la cuoca di quella magnifica bomboniera fuori dal tempo che è il Laite di Sappada ha saputo regalare un’emozione sussurrata, esaltata da uno champagne corposo e morbido al quale non manca la freschezza, tra un alternarsi di frutti rossi, note agrumate e un finale di spezie. In bocca si traduce in profonda armonia con le sensazioni olfattive, in una ricchissima complessità tra fiori secchi e sentori affumicati.
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È Martina Caruso del Signum di Salina a presentare un piatto di pasta dalla verve esplosiva come i “pennoni” cotti nel brodo di totano mantecati con la tuma persa, in salsa al nero di totano con bieta croccante e acetosella. La cuoca dell’anno per la Guida Michelin è così riuscita a dare una sferzata di sapida intensità perfettamente calibrata che è andata a nozze con La Grande Dame 1989, una cuvée composta da otto Grands Crus tra i più prestigiosi della regione della Champagne. Naso delicato e ricco, dapprima dominato da aromi freschi e floreali per poi virare sul calore di brioche e fiori secchi che donano morbidezza. In bocca l’eleganza sinuosa è mossa da fiori gialli, frutti bianchi e agrumi che si fondono armonici, così un ingresso fresco si evolve nella corposa sofficità che domina il finale.
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Quarant’anni rappresentano un’età ragguardevole anche per uno Champagne di alto rango: affrontare quindi la Grande Dame 1979 è un’emozione che tocca le corde del cuore. Due terzi di Pinot Noir e un terzo di Chardonnay per un nettare dal colore profondo e seducente, con la sua effervescenza ancora persistente e un profumo raffinato che sprigiona note di frutta secca e aromi tostati con delicate note di sottobosco e funghi. Grande l’equilibrio al sorso, con aromi maturi che al pane tostato e miele fanno seguire una meravigliosa persistenza sul finale.
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A proposito di questa bottiglia abbiamo chiesto ad Antonio Paolini, giornalista ed esperto critico enogastronomico presente alla serata, una sua impressione:” Ho avuto la ventura di poter assaggiare, in tempo relativamente breve, entrambe le versioni della top label di Veuve Cliquot, la Grande Dame, dell'annata 1979: la classica e la Rosé. Quest'ultima in occasione della festa che celebrava di due secoli di vita della Vedova, appunto, in versione rosa, assaggio in azienda, a Reims, nella fantastica residenza dell'Hotel du Marc, bottiglia aperta a sette anni dalla sboccatura, durate una verticale conclusa dal test di un 1947. E il 1979 (ben il 19% di vino rosso nel taglio, dentro anche un 5% di Meunier) aveva palesato note decisamente originali. rispetto ai precedenti. Sottobosco, e ricordi di grande cognac quasi, si inseriscono nella palette abituale fatta fin lì per annate più recenti degustate in precedenza di spezia, cremosità, ricordi di fiori macerati e pasticceria, refoli di vinosità. Imperioso il finale, in larghezza e consistenza. La Dame '79 vestita di bianco mi è toccata invece in questa serata di presentazione della prima annata interamente disegnata dalle mani di Dominuque Demarville, la 2008. Imperniata sul fronte vino sul confronto dell’annata neo-sdoganata con le Dame targate 1989 (annata rovescia per andamento in confronto al 2088) sboccata nel 1996, viva e ampia, e appunto la 1979 (sboccatura, però, 2018), per me una vera spada avvolta nella seta, tesa, quasi scabra, poi di colpo matura e più pastosa e materica (complice anche un filo di temperatura salita nel frattempo). Io alla fine l'ho definita nei miei appunti folgorante. Certo, la sboccatura "contemporanea" aiuta. Ma l'impressione resta, ed è ancora vivissima.”
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Con questo nettare La spigola con emulsione di spigola, limone candito e patate di Caterina Ceraudo del Dattilo di Strongoli si è rivelata una portata in perfetta sintonia, con le sue carni delicate insieme alla sfumatura amaricante e fresca delle foglie di limone essiccate e ridotte in polvere.