Un colossale scandalo finanziario ha scosso il mondo dell’enologia d’élite. James Wellesley, 59 anni, cittadino britannico noto anche con l’alias Andrew Fuller, si è dichiarato colpevole a New York per il suo coinvolgimento in una frode da quasi 100 milioni di dollari, costruita intorno a una collezione di vini pregiati che, in realtà, non è mai esistita. L’inchiesta, condotta dalle autorità statunitensi, ha svelato un sistema sofisticato di investimenti fittizi e prestiti inesistenti mascherati da opportunità nel mercato del lusso.
JAMES WELLESLEY E L’INGANNO DEL BORDEAUX CELLARS: COSÌ È NATA LA TRUFFA DA QUASI 100 MILIONI DI DOLLARI
Un sistema di investimenti costruito sul nulla
Secondo i documenti del tribunale federale di Brooklyn, Wellesley e il suo socio, Stephen Burton, 61 anni, avevano presentato la loro società, Bordeaux Cellars, come una piattaforma finanziaria specializzata in prestiti garantiti da collezioni di vini di altissimo valore. Gli investitori venivano convinti a finanziare presunti “ricchi collezionisti di vini”, con la promessa di interessi regolari e sicuri, sostenuti da un inventario di oltre 25.000 bottiglie di etichette iconiche come Domaine de la Romanée-Conti e Château Lafleur.

La realtà, però, era ben diversa: l’inventario effettivo della società contava appena 217 bottiglie, e i collezionisti “ad alto patrimonio” erano totalmente inventati. I fondi raccolti -circa 99,4 milioni di dollari, come attesta l'Independent- venivano in parte utilizzati per spese personali dei due truffatori e per pagare gli interessi ai primi investitori, nel classico schema di tipo Ponzi.
Le indagini e l’arresto
Il sistema ha retto per meno di due anni, dal giugno 2017 al febbraio 2019, fino a quando i pagamenti promessi hanno iniziato a non arrivare. Le prime denunce hanno fatto emergere un intreccio internazionale di conti correnti, società fittizie e trasferimenti bancari tra Regno Unito, Hong Kong e Stati Uniti.

Wellesley è stato estradato dal Regno Unito dopo un lungo contenzioso legale e attualmente è detenuto al Metropolitan Detention Center di Brooklyn. Burton, arrestato in precedenza, si era già dichiarato colpevole nel luglio scorso di cospirazione per frode telematica e riciclaggio di denaro, accettando un ordine di confisca da 26 milioni di dollari. Secondo le autorità americane, entrambi hanno agito con piena consapevolezza della natura fraudolenta delle loro operazioni, costruendo una rete di fiducia fondata su marchi e vini di fama mondiale per ingannare investitori esperti.
Le condanne e le conseguenze economiche

Con il suo patteggiamento, Wellesley rischia una pena compresa tra 10 e 12 anni e mezzo di carcere, oltre alla confisca di 1 milione di dollari e dei fondi presenti in oltre ventiquattro conti bancari. La sua sentenza è fissata per il 3 febbraio 2026, mentre quella di Burton per il 6 gennaio dello stesso anno. La truffa del Bordeaux Cellars mette in luce una nuova frontiera dell’inganno finanziario: quella che sfrutta il fascino del lusso enologico e la percezione di solidità del mercato dei vini da investimento, un settore che negli ultimi anni ha attratto sempre più capitali privati e fondi internazionali.
Un campanello d’allarme per il mercato del vino d’investimento

L’affaire Wellesley-Burton rappresenta un monito per gli investitori e per l’intero comparto dei vini da collezione. In un mercato in crescita, dove bottiglie rare possono raggiungere quotazioni a sei zeri, la trasparenza delle operazioni e la verifica delle garanzie reali diventano elementi imprescindibili. Il caso mostra quanto sia facile mascherare un’operazione fraudolenta dietro un’immagine di lusso e raffinatezza, e quanto difficile sia per gli investitori distinguere un affare legittimo da una truffa ben orchestrata. Una lezione amara, servita — come il vino in questione — in un calice di illusioni.