Oggi come allora, l’azienda continua a innovare. Collalto ha infatti adottato pratiche di agricoltura integrata certificata SQNPI, sistema volontario riconosciuto a livello europeo che promuove una gestione sostenibile del vigneto. Non solo: scoprite il resto nell’articolo!
L'azienda
La lunga, importante storia della famiglia dei Conti di Collalto ebbe inizio nel lontano 958, quando il re d’Italia Berengario fece dono a Rambaldo, capostipite del casato, del bosco del Montello e della Curtis di Lovadina: un vastissimo territorio di prati, pascoli e vigneti ai piedi delle magnifiche colline che più di mille anni dopo sarebbero diventate Patrimonio Unesco. Da allora il nome Collalto è associato alla viticoltura nelle terre del Prosecco Superiore. Dal 1110, una generazione dopo l’altra, i Collalto hanno custodito e coltivato vigne e colline, facendo del vino una missione e dell’imponente castello di San Salvatore, a Susegana, un simbolo di resistenza al tempo.


Oggi a guidare l’Azienda Agricola Conte Collalto è la Principessa Isabella Collalto de Croÿ, primogenita del Principe Manfredo e della Principessa Trinidad. Dal 2007 è lei a proseguire il lavoro del padre, unendo la nobiltà delle origini e la contemporanea consapevolezza della sostenibilità ambientale e di una viticoltura nel rispetto della natura.
La tenuta si estende su 150 ettari vitati nel cuore della DOCG Prosecco Superiore e rappresenta la più grande realtà privata dell’area. Di questi, 100 sono dedicati al Prosecco Superiore. La famiglia Collalto è tra i precursori dell’innovazione in viticoltura fin dal XVI secolo, quando il Conte Antonio Rambaldo introdusse il Wildbacher; agli anni Trenta del Novecento risale la collaborazione con il professor Luigi Manzoni, preside del Regio Istituto di Viticoltura ed Enologia di Conegliano. Fu tra i loro vigneti che il docente sperimentò gli incroci che avrebbero dato vita a quattro varietà: il Manzoni Bianco, il Manzoni Rosa, il Manzoni Moscato e il Manzoni Rosso.

Oggi come allora, l’azienda continua a innovare. Collalto ha infatti adottato pratiche di agricoltura integrata certificata SQNPI, sistema volontario riconosciuto a livello europeo che promuove una gestione sostenibile del vigneto. Tutto questo si traduce nell’assenza di diserbanti e nell’uso di soli concimi naturali e biologici, gestione razionale delle risorse e monitoraggio costante delle condizioni microclimatiche grazie a colonnine meteo installate in collaborazione con l’Università di Agraria di Piacenza.

L’impegno ecologico si nota anche nella produzione energetica: già dagli anni Duemila infatti la cantina utilizza un impianto di riscaldamento a cippato alimentato dai tralci della potatura. Gli ettari di bosco attorno ai vigneti preservano biodiversità e compensano le emissioni residue. Per tornare alla visione innovativa dei Collalto, non è la prima volta che la famiglia anticipa i tempi. Nel Settecento l’abate Vinciguerra VII promuoveva la modernizzazione agricola, mentre un secolo dopo il “conte agricoltore” Ottaviano I partecipava ai primi comizi agrari e alla fondazione della Scuola Enologica di Conegliano, di cui fu socio e sostenitore. Fu lui a costruire la suggestiva cantina di Susegana, ancora oggi cuore della produzione.



I vini
Se il Prosecco Superiore prodotto da Collalto è tra i più significativi nella sua categoria, tra i vini assaggiati ci ha colpito Schenella I, dedicato a un antenato e figura cruciale del XII secolo. In quell’epoca Rambaldo IV, Conte di Treviso, fu coinvolto nei conflitti tra Impero e Papato. Schierato con i Guelfi nella speranza di ridimensionare il potere feudale del vescovo di Treviso, il quale, ghibellino, sosteneva l’Imperatore. Dopo l’umiliazione subita a Canossa dall’Imperatore, la famiglia Collalto cadde in disgrazia e fu costretta a pagare una forte ammenda per ottenere, sia pur parzialmente, il perdono imperiale. A ristabilire il prestigio della famiglia fu proprio Schenella I grazie alle sue capacità diplomatiche e all’abilità strategica, riuscendo a ottenere nel 1155 da Federico I Barbarossa la conferma dei beni e dei privilegi concessi in precedenza alla famiglia Collalto.



Il carattere di questo vino, che nasce da uve Manzoni Bianco 6.0.13, incrocio tra Riesling Renano e Pinot Bianco, si ispira a questa storia. Le uve provengono da due vigneti diversi, uno collinare e uno in valle, entrambi esposti a sud ma vendemmiati in momenti differenti per ottenere un bilanciamento ideale tra aromi e acidità. La vinificazione avviene in acciaio inox, con macerazione a freddo e rigoroso controllo delle temperature. Dopo una pigiatura soffice in ambiente inerte, il mosto subisce una decantazione naturale. Terminata la fermentazione, i vini vengono assemblati e trasferiti in botti da 500 litri con leggera tostatura, dove restano in affinamento sui lieviti per circa sei mesi, con bâtonnage regolari. Una piccola parte di vino, infine, arriva da uve leggermente appassite in fruttaio per venti giorni.

Ne deriva un bianco di estrema finezza e potente di carattere, in cui si fondono struttura e verticalità. Il naso ci porta note agrumate, di fiori d’acacia, pesca gialla e cenni di erbe aromatiche; in bocca è fresco, equilibrato ed elegante, con note di mandorla e miele. Da bere subito con soddisfazione o dimenticare in cantina per una bella sorpresa tra qualche anno.
