Attualità enogastronomica

Champagne, 1,5 milioni di bottiglie false: produttore francese truffa i clienti

di:
Silvia Morstabilini
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copertina champagne falso

Un produttore di vino della regione dell’Aisne, nel nord della Francia, è finito al centro di un clamoroso scandalo enologico che scuote l’intero settore dello champagne. Didier Chopin, 56 anni, è accusato di aver prodotto e commercializzato centinaia di migliaia di bottiglie di falso champagne, utilizzando vini provenienti da Spagna e sud della Francia, adulterati con aromi e gas per simulare l’effervescenza tipica del celebre spumante francese. Sarebbero oltre 1,5 milioni di bottiglie di Champagne falso diffuse tra il 2022 e il 2023.

L’inchiesta e le accuse della Procura

Il processo si è aperto a Reims, cuore simbolico della Champagne, dove i pubblici ministeri hanno richiesto per Chopin una condanna a quattro anni di reclusione, di cui tre con sospensione condizionale, e una multa di 100.000 euro. Le accuse sono gravi, come riporta france24.com: frode e uso illecito di un marchio d'origine protetta, reati che ledono non solo la fiducia dei consumatori, ma anche la reputazione dell’intera filiera vitivinicola francese. Secondo l'accusa, la frode avrebbe avuto luogo tra il 2022 e il 2023. L’imprenditore avrebbe venduto vino spacciandolo per champagne, approfittando della fama internazionale del prodotto per ottenere profitti illeciti. Il danno economico complessivo è stato stimato in diversi milioni di euro e ammonta ad un totale di 1,5 milioni di bottiglie contraffatte.

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Il ruolo della moglie e della società SAS Chopin

La Procura ha coinvolto anche la moglie del produttore, chiedendo per lei una pena detentiva di due anni con sospensione della pena e un'ammenda di 100.000 euro, con le medesime accuse mosse al marito. La coppia, secondo i magistrati, avrebbe agito in modo organizzato e consapevole, motivata da "una logica cinica e premeditata di profitto”. Non solo: è stata richiesta la confisca dei beni sequestrati e la distruzione di tutte le bottiglie contraffatte. Anche la loro holding aziendale, SAS Chopin, rischia una sanzione pecuniaria di 300.000 euro, per appropriazione indebita e cattiva gestione delle risorse societarie.

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Le dichiarazioni dell’imputato: “Sono rovinato”

All’uscita dal tribunale, Chopin ha rilasciato una breve dichiarazione ai giornalisti:«È una conclusione triste. Ho commesso un errore, sono rovinato e non ho nient’altro da aggiungere». La difesa, rappresentata dall’avvocato Francis Fossier, ha chiesto clemenza, puntando su un elemento umano: il suo assistito ha già scontato sette mesi di detenzione in Marocco, in condizioni definite “orribili”. Proprio in Marocco, Chopin si era rifugiato dopo l’esplosione dello scandalo, cercando di ricominciare da zero con una nuova attività agricola. Tuttavia, è stato arrestato e condannato per reati legati ad assegni scoperti.

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Un processo ancora in corso e nuove accuse in arrivo

La parte del processo relativa alle violazioni doganali – legate all’esportazione del falso champagne al di fuori della Francia – è stata rinviata al 3 febbraio 2026. Ma per Chopin i guai giudiziari non finiscono qui: altri cinque ex dipendenti lo hanno denunciato per aggressione sessuale, aprendo un ulteriore fronte legale che rischia di aggravare ulteriormente la sua posizione. Nel frattempo, il tribunale di Reims ha annunciato che la sentenza definitiva verrà pronunciata il 2 settembre 2025.

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Danni per l’intero settore dello Champagne

Il caso Chopin rappresenta un duro colpo per la filiera dello Champagne, simbolo dell’eccellenza agroalimentare francese e protetto da rigide norme di denominazione. La produzione fraudolenta mina la fiducia dei consumatori e mette a rischio il lavoro di centinaia di produttori onesti che operano nel rispetto della tradizione e delle normative europee. L'intervento deciso delle autorità francesi vuole mandare un messaggio chiaro: chi viola il prestigio del “re dei vini” pagherà caro le sue azioni. Il processo a Didier Chopin si inserisce in un contesto più ampio di lotta alle frodi alimentari e alla contraffazione di prodotti a denominazione d’origine. Oltre all’aspetto penale, questo caso solleva interrogativi etici e commerciali su come proteggere i marchi storici e garantire trasparenza lungo tutta la filiera produttiva. Con la sentenza attesa a settembre, il destino di Chopin – e l’immagine del settore – resta appeso a un filo.

Wine Reporter

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