Mondo Vino

Frescobaldi fa un vino con i detenuti di Gorgona: il progetto sociale della grande cantina

di:
Alessandra Meldolesi
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copertina gorgona frescobaldi

Su una bellissima isola penitenziario dell’Arcipelago Toscano, dal 2012 la famiglia Frescobaldi collabora con i detenuti alla produzione di bottiglie pregiate, in quello che è considerato un modello virtuoso di riabilitazione.

Foto dal sito ufficiale di Frescobaldi


La notizia

Non manca certo la storia, alla famiglia Frescobaldi, sulla breccia fin dal XIII secolo. Tuttavia la contemporaneità incalza e la cantina non è rimasta indietro, neppure sotto il profilo concettuale. In un’epoca in cui il buono cerca la coincidenza col giusto, un progetto come quello portato avanti a Gorgona appare decisamente centrato.

frescobaldi gorgona 1
 

Lo racconta su The Buyer il giornalista Mike Turner, invitato a conoscere dal vivo il progetto. Per raggiungere l’isola, fra le ultime del paese a ospitare una prigione, è stata necessaria una traversata in traghetto della durata di un’ora e mezza dal porto di Livorno. Laddove prima della riconversione nel 1869 aveva sede un antico monastero, oggi albergano strutture volte alla riabilitazione dei carcerati, impegnati in lavori agricoli e nell’allevamento all’aria aperta. Chi sceglie di risiedervi, accede in questo modo a preziose opportunità formative, esercitate in un paradiso della biodiversità dentro il Parco Nazionale dell’Arcipelago Toscano. L’accesso è quindi fortemente controllato e la stessa famiglia può invitare visitatori solo una volta l’anno.

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La vigna in realtà esisteva già dal 1999, ma i risultati erano insoddisfacenti, cosicché la direzione nel 2012 chiese aiuto al gotha del vino toscano. Ottenendo una sola risposta, quella dei Frescobaldi, come racconta divertito il marchese Lamberto, presidente dell’azienda. Nello stesso anno venne così lanciata il progetto Frescobaldi per la Responsabilità Sociale, in partnership con la direzione del penitenziario. Ai detenuti venne assicurata la formazione indispensabile per la coltivazione della vite e la vinificazione, sotto la supervisione degli agronomi e degli enologi della casa, non senza qualche difficoltà logistica in caso di mareggiate. Il primo vintage datato 2013 fu firmato da Andrea Bocelli, mentre la magnum fu presentata addirittura dal Presidente Napolitano; quale designer delle etichette la graphic artist Simonetta Doni, in veste di promoter Giorgio Pinchiorri.

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Alla vigna originaria furono aggiunte piccole parcelle nel 2015 e nel 2017, in modo da coinvolgere più detenuti. Territori vocatissimi, situati a meno di un chilometro dal mare e all’altitudine di 50-100 metri, che compongono una sorta di anfiteatro naturale orientato verso est, ben protetto dai venti provenienti dal mare. I suoli sono pietrosi e vulcanici, i metodi di coltivazione biologici, secondo il principio del progetto di avvicinare uomini e natura. L’enologo Nicolò D’Afflitto è un entusiasta della prima ora: “La vigna era così bella, che sono stato subito sicuro che ne avremmo tratto qualcosa di meraviglioso”.

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Per lavorare sull’isola, i detenuti che ne fanno domanda devono scontare una pena minima di 25 anni ed essersi distinti per buona condotta. Solo in questo caso possono candidarsi, ricevendo un salario per le loro prestazioni. Attualmente sono in tutto 65, di cui 5 addetti solo alla vitivinicoltura, compresa la manutenzione dei muretti a secco. Tuttavia non possono assaggiare il frutto del loro lavoro e nemmeno vederlo, visto che le botti sono inviate sulla terraferma per l’affinamento e l’imbottigliamento. Ed è un modello che funziona: il tasso di recidiva è inferiore all’1%, con buone chance di inserimento nell’organico Frescobaldi o nel settore a fine pena.

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