Una cantina sospesa tra storia e futuro, dove è possibile soggiornare oltre a godere di un’ottima cucina. Non solo: Feudi del Pisciotto ci ha sorpresi con un grande Passito dedicato all’enologo Giacomo Tachis, che è possibile abbinare a tutto pasto sdoganando il mito del “vino da dessert”.
La storia, l'accoglienza e la cantina
Il gruppo Domini Castellare di Castellina, con quattro tenute tra Toscana e Sicilia, tra cui spicca Feudi del Pisciotto in Sicilia, è stato fondato da Paolo Panerai: un personaggio che vale la pena conoscere. Giornalista, editore visionario e grande appassionato di vino, ha dato vita a una tenuta siciliana di grande bellezza che è anche un elegante wine relais con quindici splendide camere, destinate a diventare il doppio una volta ristrutturato il baglio accanto alla struttura principale, una SPA dall’ambientazione suggestiva con trattamenti a base di vinacce e un ristorante molto curato.




Tutto è immerso nella Val di Noto, in un piccolo paradiso rurale ai margini della Riserva Naturale Sughereta di Niscemi e occupa circa 200 ettari complessivi, di cui una cinquantina dedicati ai vigneti. Con una produzione attorno alle 500.000 bottiglie l’anno, ha il suo spazio in un meraviglioso palmento settecentesco con otto vasche: di fatto la cantina di vinificazione più antica della Sicilia, integrata nel piano inferiore da una struttura moderna per ospitare tecnologie all’avanguardia. L’origine del nome Pisciotto – “piccolo fiume” nel dialetto locale – ha un riscontro reale: sotto la cantina scorre un fiumiciattolo che garantisce approvvigionamento idrico, circostanza rara in Sicilia.



Il luogo custodisce una doppia anima, quella di vino e memoria. Durante lo sbarco alleato, furono paracadutati qui due soldati americani, i quali riuscirono a far evacuare famiglie rifugiate prima dell’arrivo dei tedeschi. Solo recentemente Feudi del Pisciotto è stato ufficialmente proclamato “Luogo della Memoria”, con una cerimonia promossa dall’Associazione Lamba Doria, alla presenza delle autorità militari statunitensi, italiane e tedesche e dello stesso Panerai.

Ancora visibili sulle mura si notano i fori provocati dai proiettili delle mitragliatrici che testimoniano lo scontro del luglio 1943, quando cento soldati americani resistettero all’assedio di settecento tedeschi, con un tragico bilancio di vittime per ciascuno dei fronti. Abbiamo incontrato Panerai in occasione del lancio di due nuove linee di vini, con etichette ispirate all’arte siciliana che omaggiano le ceramiche di Caltagirone, in particolare quelle di Giacomo Alessi.



I vini
I Colori di Sicilia sono quattro monovarietali (Grillo, Frappato, Catarratto, Nero d’Avola), improntati a uno stile fresco e moderno. Ci sono poi I Putti del Serpotta, una linea premium che comprende Grillo e Frappato, Chardonnay e Cerasuolo di Vittoria DOCG (l’unica docg siciliana), le cui etichette riproducono gli angioletti barocchi del noto scultore palermitano Serpotta.


La novità più importante è stato però il Passito Tachis, dedicato al maestro Giacomo Tachis, mentore di Alessandro Cellai – enologo e vice‑presidente esecutivo del gruppo, che da vent’anni cura anche la vigna personale di Tachis a San Casciano, ora di proprietà della figlia Ilaria. Dichiara Panerai: “Siamo abbastanza ambiziosi (la sfida punta davvero in alto, allo Château d’Yquem), però Giacomo lo meritava. E siamo totalmente ‘tachisiani’ soprattutto per il principio che il vino è luce e umore, concetto espresso da Galileo Galilei e caro allo stesso Tachis. Il motivo per cui siamo venuti in Sicilia è perché qui c’è abbondanza di luce del sole e umore della terra”. E ancora:“La decisione di cercare in Sicilia è stata presa proprio su consiglio di Tachis, che avevo conosciuto con Luigi Veronelli, anche lui ‘causa’ di quello che stiamo facendo nel mondo del vino, un uomo che aveva la prerogativa di fare cose che allora erano avanti nei tempi.”

Seguendo il consiglio del grande enologo di origine piemontese e considerato il padre dei Super Tuscan, Panerai ha voluto creare un passito non da Zibibbo, ma da uve Semillon e Gewürztraminer, due vitigni internazionali inusuali per la Sicilia, con l’obiettivo di ottenere un vino da consumare non solo come vino da dessert. Sotto il profilo tecnico, questo passito prende vita in acciaio, affina dodici mesi in barrique (50 % nuove e 50 % di secondo passaggio) e riposa ancora sei mesi in bottiglia. L’esperienza in degustazione è notevole: in bocca il vino non è troppo dolce e mantiene una grande freschezza, sostenuta da una spalla acida armonica.

Al naso presenta note di miele, rosa e frutta secca. L’abbiamo provato a tavola, abbinato ai piatti di Luca Assiso, chef del Palmento di Feudi, ristorante interno alla tenuta con il suo scenografico pavimento di cristallo che dà sulla barricaia; tra questi gli spaghetti con gamberi e limone o le sarde con carciofo violetto: la sfida è vinta.


Contatti
Feudi del Pisciotto
Contrada Pisciotto, S.P. 31 km 2 Casella di posta n, 93015 Niscemi CL
Telefono: 0933 193 5186