Tra Valdobbiadene e Conegliano, sulle colline Patrimonio Unesco, una cantina custodisce 130 viti ultracentenarie, espressione di una lunga tradizione di una famiglia vocata alla vinificazione, e di un impegno profondo verso la sostenibilità ambientale.
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Rivoluzione sostenibile by BMW
Prosegue la collaborazione tra Reporter Gourmet e BMW Italia per una serie di contenuti incentrati sulla sostenibilità ambientale: con il supporto della piattaforma iFoodies, vi racconteremo l’approccio green di chef, produttori, viticoltori e artigiani che stanno rivoluzionando il mondo del food nel rispetto del territorio. Pronti a partire con noi per questo viaggio gourmet? Allacciate le cinture.
Rivoluzione sostenibile è la rubrica mensile di ifoodies powerd by BMW che racconta storie di uomini e donne che attraverso i loro gesti lavorano per un mondo migliore è più buono. Da una idea di Filippo Polidori & Massimo Bottura.
Crediti: latordera.it
Il territorio
Parlare di Prosecco, senza specificare quale, è piuttosto fuorviante, perché in un solo nome e a causa di un’errata generalizzazione, rientra una varietà estremamente eterogenea di prodotti. Dal vino a basso costo e di dubbia qualità, quindi, all’etichetta che rappresenta un territorio di rara bellezza, anche enologicamente parlando. Tra Valdobbiadene e Conegliano si trovano le colline riconosciute come Patrimonio dell’Umanità dall’Unesco: sono soltanto 15 i comuni dell’area storica di uno spumante come il Valdobbiadene Prosecco Superiore DOCG.
Pendenze da viticoltura eroica, note come Rive, vigneti ripidi e meravigliosi. Ancora, la zona del Cartizze, 107 ettari dai quali arriva uno spumante di alto lignaggio: proprio in questo territorio, sulla sommità di una collina si trovava tanto tempo fa un roccolo noto come Tordera, chiamato così perché qui in autunno i tordi scendevano dai monti in cerca di nutrimento tra i vigneti. Il roccolo non c’è più, ma il nome è stato mutuato dalla famiglia Vettoretti che ha creato La Tordera.
È Giuseppe (Bepi), classe 1890, ad acquistare ormai più di un secolo fa un piccolo vigneto a Santo Stefano: è il 1918, termina finalmente la Prima guerra mondiale, Giuseppe investe a casa sua perché da Valdobbiadene non se ne vuole andare. La sua però è una vigna diversa, non più maritata agli alberi per dar spazio all’orto sotto fila, ma un vigneto specializzato in cui lui studia le distanze tra i ceppi e la palificazione, perché alla pianta servono tempo e spazio.
Quel vigneto c’è ancora, con più di 130 ceppi ultracentenari. Oggi gli ettari de La Tordera, grazie a Pietro Vettoretti, nipote di Bepi, il quale fonda ed espande sapientemente l’azienda con la moglie Mirella, sono diventati 80 e comprendono terreni in diverse zone del territorio, estese fino alla piccola DOCG di Asolo, con una produzione di un milione e trecentomila bottiglie. L’operatività è in mano a Paolo e Renato, i loro figli: il primo è enotecnico, il secondo vive il vigneto in tutte le sue espressioni.
La filosofia
Fondamentale per l’azienda è il concetto di “Natural Balance” che comprende l’intero percorso dalla vigna alla bottiglia. La cantina più moderna viene costruita nel 2001 e ristrutturata dieci anni dopo, secondo principi di basso impatto ambientale e risparmio energetico: nel 2012 è la prima cantina veneta certificata Casa Clima. La struttura, in legno, consente di mantenere la temperatura costante grazie alla coibentazione; tutti gli ambienti e anche l’acqua utilizzata vengono riscaldati tramite una caldaia con cippato prodotto dalla legna di recupero dei propri boschi.
Il fabbisogno energetico è quasi integralmente coperto da pannelli fotovoltaici. L’acqua utilizzata viene reimpiegata per l’irrigazione in caso di necessità e i combustibili vengono usati solo per i mezzi agricoli. Infine, sempre sul fronte della sostenibilità, le etichette vengono realizzate con carte riciclate e le bottiglie sono composte per oltre l’80% da vetro riciclato, consentendo una fusione a temperatura inferiore e una minore dispersione di anidride carbonica nell’atmosfera.
Per gli imballaggi sono previsti in carta riciclata al 100% e legno di pino vergine essiccato, senza alcun trattamento. Le operazioni in vigna sono tutte manuali, con un impegno che richiede passaggi delicati vite per vite. In cantina la pulizia è una regola ferrea, anche perché consente di ridurre l’utilizzo dell’anidride solforosa.
I vini
Paolo Vettoretti e l’enologo Luciano Rebuli selezionano e vinificano le uve in lotti separati. I vini più importanti, sotto l’aspetto qualitativo, sono il Cartizze e le ‘Rive’ (di Guia e Vidor nel caso de La Tordera), probabilmente le più significative per capire davvero cosa rappresenti la denominazione Conegliano Valdobbiadene Prosecco Superiore DOCG.
Un principio fondamentale per questa cantina è l’assenza di fretta nella produzione e, come afferma Paolo "se un Prosecco Superiore è di qualità, può resistere nel tempo. Dare alle cose il giusto tempo e ‘non avere fretta’ è un imperativo per noi. Abbiamo imparato l’arte della pazienza e della cura della terra in famiglia, seguendo gli insegnamenti di papà Pietro e nonno Bepi, che già nel 1918 ebbe l’intuizione di dedicare al vigneto il proprio spazio. Da allora sono cambiate tante cose, ma nella nostra proprietà a Cartizze continuano a vivere ancora 130 di queste viti ultracentenarie: sono il segno del legame con la nostra terra, che ci ha dato e continua ogni giorno a insegnarci il valore del tempo".
Per quel che riguarda il metodo Charmat, la rifermentazione in autoclave dura almeno due mesi e per i Rive si arriva a 90 giorni. Logica conseguenza l’idea di cimentarsi anche nel metodo classico, prima con il Calchèra con vitigni diversi tra cui lo Chardonnay e poi con il progetto "Senza Tempo", un Valdobbiadene DOCG ottenuto da sola Glera, firmato dallo stesso Vettoretti in etichetta.
Originata da viti su aree di collina tra Conegliano e Valdobbiadene, da terreni di marne argillose e depositi fluvio-glaciali, l’uva intera subisce una pressatura soffice: il mosto fiore fa una prima fermentazione a temperatura controllata con lieviti selezionati; il vino sosta prima sulle fecce fini per poi restare fino ad altri 36 mesi sui lieviti prima della sboccatura e non viene dosato. Nel calice si notano bollicine sottili ed eleganti, al naso arrivano il profumo del pane appena sfornato, mela, fiori bianchi e sentori di erbe aromatiche. Ha una bella sapidità ed è piacevolmente fresco in bocca. Il suggerimento? Dimenticarne un paio in cantina potrebbe riservare bellissime sorprese.
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Contatti
La Todera
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