Il Calvarino di Pieropan
L'azienda
Soave è un posto di una bellezza che lascia il segno. Basta alzare lo sguardo e guardarsi intorno, sarà facile percepirne l’atmosfera di serena operosità che fuori dalle mura medievali vede coinvolti ai piedi dei Monti Lessini campagna, colline e viticultori.
Palazzo Pullici, edificio del centro che risale al XV secolo, è da più di duecento anni insieme la casa della famiglia Pieropan e la sede storica di un’azienda che ha contribuito alla grandezza del vino che di questa cittadina porta il nome. Leonildo Pieropan, medico condotto, diede vita all’attività vitivinicola con il fondo di famiglia, quel Calvarino che oggi segna il nome di un’etichetta nota tra gli appassionati per le sue caratteristiche di affascinante longevità.
I figli di Leonildo proseguono sulla sua strada, ma è il nipote, curioso e viaggiatore, omonimo del nonno, che nel 1970 inizia una piccola rivoluzione, acquisisce nuovi vigneti tra i terreni più vocati e implementa novità tecnologiche. Leonildo scompare nel 2018 e ora sono Andrea e Dario, quarta generazione della famiglia, tutti e due laureati in agricoltura ed enologia, a proseguire l’attività nel rispetto delle scelte del padre. Questo ora accade in una cantina avveniristica, imponente e allo stesso tempo perfettamente integrata nel paesaggio circostante e costruita secondo principi fondamentali che si possono riassumere con tre parole chiave come spazio, accoglienza e sostenibilità. Cinque anni di lavoro, è il sogno realizzato di Leonildo Pieropan e della sua famiglia a partire dalla moglie Teresita.
Andrea Pieropan
In prevalenza ipogea, il tetto è nascosto da un vigneto: un’idea, semplice ma assolutamente efficace per il suo impatto ambientale, del fondatore e dell’architetto Moreno Zurlo, con la struttura che si regge su lastre di cemento di 28 metri senza colonne portanti, con soluzioni all’avanguardia che partono dalla selezione di materiali di provenienza locale e arrivano a un’alta sostenibilità energetica con l’importante riduzione dei costi di refrigerazione grazie alla stabilità termoigronomica garantita dall’ambiente interrato. Va da sé che tutti gli spazi sono organizzati in modo da ottimizzare al massimo l’intero ciclo produttivo.
Pieropan cresce ogni anno di circa il 5% perché, come racconta Dario: “Anno per anno compriamo ettari nella zona del Soave, basti pensare che papà aveva iniziato con 5 ettari, oggi ne abbiamo più di 70, quindi la nostra crescita è correlata all’acquisto dei vigneti. L’acquisto delle uve da affittuari non supera mai il 20% e deve sopperire solo alle annate in cui si riscontrano problematiche come la grandine per avere un piccolo aiuto, non deve rappresentare quindi una routine, ma un’ancora di salvezza.”
Il vino
Dario Pieropan, a tratti profondamente commosso nel suo ricordo del padre, ci parla dell’azienda attraverso il suo vino più significativo: “È una bellissima storia che adesso portiamo avanti noi: il Calvarino è il vino del cuore di famiglia, quello che ha sempre fermentato nelle vasche di cemento già da allora e tutt’oggi continuiamo a volerlo portare avanti così. Mio padre ha preso in mano l’azienda cinquant’anni fa, quando Soave non era una zona vocata per la qualità, ma lo era per quantità: la sua è stata quindi una lotta molto difficile, iniziando a portare drastici cambiamenti soprattutto in campagna; lui, infatti, mi diceva sempre ‘guarda Dario che il vino nasce in campagna, non in cantina’.
Questo significa, ad esempio, aver introdotto la concimazione organica, cosa che a suo tempo non conoscevano in tanti e poi soprattutto una grande innovazione per quei tempi, tanto che i nostri vicini lo vedevano come ‘Leonildo il pazzo’; la potatura verde, che oggi tutti conosciamo ma che allora pochi produttori sapevano cosa fosse, ovvero eliminare quei grappoli in eccesso a fine giugno, ma soprattutto anche in agosto per portare equilibrio alla pianta. Ecco perché il confinante si chiedeva se fosse impazzito: ‘perché non si porta l’uva a casa’?”
Ci sono voluti anni perché queste idee venissero prima accettate e comprese e poi praticate, ma Dario continua anche parlando di altri cambiamenti: “Papà è stato visionario nel voler mettere il Calvarino in etichetta come singolo appezzamento, a dire il vero il primo singolo appezzamento di vino bianco nativo italiano. In cantina ora c’è il 2021 che rappresenterà il cinquantesimo anniversario. La prima etichetta è del 1971, anche se già prima veniva prodotto.” Sul tema dei vitigni Dario ci spiega la scelta:” Calvarino è il vino della nostra famiglia e del Soave: il blend è 70% Garganega e 30% Trebbiano di Soave. Il Soave si può fare tutto con la Garganega o utilizzando anche il 30% di vitigni internazionali purché non aromatici; noi non l’abbiamo mai voluto fare, perché crediamo nei vitigni autoctoni e nella loro valorizzazione. Poi non abbiamo neppure pensato a un Trebbiano in purezza perché si andrebbe a togliere quella tipicità del nostro Soave.” Ciò che però caratterizza in modo potente questo vino sono la sua grande longevità e la capacità di dimostrarsi sempre più buono nel tempo.
“Il Calvarino usciva a giugno e non a marzo come gli altri vini, papà diceva sempre che gli serviva del tempo per evolvere. Quando sono entrato in cantina nel 2003 ero stanco di sentire la solita frase: ‘il Calvarino è buono quando è finito’, tutti me lo dicevano sempre. Allora perché non fare un anno in più in cantina? Però non avevo calcolato gli spazi, allora la cantina era piccolissima. Papà ha sorriso ma me l’ha fatto fare, quindi mi sono ritrovato con cinquecento ettolitri in cantina al momento della vendemmia. Per noi era fondamentale che in quel momento la cantina fosse vuota, gli spazi erano di 1000 metri quadrati mentre qui ora siamo a 10000 e la produzione aumenta di pochissimo di anno in anno. Così lavorare nella sede storica era come cimentarsi a Tetris, tutto un incastro. Però sono stato accontentato, perché papà non è mai stato quel padre padrone che ti tarpava le ali, ti lasciava fare, ti faceva esprimere ma ti stava a osservare, fatto di enorme importanza per crescere nel lavoro e nella professione.” In occasione dell’inaugurazione ufficiale della cantina è stato presentato un nuovo progetto, parte de “I vini dell’Anima”.
Si tratta di Calvarino 5: prodotto in edizione limitata, è un prezioso assemblaggio di cinque annate ciascuna delle quali è rimasta mediamente dieci anni in vasca di cemento. Le annate che lo compongono vanno dalla 2008 alla 2012. Assaggiarlo in anteprima è stato emozionante, non soltanto perché si tratta di un’idea concepita insieme a Leonildo. Si tratta infatti di un vino che racchiude in sé il fascino di anni differenti e delle loro vendemmie e riassume quello che il Calvarino rappresenta in termini di fragranza, con la sua sorprendente freschezza e un’eleganza che porta subito a desiderare un altro sorso: ancora austero nella sua espressione, ci dà l’idea di quanto sarà interessante stapparlo un’altra volta ancora e poterne percepire un’evoluzione che si prospetta notevole. Un vino dell’anima, appunto.
Indirizzo
Cantina Leonildo Pieropan
Via Giacomo Matteotti- 37038 Soave (VR)Tel. 0456190171
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