La Notizia
Sembrava un tabù per l’Italia, il titolo di Master of Wine. Dal 1955 nessuno dei numerosi candidati italiani, spesso eccellenti professionisti, era riuscito a spuntarla. Un’autentica beffa, per una delle principali nazioni vitivinicole al mondo, esclusa dall’associazione più importante e influente, paragonata ai Nobel o all’ONU, la cui missione è quella di “promuovere l’eccellenza, la conoscenza e la condivisione fra i diversi settori della comunità globale del vino”.
Fino a ieri, quando le agenzie hanno battuto la notizia tanto attesa: il Belpaese ha finalmente il suo primo MW. Si tratta di Gabriele Gorelli, classe 1984, nato e cresciuto a Montalcino, culla del Brunello, un passato di grafico pubblicitario archiviato nel 2004, brand builder e curatore della Sotheby’s Wine Encyclopedia 2020, reduce dalla discussione di una tesi sperimentale relativa a “La lotta ai precipitati di quercetina nel vino imbottigliato”. Il quale ha così commentato: “Il ruolo dei Masters of Wine, storicamente, non è certo quello di piegare la produzione del vino al gusto imperante. Al contrario è quello di rendere accessibili e comprensibili a tutti le eccellenze, valorizzandole e creando valore aggiunto lungo tutta la filiera. È fondamentale che un paese complesso come l’Italia, da un punto di vista ampelografico, storico, stilistico, possa contare su un ambasciatore che la rappresenti a livello internazionale. Ancora oggi, nonostante il sapere enciclopedico degli anglosassoni, resistono convinzioni e pregiudizi sedimentati nei decenni, che restituiscono un’immagine distorta di quello che è il patrimonio enologico italiano. Perciò è fondamentale che ci sia qualcuno pronto a mettersi a disposizione dell’intera filiera, con la credibilità, l’autorità, ma anche il linguaggio adeguati, per rappresentare e raccontare l’Italia e i suoi vini nel complesso universo del trade internazionale”.

Grazie a 10 nuovi ingressi, i membri dell’esclusiva associazione salgono così a 418, 149 donne e 269 uomini: hanno tutti superato un durissimo percorso di studi multidisciplinare, che spazia dalla degustazione alla vitivinicoltura, fino alla comunicazione e all’economia e si concretizza in esami teorici, pratici e nella stesura di research papers, fino all’adesione al codice di condotta deontologico. È indispensabile per inserirsi nei complessi gangli che regolano i rapporti fra aziende, ristoranti e operatori commerciali. In testa resta la Gran Bretagna, patria dell’associazione, con 210 membri, seguono gli Stati Uniti con 56, l’Australia con 28, la Francia con 18, il Canada e la Germania con 10. La speranza è che nel prossimo futuro anche un’altra fata morgana della gastronomia italiana, il Bocuse D’Or, venga finalmente espugnata.