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Carte dei vini spesse come la Bibbia, criptiche, scontrose, impenetrabili. E un sommelier impaziente che vi scruta, taccuino alla mano. A togliere i meno esperti dall’imbarazzo ha pensato Barbara Hoornaert, sommelier e patron del ristorante Barge di Bruxelles, già in forze presso i bistellati L’Air du Temps e Eau Vive, interpellata da “Elle à Table”.“Un cliente poco avvezzo lo riconosco subito dal suo atteggiamento: sembra un po’ a disagio, ha gli occhi fissi sulla carta, ma non sa cosa ordinare”.

"Fare il primo passo e metterlo a proprio agio innanzitutto, e per prima cosa chiedergli se desidera un bianco o un rosso. Tutto dipende dai gusti personali e dai momenti. Ci sono persone che bevono solo rosso, ma è anche interessante portarli a compiere scelte diverse via via che il pasto procede”. Il vino tuttavia non ha ancora nome, cognome e data di nascita. In mancanza di cognizioni in materia, piuttosto che scimmiottare tecnicismi è meglio dirlo “con parole proprie” senza per forza voler fare i sofisticati. Come sempre semplicità e sincerità sono le cose migliori per aiutare se stessi e chi deve consigliare il vino. “Quello che faccio è domandare se il cliente desidera un rosso potente, speziato, fruttato oppure un bianco dai tratti aromatici, minerale o floreale”. A questo punto nessuno si vergogni di chiedere informazioni sulla bottiglia proposta: vitigni, regione di provenienza, azienda, peculiarità. Tutto serve per imparare.

Al momento dell’assaggio, il consiglio è quello di procedere secondo le fasi canoniche, portando innanzitutto il bicchiere sotto il naso, roteandolo per arieggiare e tuffandovi le narici, in modo da apprezzare il profumo. Durante l’assaggio vero e proprio può essere utile introdurre il liquido con poca aria, senza necessariamente forzarsi a scenografici gargarismi. “Chiudete gli occhi e provate a verbalizzare quello che sentite. Si afferrano subito meglio termini come ‘diritto’ e ‘sul frutto’. Ma ciò che conta sono le vostre sensazioni, che potete esprimere a modo vostro. Ognuno ha i suoi ricordi gustativi e a quelli occorre riferirsi durante la degustazione. Soprattutto non esiste l’errore, non si deve per forza sentire qualcosa per compiacere, tutti i gusti sono naturali e ognuno ha i propri riferimenti”.

Può anche darsi che il vino, tuttavia, non sia quello giusto, troppo acido o troppo alcolico, troppo tannico o troppo esile, che nonostante le indicazioni del cliente non corrisponda a ciò che immaginava.“In questo caso è importante motivare il giudizio negativo, in modo che io possa meglio comprendere il gusto del cliente e cosa proporgli in alternativa. A volte mi capita di far assaggiare tre vini prima di risolvere il rebus, ma non è grave: l’obiettivo è individuare quello giusto”. Tutto si compendia in una frase: “Un buon sommelier ascolta ciò che il cliente ha da dire”.