Dal “tè dell’immortalità” ai drink d’autore by Legend Kombucha, la fermentazione è la nuova parola d’ordine del bere moderno: vivo, sano, sorprendente.
Crediti fotografici: Federico Bontempi
Ci sono fermentazioni che raccontano di tempi antichi e di scoperte accidentali, nate per necessità e diventate nel tempo piccole magie di equilibrio e pazienza. Il kombucha, bevanda di tè fermentato con una colonia simbiotica di batteri e lieviti chiamata SCOBY, è una di queste. Le sue origini si perdono nella storia, anzi nella leggenda: c’è chi lo fa risalire alla Cina del 221 a.C., quando l’imperatore Qin Shi Huang la considerava un elisir di lunga vita, e chi al Giappone del V secolo, dove un medico coreano di nome Kombu lo offrì all’imperatore In-giyo come rimedio per i suoi disturbi intestinali.

Da allora, il “tè dell’immortalità” ha attraversato secoli e confini, barattato tra soldati e mercanti, conservato in barattoli che ribollivano di vita e di mistero. Dentro quei liquidi torbidi e fragranti si celava una cultura, biologica e umana, capace di trasformare il tempo in energia. Oggi il kombucha non è più però soltanto una bevanda salutistica, ma un vero e proprio trend di mercato che unisce benessere, piacere e sperimentazione. E dal mondo della mixology arriva la sua nuova consacrazione.

Dalla fermentazione al cocktail, il trend del bere vivo
Negli ultimi anni, i bartender più creativi hanno iniziato a guardare al kombucha come a un ingrediente vivo e dinamico, capace di sostituire agrumi, aceti o soda, e di donare ai drink una freschezza naturale e una complessità inaspettata. Non più solo soft drink da wellness bar, ma componente aromatica e acidula nei signature moderni, perfettamente in linea con la tendenza low e no alcohol. Il risultato? Drink più leggeri e sfumati, che evolvono nel tempo, proprio come la fermentazione da cui nascono. È il bere vivo, quello che respira e cambia, che evidenzia un approccio più sostenibile e sensoriale al mondo del bar.



Legend Kombucha, la rivoluzione italiana della fermentazione
A Verona, nel cuore di un’ex area industriale dei primi del Novecento, Legend Kombucha porta avanti questa rivoluzione con lo spirito pionieristico dei moderni alchimisti. Fondata nel 2019, è oggi una delle prime brewery italiane specializzate nella produzione di kombucha biologico. Alla guida c’è Ettore Ravizza, imprenditore e innovatore con un passato nel settore biomedico: “Ho assaggiato il kombucha negli Stati Uniti e mi sono chiesto perché non potesse esistere una versione italiana, con la nostra sensibilità per il gusto e la qualità”. Da quel momento Legend Kombucha è diventata un punto di riferimento nazionale e internazionale per chi cerca una bevanda naturale, effervescente e autentica, ottenuta da blend di tè verde e nero biologici, fermentata fino a venti giorni con SCOBY vivi e senza zuccheri aggiunti post-fermentazione.

La ricerca è costante: nel laboratorio interno si studiano bioplastiche da cellulosa batterica e si sperimentano collaborazioni creative con chef e bartender, da Eduardo Ferrante a Marco Bianchi. Il risultato è una gamma di kombucha che racconta l’Italia contemporanea in chiave fermentata: dalla Ginger Bomb alla Mockito, dalla Peach One alla Cacao Meravillao, fino a versioni speciali come Dell’Orto, Pomo d’Oro e Bloomy Orange, o la nuova limited edition Lapsang Souchong.


Come miscelare il kombucha: parola al bartender
Durante la scorsa Venice Cocktail Week, manifestazione dedicata al bere miscelato ideata da Paola Mencarelli, abbiamo scoperto il kombucha in una nuova veste. Quella della miscelazione. A firmare i drink è stato Andrea Giraldo, bartender e Brand Ambassador di Legend Kombucha, oggi dietro il bancone del Moebius di Milano dopo esperienze in altri locali di riferimento come The Doping Club e Casa Tobago. “Da appassionato di fermentazioni, sono favorevole all’utilizzo del kombucha in miscelazione. Tra i pro, oltre a essere una bevanda probiotica, apporta una naturale acidità e complessità ai drink, con sfumature differenti rispetto all’uso di succo di agrumi o aceto, donando freschezza e struttura. Non essendo pastorizzato, aggiunge inoltre bollicine ai cocktail e può essere utilizzato anche come componente fizzy. Ha un profilo aromatico unico che varia in base ai tè e agli aromi utilizzati - verde, nero, frutta, spezie - e può conferire note erbacee e floreali. La sua bassa gradazione alcolica si inserisce perfettamente nei trend attuali del low ABV e no/low alcohol”, ci ha spiegato durante un evento a tema presso Aman Venice.

Usare il kombucha nei drink, tuttavia, non è così scontato. “Come contro, ci sarebbe la variabilità e la shelf life. Ogni kombucha è leggermente diverso in termini di acidità, gas, dolcezza, ed è quindi difficile da standardizzare. Inoltre, essendo un prodotto vivo, cambia nel tempo, richiedendo una conservazione corretta”. Insomma, tutto sta nel rispetto dell’ingrediente e nel saperlo bilanciare: “Per esaltarlo, il trucco è valorizzarne acidità, vivacità e aromaticità senza coprirle. Questo si ottiene scegliendo la giusta base alcolica o analcolica e ingredienti affini, curando temperatura e texture - servendolo freddo ma non ghiacciato, per non anestetizzare le note aromatiche - e utilizzando tecniche soft come build o stir, per preservarne la carbonatazione naturale. Per contrastarne l’acidità, invece, si può introdurre una dolcezza strutturata, ad esempio tramite cordial, sciroppi aromatizzati o miele, oppure giocare con sapori amari e affumicati per creare equilibrio e profondità. Anche l’aggiunta di note grasse, come burro o olio, può bilanciare ulteriormente il profilo del nostro drink”, conclude Giraldo.

Cocktail vivi? Due esempi concreti
Il primo cocktail che abbiamo provato è un twist sul Mojito analcolico, fresco e leggero, a base di Amaro Lucano Zero e Cordiale di Salvia e Aloe, completato da Legend Kombucha Mockito, che sprigiona l’aromaticità del lime e i sentori di menta fresca. Il secondo è invece un Americano in chiave fermentata, costruito su Strucchi Bitter Bianco, Strucchi Vermouth Rosso e un tocco di Legend Kombucha Cacao Meravillao, che aggiunge la dolcezza del cacao e l’acidità naturale del tè fermentato. Un drink che unisce tradizione italiana e sperimentazione, nel segno del bere vivo e della fermentazione consapevole.