Valentino Ciarla, enologo consulente e viaggiatore del vino, unisce tecnica, umanità e radici contadine. Dopo varie esperienze nazionali ed internazionali, oggi guida aziende in Italia e all’estero, con un approccio artigianale e sostenibile. Crede nel vino come espressione del territorio, nel valore delle vecchie vigne e nella viticoltura come risposta al cambiamento climatico. Vino vero, relazioni vere.
Chi è Valentino Ciarla
Valentino Ciarla nasce a Velletri, in provincia di Roma, in una famiglia già legata al mondo del vino e dopo il diploma di enotecnico ad Ascoli Piceno, completa gli studi universitari a Firenze, laureandosi nel 2000 in Viticoltura ed Enologia con una tesi sperimentale sul Sangiovese. “Amo la musica, le viti vecchie e la scrittura”. Così si definisce l’enologo consulente, a cui piace sporcarsi le mani e calpestare i filari in ogni stagione. Inizia la sua professione in Liguria (Colli di Luni e Cinque Terre), poi lavora due vendemmie in Svizzera (Vin Union, Ginevra), seguito da esperienze internazionali in Sudafrica (Stellenbosch: Delaire, Zorgvliet) e a Bordeaux (Saint-Émilion: Château Fombrauge e La Tonnelle), per poi entrare nel 2002 alla Marchesi Antinori, come responsabile di cantina, mettendo a frutto questo bagaglio. “In famiglia ero circondato da enologi, poiché già mio padre e mia sorella avevano scelto questa strada, io invece volevo solo giocare a calcio e poi diventare istruttore ISEF”. Eppure, al Dna non si scappa, poiché a tanti anni di distanza è il primo a ringraziare la genetica per avergli fatto “scoprire” quello che, probabilmente, ha sempre avuto dentro. “Del mio lavoro mi incuriosisce soprattutto la possibilità di vedere come il frutto della vite sin trasforma in qualcosa che sfida il tempo, il vino, l’unico prodotto della natura capace di arricchirsi negli anni”.

Una carriera da consulente
Attualmente lavora come enologo consulente indipendente, socio del gruppo Matura (un luogo di condivisione e confronto dove ogni professionista arricchisce la propria visione), collaborando per esempio con aziende in Toscana (Castello di Meleto, La Fontuccia, Isole delle Falcole, OT Wines, Tollena), Emilia (Marta Valpiani) Puglia (Amalberga, Masseria Cuturi), Umbria (Colli Amerini), Sicilia (Casa di Grazia) e oltre, inclusi progetti in Armenia (Noa Wine) . Il suo approccio combina presenza costante in vigna, conoscenza tecnica e sensibilità territoriale per valorizzare i diversi terroir.

La sua filosofia e visione
Valentino crede profondamente nel valore del rapporto umano e del contatto diretto, tanto da fondare IWP (Informal Wine People): un gruppo di amici che riunisce chi “accarezza il vino con l’anima” – spesso coinvolto, a vario titolo, nel mondo del vino – e ama la buona tavola, senza mai ridurre un calice a un complicato trattato di astrofisica. Perché, in fondo, la bellezza di questa nobile pratica sta proprio nell’assenza di certezze. “Non è più tempo di scontri ideologici – spiega Ciarla – oggi servono apertura mentale, capacità di adattamento e collaborazione”. Proprio per questo, di recente ha organizzato un evento che ha l’ambizione di diventare ricorrente: “Insieme si sboccia”, un titolo che gioca con le parole, suggerendo sia il brindare sia lo sbocciare, inteso come crescita e fioritura; un invito a uno scambio informale e autentico di esperienze, dove si impara, si evolve e, insieme, si fiorisce.
I suoi pensieri e contributi
La sua filosofia si fonda su alcuni pilastri ben definiti, che si riflettono nel lavoro quotidiano in vigna e in cantina, ma anche nel modo in cui comunica il valore del prodotto finito. La sua consulenza parte sempre da un’attenta lettura del terroir: suolo, clima, esposizione, varietà e pratiche agronomiche. È in questo contesto che si decide il destino di un vino, ben prima della vendemmia: “un buon vino non si corregge in cantina, si costruisce nel vigneto giorno dopo giorno.” La sua presenza costante in campagna infatti – durante tutto l’anno – testimonia un approccio artigianale, quasi “contadino”, pur supportato da competenze enologiche moderne. In un’epoca in cui molti consulenti operano da remoto, lui sceglie invece di percorrere migliaia di chilometri ogni anno per essere fisicamente presente accanto ai produttori.

Risposta al cambiamento climatico: gestire l’alcol già in vigna
Uno dei contributi più rilevanti di Ciarla riguarda la gestione degli effetti del cambiamento climatico sul vino, in particolare l’innalzamento del grado alcolico e la perdita di acidità naturale nei vini. Per rispondere a queste criticità, propone soluzioni agronomiche anziché enologiche, tornando a un sapere agricolo più profondo:
- scelta di portainnesti meno vigorosi o più ritardanti nella maturazione;
- gestione del carico produttivo, esposizione fogliare e bilanciamento vegeto-produttivo;
- vendemmie più precoci o più scalari, per raccogliere uve ancora fresche e non surmature;
- valorizzazione di tecniche antiche e locali, spesso dimenticate, che possono tornare utili oggi: “lavorare in vigna per ottenere equilibrio, freschezza e moderazione alcolica è l’unico modo per non compromettere la tipicità del vino.”
Sul packaging e l’identità del vino
È piuttosto scettico verso l’uso di materiali alternativi come la plastica per l’imbottigliamento di vini di qualità. Pur riconoscendo che la tecnologia permetterebbe anche a contenitori “non tradizionali” di preservare il vino, ritiene che la bottiglia in vetro mantenga un valore simbolico, culturale e percettivo irrinunciabile: “il vino è anche rito, emozione, aspettativa. E una bottiglia di vetro continua a trasmettere tutto questo. Il contenitore racconta parte della storia del contenuto.”

Vecchie vigne: radici profonde, vini autentici
Mostra una profonda ammirazione per le vecchie vigne, viste come veri custodi del territorio. Anche se l’età di una vite (generalmente considerata “vecchia” se supera i 35 anni) non garantisce da sola qualità superiore, queste piante sviluppano una resilienza superiore e radici più profonde che le rendono più stabili nelle condizioni climatiche estreme. Nella sua filosofia, le vecchie vigne rappresentano un patrimonio genetico prezioso, una “memoria” territoriale che merita di essere preservata, piuttosto che sostituita affrettatamente.
Uve bianche nei vigneti di rossi: equilibrio e acidità
Uno degli aspetti più interessanti del suo lavoro rimane l’utilizzo di uve a bacca bianca intercalate tra quelle a bacca rossa nel vigneto – una tecnica storica e poco comune oggi. Per esempio, in un impianto sperimentale a Montespertoli dedicato al rosso (Sangiovese, Colorino, Canaiolo), sono stati inseriti ceppi di Trebbiano e Malvasia per bilanciare l’acidità complessiva dell’uva. Questa pratica non solo aiuta a mantenere una freschezza naturale nei grappoli, ma contribuisce a una maturazione più armoniosa nelle annate calde, gestendo così la componente alcolica e preservando l’equilibrio complessivo del vino.

Il ruolo del consulente: ascolto, umiltà, relazione
Ciarla vede la figura dell’enologo non come un tecnico che impone ricette, ma come un mediatore tra la natura, il produttore e il mercato. Il suo metodo parte dall’ascolto del cliente, delle sue esigenze, della sua storia e del suo stile, per poi costruire assieme un progetto enologico su misura. Nel farlo, non si sottrae mai alla responsabilità di formare e affiancare il team aziendale, affinché il know-how resti in cantina anche dopo la sua consulenza. La sua filosofia è quella di costruire relazioni durature, basate sulla fiducia reciproca. In un mondo del vino sempre più complesso e globalizzato, Valentino si distingue per il suo approccio umano, concreto e territoriale. Porta nei suoi vini l’esperienza maturata in contesti internazionali, ma sempre filtrata attraverso un rispetto profondo per la terra, per la cultura del vino italiano e per le storie dei produttori con cui lavora.