La comunità di Sorgono ha un modo di accogliere che oggi, altrove, è quasi scomparso. In questo paese di 1440 abitanti si svolge Wine&Sardinia, concorso che valorizza le migliori realtà vinicole locali.
Sorgono. Là dove il vino parla la lingua delle pietre
C’è un momento, arrivando a Sorgono in cui il tempo rallenta e il presente smette di avere contorni netti. È come entrare in una dimensione sospesa, dove le stagioni hanno una voce e la terra detta il ritmo. Noi giurati, ospiti e viaggiatori, ci siamo trovati immersi in quel battito antico, accolti non come estranei ma come persone attese. Non siamo arrivati in treno, ma è come se lo avessimo fatto. Come se fossimo saliti su quel convoglio che nel 1921 portò qui David Herbert Lawrence e la moglie Frieda, ascoltando lo stesso fischio della locomotiva, respirando la stessa aria che lui descrisse in Sea and Sardinia. “E’ come se la Sardegna non avesse storia, né nascita né morte. È come se fosse stata qui da sempre”. Questa sensazione è reale: quando si entra a Sorgono, non si ha l’impressione di arrivare, ma quella — più sottile e commovente — di tornare.

Sulla scia di un treno immaginario
Immagino — e forse lo fanno tutti coloro che amano i viaggi lenti — di essere su quel treno che da Cagliari saliva verso l’interno. I finestrini scossi dal vento, la locomotiva che fischia tra colline odorose di lentisco e rosmarino. La ferrovia, costruita a cavallo tra Ottocento e Novecento, non era soltanto un’infrastruttura: era una linea che apriva il cuore della Sardegna al mondo, ma senza tradirne l’anima. Attraversava montagne, boschi e distese di granito, fermandosi infine a Sorgono, là dove la pietra sembra ancora custodire segreti di un tempo immemoriale. Forse è per questo che Lawrence scese qui, attratto da qualcosa che non si poteva spiegare, ma soltanto sentire. La stessa sensazione che abbiamo provato noi.

Biru ’e Concas e San Mauro: dialogo tra pietra e cielo
Il primo sguardo si posa sulla selva dei menhir di Biru e’ Concas: centinaia di pietre erette, perfettamente allineate, sopravvissute a millenni. Non sono rovine né resti archeologici: sono presenze. Parlano in silenzio, come voci immobili che raccontano una fede antichissima, quella che lega l’uomo al cielo e alla terra. Si ergono come antenati silenziosi, scolpiti dal vento e dall’uomo. Sono verticali, severi, ma non ostili: ti osservano come chi riconosce una discendenza comune. È un luogo sacro, dove la terra racconta se stessa. Poco più avanti, come un testimone di pietra, si erge la Chiesa di San Mauro. È rivolta a Ovest, verso i menhir, e il suo rosone — il più grande dell’isola — si apre come un sole scolpito. In questo orientamento si intuisce una verità profonda: qui la spiritualità non nasce da una sola radice, ma da un incontro. Un patto tra il sacro antico e quello cristiano, tra il silenzio della pietra e il canto delle campane.

La luce e il silenzio
A Sorgono la luce ha un modo tutto suo di entrare nelle cose. Filtra tra i castagni, si posa sulle vigne, disegna ombre perfette sulle mura in pietra. Il silenzio non è assenza di suono: è presenza. Lo si percepisce camminando tra i menhir, quando anche il vento sembra avere rispetto. Lo si avverte nella chiesa di San Mauro, dove ogni raggio di sole che attraversa il rosone diventa un messaggio. Qui ogni cosa parla: bisogna solo imparare ad ascoltare.


Un’ospitalità che sa di un altro tempo
Ma il vero miracolo non è nelle pietre: è nelle persone. La comunità di Sorgono ha un modo di accogliere che oggi, altrove, è quasi scomparso. Ti aprono la porta con semplicità, ti offrono vino e pane con naturalezza, ti guardano con quella calma profonda che non ha bisogno di spiegazioni. Non è ospitalità costruita o turistica. È un gesto antico, trasmesso come un sapere silenzioso, che ti fa sentire parte della storia del luogo ancor prima di averlo capito. È come se la memoria collettiva di generazioni intere fosse contenuta in quei gesti: mani che passano un bicchiere, una sedia accostata al tavolo, un sorriso che non chiede nulla in cambio. In un’epoca in cui l’accoglienza è spesso programmata, condizionata, mercificata, a Sorgono sopravvive qualcosa di raro: una generosità autentica, libera, senza orpelli. Un senso di comunità che non si racconta: si riconosce. E ti riconosce.


Profumi, suoni e gesti
La prima cosa che ti sorprende è l’odore. Un intreccio di terra, e mosto. Poi arrivano i suoni: i calici che si toccano, le voci che si intrecciano come un canto spontaneo, i passi sul selciato antico. Niente è preparato, eppure tutto è perfettamente orchestrato. È l’armonia che nasce dalla vita vissuta insieme, dalla familiarità di chi apre la porta a uno sconosciuto e lo tratta come un amico di lunga data. E così, mentre la sera scende, ti ritrovi attorno a un tavolo a condividere vino e racconti, come accadeva cento, duecento anni fa. Qui non c’è bisogno di cerimonie: l’ospitalità è la cerimonia stessa.

Il vino come eco di un tempo antico
Il vino del Mandrolisai nasce da questa stessa terra. Dalle rocce di granito, dalla verticalità dei filari, dalla lentezza delle stagioni. Ogni sorso è un frammento di tempo condensato, un patto tra chi lo produce e chi lo riceve. Qui la vite cresce come i menhir: in silenzio, con radici profonde e austera dignita’ verticale, affonda nel granito e si nutre di escursioni termiche che scolpiscono aromi come cesello su marmo. Non è un vino che si limita a piacere: è un vino che racconta. Bere un calice di Mandrolisai significa bere la storia del luogo: non solo quella recente, ma quella più profonda, quella che affonda le sue radici nei millenni e che la ferrovia — e i viaggiatori che l’hanno percorsa — non hanno cancellato, ma amplificato. Bere un vino di Sorgono non è degustare. È ascoltare. È sentire nelle note balsamiche e nella mineralità il battito delle pietre. È guardare il rosone di San Mauro illuminato dal tramonto. È camminare nella selva di menhir sentendo che il tempo, qui, non è una linea, ma un cerchio.

I vini premiati alla X Edizione di Wine and Sardinia:
Cannonau e Mandrolisai
- 🥇 “GALU” Cannonau di Sardegna DOC Nepente di Oliena 2023 – Cantina Salis Oliena
- 🥈 “FRADILES” Mandrolisai Rosso DOC 2023 – Azienda Fradiles Atzara
- 🥉 “LA DOLCE VIGNA” Mandrolisai Rosso DOC 2023 – Cantina La Dolce Vigna Atzara
- 🥇 “GIOGU” Cannonau di Sardegna DOC 2022 – Cantina Famiglia Demelas Atzara
- 🥈 “BINARIU” Bovale IGT Rosso 2022 – Cantina Su Binariu Sorgono
- 🥈 Ex aequo “GIUALE” Mandrolisai Rosso DOC 2020 – Cantina Famiglia Demelas Atzara
- 🥉 “ANTIOGU” Mandrolisai Rosso DOC Superiore 2022 – Cantina Fradiles Atzara
Bianchi
- 🥇 “ANNA” IGT Isola dei Nuraghi Bianco 2024 – Cantina Locci Zuddas Monserrato
- 🥈 “CAGLIARI” Vermentino di Sardegna DOC Bio 2024 – Cantina Udus Assemini
- 🥈 Ex aequo “MONTELUNA” Vermentino di Sardegna DOC 2024 – Cantina Trexenta Senorbì
- 🥉 “NEPHILIM BIANCO” IGT Isola dei Nuraghi 2024 – Cantina Monteprama Santa Giusta
Rosati
- 🥇 “SPASULE’” Mandrolisai Rosato DOC 2024 – Cantina Su Binariu Sorgono
- 🥈 “CARLO’” Rosato Isola dei Nuraghi IGT 2024 – Cantina Locci Zuddas Monserrato
Dessert e Speciali
- 🥇 “SOTTO IL VELO 108 MESI” Vernaccia di Oristano DOC Superiore 2015 – Famiglia Orro
- 🥈 “GOCCE DI VENERE” IGT Rosso 2022 – Cantina Su Binariu Sorgono
- 🥉 “PRETZISU” IGT Bianco Dolce da Uve Stramature 2023 – Cantina Pisu Atzara
Premi speciali
- “GIUALE” Mandrolisai Rosso DOC 2020 – Famiglia Demelas
- “SPASULE’” Mandrolisai Rosato DOC 2024 – Su Binariu
- “GALU” Cannonau DOC Nepente di Oliena 2023 – Cantina Salis
- “CAGLIARI” Vermentino DOC Bio 2024 – Cantina Udus
- “MONTELUNA” Vermentino DOC 2024 – Cantina Trexenta

La mistica dell’accoglienza sarda
C’è una qualità nella generosità sarda che è difficilissima da spiegare, perché non si manifesta nei gesti spettacolari ma in quelli silenziosi, quotidiani. È nel modo in cui ti fanno posto a tavola, nel modo in cui ti versano un bicchiere e ti ascoltano senza fretta. È nella fiducia istintiva che ti accordano. Non è cortesia: è appartenenza condivisa. E così, quando il vino incontra il sorriso di chi lo offre, il confine tra chi arriva e chi accoglie si dissolve. Ci si ritrova seduti fianco a fianco come compagni antichi, come se un legame invisibile — più vecchio del tempo e delle parole — si fosse semplicemente riattivato.

Sorgono non si limita ad accogliere: ti riconosce come parte di sé. E questo, oggi, è un miracolo raro. Un miracolo che ha il profumo della terra, la voce della pietra e il calore del vino. C’è una bellezza in questa accoglienza che sfugge alle parole. È la bellezza di sentirsi accolti non per ciò che si porta, ma per ciò che si è. Nel Mandrolisai, l’ospitalità non è un gesto: è un linguaggio segreto, trasmesso di generazione in generazione, che dice: “Tu appartieni già a questa storia”. E quando il calice si alza e il vino scorre, quella lingua silenziosa ti attraversa. E capisci che Sorgono non ti ha semplicemente accolto. Ti ha riconosciuto.
