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Brigaldara Case Vecie: la cantina che scommette sull’Amarone come vino da tavola

di:
Alessandro Franceschini
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copertina casa vecie

A Grezzana in Valpolicella, la famiglia Cesari ha investito in tempi non sospetti sull’altitudine per inseguire uno stile più leggero e bevibile sia del Superiore che dell’Amarone.

«La nostra sfida? Farlo diventare nuovamente un vino da tavola». Antonio Cesari, classe 1990, è entrato nell’azienda di famiglia ormai da diversi anni affiancando il fratello più grande Lamberto e il padre Stefano. Determinato, con uno sguardo perennemente rivolto ai mercati esteri – oltre che della gestione della cantina, si occupa infatti anche dello sviluppo del mercato statunitense in particolare –  non ha dubbi su quello che deve essere l’Amarone della Valpolicella in generale, e in particolare quello di Brigaldara. «Si deve bere in abbinamento a tavola, così come succede al Barolo o al Brunello». Niente più ghettizzazione, quindi, magari solo a fine pasto con un formaggio di una certa stagionatura e struttura o magari infilato nella sezione della carta dei vini alla voce “da meditazione”.

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Alla ricerca dell’eleganza e della bevibilità

Più che un manifesto programmatico, quello portato avanti da questa azienda che ormai è presente in Valpolicella da quasi 100 anni - la famiglia Cesari ne è proprietaria dal 1929 - è una filosofia che nasce in realtà in tempi non sospetti quando l’esplosione commerciale di questa denominazione, e dell’Amarone in particolare, faceva rima con molti interpreti che certo non lesinavano in residui zuccherini e alcol. «Dieci anni fa ci siamo resi conto che l’approccio al vino stava cambiando e che l’Amarone doveva tornare ad essere un vino da pasto» continua il giovane Cesari. Ma non solo: «Dovevamo valorizzare anche la nostra “seconda punta”, il Valpolicella Superiore». Un cambio di approccio notevole per l’epoca, considerando che anche quest’ultima tipologia, nel corso degli anni era diventata, soprattutto nel versione “Ripasso”, una sorta di piccolo Amarone dal prezzo più contenuto, ma dallo stile che ricordava il fratello maggiore.

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Riflettori puntati su vigneti, varietà e…altitudine

Brigaldara ha oggi 120 ettari di proprietà, dei quali 47 dedicati alla vigna, dislocati in diverse aree della Valpolicella, da quella cosiddetta Classica, alla Valpantena sino ad arrivare a quella Orientale. Circa 300 mila bottiglie all’anno, distribuite su 9 etichette, ottenute dall’allevamento dei classici vitigni autoctoni della zona, come Corvina, Corvinone, Rondinella, Garganega e Oseleta. Dopo l’acquisto da parte di Renzo Cesari dell’azienda agricola nel 1928, è poi Stefano, nipote di Renzo e padre di Antonio, a cominciare a fare le cose sul serio e si fa affiancare da un enologo fondamentale per il territorio della Valpolicella, Roberto Ferrarini, professore di enologia dell’Università di Verona, considerato uno dei luminari negli studi sul vino italiano e prematuramente scomparso nel 2014. «Fu lui, già nel 1994 a rendersi conto che il clima stava cambiando, che troppe uve erano state piantate in pianura e che bisognava salire in altezza».

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Nasce così il progetto “Vigne Alte” insieme all’Università di Padova. La Famiglia Cesari e Ferrarini decidono di piantare un vigneto sperimentale a quasi 500 metri di altitudine, in mezzo a i boschi, dove fino ad allora c’erano solo prati e coltivazione di verdure. Oltre agli appezzamenti intorno alla villa ottocentesca di San Floriano, infatti, che costituiscono il nucleo storico dei vigneti di proprietà, una delle scommesse della famiglia Cesari è la decisione di piantare vigne anche nelle terre delle Case Vecie, a Grezzana, che provengono dalla famiglia della mamma di Stefano, gli Arvedi. «Volevamo vedere come crescevano le uve così in alto». Scoprono che crescono bene, che con esposizione a Sud non ci sono problemi di umidità e la maturazione è ineccepibile, complice anche il cambiamento climatico in atto. «All’inizio degli anni 2000 finisce la fare sperimentale e decidiamo di piantare più vigne».

vigneto brigaldara
 

Oggi Case Vecie è composto da 10 ettari di vigna sui sessantacinque complessivi, che continuano a essere ricchi di boschi e di una tartufaia. Nell’area dei colluvi, con esposizione in pieno sud e terreni limo-sabbiosi è stata piantata la Corvina, mentre nelle dorsali, che prendono il sole dalla mattina al tramonto e hanno terreni più poveri  e ciottolosi che costringono la vite ad arrivare al tufo sottostante, si è scelto il Corvinone.

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Il ritrovato interesse per il Valpolicella Superiore

«Oggi in Valpolicella non si parla che di Superiore» commenta Antonio Cesari, mentre ci propone una verticale del primo dei due vini ottenuti dalla zona delle Case Vecie. È stata scelta una delle sette parcelle di questo vigneto, quella denominata “Le Mandrie”, piantata nel 2006, per realizzare questo Valpolicella Superiore che incarna quel mix di leggerezza e bevibilità che in azienda inseguono da tempo. Frutto del blend di Corvina (39%), Corvinone (30%) e Rondinella (31%) trascorre circa un anno in botte grande prima uscire dalla cantina. Il cambio di stile, e probabilmente anche di passo soprattutto al palato, avviene dopo il millesimo 2019, ultima annata dove la ricchezza e l’estrazione della componente fruttata sono ancora dominanti, nonostante non manchi uno slancio al palato figlio del terroir. Caratteristica, quest’ultima, decisamente evidente nei millesimi 2021 e 2023, dove le note speziate, balsamiche e fruttate del naso hanno un’ottima corrispondenza al palato con una dinamicità e una succosità molto piacevoli. Sono vini scattanti, molto gastronomici.

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Il timbro di Case Vecie nell’Amarone

«Dal 2005 abbiamo raccolto la sfida di fare un Amarone secco, fresco e bilanciato, con residuo zuccherino sempre sotto i 2,5 grammi/litro». In questo caso si opta per una vinificazione separata di tutte le parcelle di Case Vecie e poi nel successivo blend. La composizione ampelografica è la stessa del Superiore, la vendemmia a metà ottobre solitamente, poi l’appassimento e infine, dopo la vinificazione, la maturazione di due anni sia in barrique che legno grande. Se il 2009 che abbiamo testato, complice probabilmente una bottiglia sfortunata, è già particolarmente in là con l’evoluzione e poco significativo per un vero confronto, quello tra 2019 e 2000, mette in evidenza non solo il cambio stilistico sia al naso – le note di cioccolato e di Mon Chéri nel millesimo con 25 anni sulle spalle sono ancora nette – che al palato, quanto anche l’importanza di del Cru Case Vecie, che in entrambi i vini, pur al netto del divario di anni l’uno dall’altro, restituisce una freschezza che rende certamente il sorso più disteso e affatto faticoso.

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Contatti

Sede principale e cantina: Via Brigaldara, 20 - 37029 - San Pietro in Cariano (VR)
Agriturismo Locanda Case Vecie: Via Casevecchie 8 - 37023 - Grezzana (VR)

Sito web

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