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Frollatura del pesce, fermentazioni e cotture Kamado: Marco Visciola e la sperimentazione del mare al Marin di Genova

di:
Alessandra Meldolesi
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marco visciola copertina

Il ristorante

Grande è il disordine sotto il cielo, la situazione è eccellente. Nel pieno di una pandemia senza fine, con gli italiani in larga parte costretti a villeggiare entro i confini nazionali, la ristorazione ligure finalmente cresce, grazie a trasfusioni massicce di talento. Innanzitutto, Portofino, dove in pochi metri di banchina si concentrano Cracco, i Cerea e Luigi Taglienti; ma anche Gianni D’Amato, attualmente di stanza da Miranda a Tellaro, a un passo dalla sua Lunigiana. Solo le 5 Terre restano a secco come i loro muretti, non per molto si spera.



In certi posti, tuttavia, si mangiava bene anche prima, nonostante i cliché arruffoni della critica. Per esempio, al Marin, ristorante ubicato all’ultimo piano di Eataly e dotato di una spettacolare terrazza sul Porto Antico di Genova schizzato da Renzo Piano, che sembra comunque giovarsi di questa congiuntura. Di fatto l’atmosfera è frizzante e i tavoli tutti occupati, per una cucina che non delude le aspettative. La città era appena uscita dal tunnel del ponte Morandi, quando il mondo è entrato nel buco nero più grande. Se del doman non v’è certezza, la voglia di esser lieti sovrabbonda.


Per il suo chef Marco Visciola, trentaseienne di Bogliasco, questo non è un anno come gli altri, ancor meno che per il resto del mondo. Cade infatti il decennale del ristorante che guida dal 2015, dopo esperienze con Serenella Medone, Enrico Crippa, Fabrizio Tesse e l’iniziale affiancamento in loco di Enrico Panero.


Il locale è cambiato in tanti modi: abbiamo perso coperti per il distanziamento, ma migliorato l’attenzione sul cliente. Poi qualche miglioria agli arredi, le poltroncine, i tavoli nuovi e il bagno dedicato. Al servizio della cucina la ‘serra’ e la ‘grotta’ per maturare il pesce”.



Quello che non è cambiato è la tavolozza orgogliosamente regionale, schizzata sul piatto da pennelli contemporanei zigzaganti: tecniche e concetti come lo scarto zero, soprattutto del pesce, la contaminazione, connaturata alla gente di mare, frollature, fermentazioni e cotture al barbecue con kamado e carbone italiano.



All’ingresso c’è l’orto aeroponico, con le erbe dalle radici sospese che vengono vaporizzate più volte durante la giornata, per ridurre lo spreco di suolo e acqua; qualche miglio più in là la Cooperativa Pescatori di Camogli, che fornisce tutto il pescato, soprattutto povero e azzurro; più l’olio di Roi, i prodotti di Eataly e una carta dei vini in larga parte regionale, con sconfinamenti ragionati nella prossima Francia.



Alcune ricerche si sono intensificate durante le chiusure. “Abbiamo impiegato il primo lockdown in beneficenza. Preparavamo 600 pasti al giorno per il personale ospedaliero di Genova, ogni giorno. Mentre le zone colorate ci sono servite per il delivery e per eseguire prove su varie tecniche. Alla frollatura del pesce lavoravamo dal 2019 e l’abbiamo messa a punto con Alessandro Cuomo, che ha studiato un algoritmo per correlare temperatura, PH e umidità di ogni singola tipologia e creato il pesciugatore per il suo Metodo Cuomo.


Non per moda, ma per espandere le nostre radici: le stagionature del pesce le abbiamo dentro, vedi acciughe e mosciame, ingrediente principe del cappon magro. I salumi di mare ci sono utili anche per la sostenibilità, aiutando a valorizzare il pesce povero in eccesso. Da settembre abbiamo allo studio un menu dedicato”.

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Foto: Crediti Francesco Zoppi

I piatti

Al momento si può scegliere fra il degustazione del decennale, che racconta la filosofia di cucina attraverso 10 signature, e una piccola carta di capisaldi territoriali in reinterpretazioni ridenti. C’è il Bagnun in tre step (salsa di acciughe con latte di soia e zenzero, pomodorini ripieni di emulsione al prezzemolo e acciughe crude; acqua di pomodoro condita con colatura di alici e cialda a pesce; sandwich di acciuga salata e marinata, complementari per gusti e testure, con estratto di datterino giallo in purezza e zafferano per il richiamo alla bouillabaisse di Ponente).

Pansoti olio di noce, ostrica e latticello



E c’è soprattutto il minestrone, vero e proprio gioco sul repertorio regionale, separato, rimescolato, frullato con l’expertise di un anziano all’osteria. Dove hanno la forma di un puzzle le creme di verdure di stagione (patata, fagioli, carota, piselli); poi al tavolo il cuoco correda con un battuto di crudité (carote, sedano, fagiolini, zucchine, fagioli di Pigna fermentati) mantecati al pesto leggero, una ciotolina di pesto da addizionare a piacere, qualche bottone di Parmigiano 60 mesi per le tipiche croste e un infuso delle stesse verdure all’Ocoo, 100% umami.

Pansoti olio di noce, ostrica e latticello



A richiamare la nota ossidativa del vegetale, un pigato di Ortovero della cantina Durin: I-Scianchi 2019. “Il nome allude agli acini prelevati dalla parte alata del grappolo, che vengono fatti surmaturare e macerare per 72 ore. In questo modo si ottiene un pigato dai sentori di giglio giallo e una leggera nota speziata”, spiega la sommelier Michela Isola. Separazione per divagazione, con ogni elemento che fa la sua partita in una bocca convertita a tavolo da gioco.



Ma anche il degustazione manifesta il carattere del passato, temperato da una maggiore sicurezza e complessificato da ricerche convergenti. A metterlo a punto insieme a Visciola sono stati Marco Isola, che lo affianca dagli esordi ed esce in sala per terminare i piatti, e il junior sous-chef Samuele Culasso. Mentre in una sala altrettanto giovane, ma tutta al femminile, officiano la direttrice Benedetta Canovi e la già citata Michela Isola.

Baccalà mantecato



L’esordio del menu 10 anni è tutto in eleganza, con il Baccalà mantecato, in realtà un morbido gelato, con soffice di patate, cipolle in agrodolce e pelle di baccalà croccante. Dove il classico brandacujun si sfalda in un gioco di contrasti fra dolcezze e sapidità, caldo e freddo, legato da testure similari e dalla mantecatura condivisa. Prepara il palato all’assaggio successivo lo Janua di Andrea Bruzzone: perlage fine e sentori iodati per un metodo classico di grande freschezza.

Seppia e finocchi



Seppia e finocchi è un piatto in due tempi. Prima la seppia marinata con sale ed erbe, come se fosse lardo, secondo una similitudine corrente, servita con insalata di finocchi per l’acqua croccante, emulsione di nero di seppia ed estratto di finocchio di mare; poi, per la sostenibilità, i loro scarti, ovvero i tentacoli brasati al nero e la spuma acidula dei ciuffetti verdi. Piatto netto, di nuovo ispirato a una poetica di similitudini.

Cappon Magro 2.0



Molto si è già scritto sul Cappon magro, banco di prova di ogni chef ligure che si rispetti, dove i pesci e i crostacei crudi, le cozze e le vongole appena scottate al vapore si nascondono in un rosone di verdure fermentate alla coreana, anziché lessate all’aceto secondo il canovaccio originale, più salsa verde leggera e cialdine alle olive taggiasche per la leggendaria galletta del marinaio. Una rivisitazione cum grano salis (della lattofermentazione), pienamente calzante e visivamente accattivante, che mette in stiva il piatto verso la traversata delle contaminazioni. Nel calice un vino persistente che racconta di mare e di macchia mediterranea: il Vermentino “Luccicante” di Davide Zoppi.

Sgombro marinato con sale affumicato e zucchero di canna



Visciola, abbiamo detto, predilige il pesce povero, senza disdegnare gli imperiali crostacei della regione, considerati fra i migliori del mondo (vedi il gambero viola con animella e fico). Ecco allora lo Sgombro marinato con sale affumicato e zucchero di canna, scottato velocemente sulla pelle e scortato da verde di lattuga e pistacchio alla brace.

Tortelli al pesto leggero



Sono un omaggio a Flavio Costa, padre nobile della nuova cucina ligure trasmigrato in Langa, gli irresistibili Tortelli ripieni di pesto leggero, serviti al piatto con cremoso di patate e fagiolini, secondo lo schema delle trenette avvantaggiate, o ancor meglio al tovagliolo, per una pulizia da tiro a segno.

Spaghetto Martini cocktail



Isola esce di nuovo in sala o in terrazza per il virtuosistico Spaghetto Martini, divertissement indeciso fra mixology e feticci nazionali, composto di spaghetti al burro alle alghe con emulsione di olive verdi e vermouth, mantecati scabinianamente nello shaker, poi guarniti di caviale e aria di gin taggiasco, che sgrassa come la vodka degli zar. Per un’aria disimpegnata d’estate.

Pescato Asado



Il Pescado asado è cotto al barbecue e servito con zucchine trombetta, yogurt alla curcuma e fondo bruno di lische tostate. Celebra i legami storici fra l’Argentina e la Liguria, nei cui agriturismi capita sovente di imbattersi nella tipica preparazione sudamericana, qui traslata sul pesce.

Finanziera dal mare



La stessa operazione, in chiave di quinto quarto, viene svolta in un altro piatto seminale: la Finanziera di pesce, che sulla falsariga della specialità piemontese recupera gli scarti ittici in un’ottica di sostenibilità. Sono fegati di rana pescatrice, coralli di capesante, lumachine di mare legate da una salsa intensa di cozze e ricci di mare, con le verdurine acidule a stemperare le sapidità, per una girandola di consistenze.

Cremoso all'asinello



Il predessert è un Cremoso all’Asinello con pan brioche al limone e polvere della sua foglia, che celebra il vermouth cittadino. Chiude la Tarte Ta-Ten, non alla mela ma alla pesca, proposta in diverse consistenze con caramello salato e fiori eduli.

Tarte Ta-Ten



Foto: Crediti Marco Zoppi

Indirizzo

Ristorante Marin – Eataly

Calata Cattaneo, n 15 – 16128 Genova

Tel. +39 010 8698722

Mail: ilmarin@eataly.it

Il sito web del Ristorante 

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