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In carta solo vini naturali: Meteri Cucina, l’osteria contemporanea che riscrive le regole del wine pairing a San Bonifacio

di:
Alessandra Meldolesi
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Meteri Cucina vini

Il locale

Può diventare la Senigallia del nord-est, San Bonifacio, dove l’esempio di un pioniere, Padoan, ha trovato seguaci in tanti campi. Fino a qualche tempo fa il più celebrato era Matteo Grandi, il cui Degusto però, nel trasferimento al prestigioso Garibaldi di Vicenza, non ha lasciato dietro di sé il vuoto. A occupare il suo spazio, in tutti i sensi, sono arrivati Raffaele Bonivento e Luca Fullin, alias Meteri, che da tempo cercavano il posto giusto per portare in tavola i loro vini “naturali ma buoni”.


Luca Fullin


Per Luca Fullin, nipote di nonna Lidia, cuoca professionista, e nonno Araldo, contadino appassionato, non è certo la prima esperienza: dopo l’Harry’s Bar quale commis di clamorosi direttori di sala, ancora giovanissimo nel 2006 aveva preso in mano il locale di famiglia, la pensione Wildner di Venezia; poi nel 2015 con la sorella Benedetta è arrivato il Local, ristorante di cucina veneziana contemporanea. Naturale che alla fondazione di Meteri nel 2013, il pensiero di fare il tris fosse stupendo.



Ho conosciuto Raffaele attraverso la mediazione di Arianna Occhipinti: cercava il posto giusto a Venezia e ci siamo subito capiti. Abbiamo iniziato a selezionare insieme vini artigianali e territoriali, ma piacevoli, inizialmente per l’e-commerce, poi per il mercato Horeca. Ma da subito c’è stata questa idea di un luogo dove si potessero stappare tutte le referenze, con una cucina d’appoggio, in un punto strategico che fosse raggiungibile da gran parte dei clienti".


"E l’occasione si è presentata a San Bonifacio, che è praticamente fuori casello, sull’A4 del vino che dal Piemonte arriva in Friuli, attraversando Soave, Valpolicella, Gambellara, dentro ambienti che ci sono piaciuti per l’appeal metropolitano in un contesto di paese, vivissimo sotto il profilo gastronomico”.



La stufa è stata subito affidata a Eleonora Barbone, giovane cuoca passata per gli insegnamenti di Roberto Petza e Marco Ambrosino. “Prima facevo tutt’altro, sono laureata in economia. Dopo lo stage al S’Apposentu, duro e formativo in ogni senso, dove ho avuto l’input decisivo sulla materia, e quello al 28 Posti, mi sono fermata alla Food Genius Academy e ho fatto eventi con la partita IVA. Tre anni con i fratelli Costardi, anche da Edit, e sono arrivata qui”.


Eleonora aveva le esperienze giuste ed era in linea con la nostra idea di cucina fatta di ricerca, stagionalità, territorio, tecnica al servizio del prodotto, per un massimo di tre ingredienti sul piatto, dinamicità con un twist contemporaneo”, commenta Fullin. Di fatto i piatti vengono assaggiati con un gruppo di amici fidati e competenti: alcuni sono pensati per l’abbinamento, altri lasciano campo libero al gioco. I bicchieri si moltiplicano facilmente sul tavolo, per rapidi tragitti avanti e indietro; spesso sono neri per favorire il divertimento, senza cascare in obsoleti schemi Mercadini.



Cerchiamo di propiziare un approccio libero, da bistrot, in un’atmosfera spensierata. I percorsi di abbinamento nascono spontaneamente, dopo aver posto qualche domanda al tavolo, per capire fin dove possiamo spingerci con le sensazioni insolite”. Le etichette al momento sono 420, ma a settembre dovrebbero sfiorare le 600, affondando in profondità e sommando cru, che poi entreranno nella selezione Horeca.



Il risultato è un laboratorio di abbinamenti per filosofia e per sostenibilità. “Nel territorio cerchiamo il meglio: i bisi di Colognola, le carni di Tolin, il pesce del mio broker a Chioggia, il riso Aironi”. Ed è un’esperienza che può aiutare a ridefinire i parametri dell’abbinamento, delle sue zone grigie o perfino off limits: “Nella cucina contemporanea a volte gli chef sfoderano inventiva e sapori, con i quali vini dalle caratteristiche ‘particolari’ possono giocare meglio degli altri, dando un kick al piatto attraverso macerazioni e botrite”.


Ma l’attenzione è anche sul food cost: da Meteri Cucina si mangia con poco più di 30 euro, grazie a ingredienti perlopiù “poveri”. I tre hanno subito deciso di cogliere la sfida di materie territoriali, come la bosega, pesce di fondale semisconosciuto, per fini democratici. Il menu è stagionale, con qualche innesto ogni due o tre settimane: inanella piatti immediati, ma puntuali nelle cotture. Dove la cozza è polposa e succosa, la melanzana carnosamente arrendevole, la lingua fondente come un flan, il riso e la pasta fresca risaltano per le origini metà venete e metà emiliani della Barbone. Il focus è sui ricordi, l’ispirazione spesso estemporanea.

I piatti

L’attacco è vegetale, anzi vegan, con la melanzana alla salsa di peperoni gialli e rossi, noci tostate per il leggero amaro astringente ed erbe aromatiche; dove l’ortaggio, fondente e carnoso, è prima marinato in una miscela di sale e zucchero, poi fritto. Sposa un Muscadet Clos de la Fevrie Domaine Le Fay D'Homme, da vigne pressoché centenarie di Melon de Bourgogne, in Loira. Affinato in vasche di cemento interrate, è sapido e fragrante su dolcezza e grassezza.


La panzanella di cozze Mitilla, fresca e croccante, è invece abbinata a Turi Bianco di Salvatore Marino, da uve catarratto coltivate ad alberello pachinese in contrada Buonivini, Noto.


Il classico risi e bisi è variato con una fonduta di formaggio di capra girgentana e ciliegie in contrasto, per un twist contemporaneo. Nel bicchiere è il turno di Carosè Monte Caro, vino rosato da uve corvina e croatina coltivate in una zona particolare, su rocce calcaree in mezzo al bosco.


Altro vessillo del territorio sono i bigoli con le sarde, in questo caso marinate con mirin e salsa di soia, per un diverso agrodolce, e battute a crudo in un bel gioco fra testure carnose e callose. Qui sorprende Piquentum Malvazija Blanc Dimitri Brecevic, malvasia istriana da vecchie vigne su roccia sedimentaria, macerata e affinata in acciaio e legno grande, balsamica di macchia mediterranea e leggermente tannica per ripulire il palato.


Lingua, uovo e zucchine a scapece è un piatto di contaminazioni, grazie a salsa di soia e glassa Balsamela, con l’uovo a bassa temperatura che funge da legante e l’aceto che rinfresca. Sposa un’ottima Cuvée Bistrologie JP Robinot, dal terroir della Sartre, Loira, con note di miele e albicocca, un’acidità sferzante e un finale sapidissimo.


Ancora freschezza nel dessert di Carota, noci e aceto, ispirato a un viaggio in Australia. Un inno al betacarotene, che espande il concetto della torta di carote. Fullin qui mesce N°73 Vino Perpetuo Vite da Ovest, ottenuto da aggiunge annuali a una base del 1973.




Indirizzo

Meteri Cucina

San Bonifacio (VR), Via Camporosolo 9/A

Tel: 3519122717

Sito Web

Wine Reporter

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