Lo chef liquido del Celler traccia l’identikit del perfetto sommelier contemporaneo: un mix di conoscenze non ostentate ed empatia, intelligenza olfattiva, gustativa ed esistenziale, capacità di adattamento, psicologia e visione. Il vino contemporaneo? Rispetta la coscienza ecologica e privilegia l’eleganza sulla potenza.
Foto di copertina: @David Borrat
Il sommelier
C’è chi giura che la vera punta di diamante nella trimurti del Celler sia lui: Josep Roca, il fratello sommelier, autore di un’enciclopedica carta dei vini e di pairing che sono entrati nella leggenda. Sulla cresta dell’onda del successo, mentre fervono gli ampliamenti aziendali (ultima novità è il lancio della gamma di superalcolici Esperit Roca, ma altri progetti vanno “a fuoco lento”) e il tre stelle si mantiene con nonchalance nell’Olimpo, il cinquantottenne parla a ruota libera in un’intervista a Cepas y Vinos, toccando i temi caldi della professione.
“Siamo la terza generazione di una famiglia, dentro un ristorante dove si congiungono tre mondi: la cucina salata di Joan, quella dolce di Jordi e la liquida, che posso sviluppare dal mio punto di vista. Come tre teste sotto lo stesso cappello. Tre sguardi trasversali, fraterni, che offrono felicità nello stesso quartiere dove siamo nati e cresciuti. Non ho mai lavorato senza la mia famiglia. È un’opportunità per rafforzare i legami familiari e convivere con la passione per l’ospitalità in una forma affettuosa e armonica”.
La pressione c’è, ma i Roca preferiscono non sentirla, godendo della possibilità di essere ascoltati e condividere la propria visione. “Essere è più importante che avere. Bisogna capire che la società ha bisogno di riassunti e di fronte a un eccesso di informazioni si rifugia nelle classifiche, che sono e saranno sempre relative. È necessario acquisire distanza, relativizzare ciò che viene detto di sé e capire che l’obiettivo resta la pienezza interiore. Pragmaticamente nascere a cento metri dal luogo di lavoro, mangiare ogni giorno in una mensa e sapere che questa è la nostra casa, fa riconsiderare la vita alla luce del valore supremo dell’autenticità”.
“Elaborare una carta dei vini è un processo lento, tenace e ossessivo, volto a rappresentare le diverse realtà contemporanee. Ho iniziato nel 1986 con 20 referenze e oggi ne abbiamo più di 7250. Il cammino di 37 anni di passione è una lettera d’amore. Noi sommelier siamo ambasciatori della crescita del vino spagnolo. Non siamo solo nei ristoranti, è un ruolo che si è atomizzato in altri campi della cultura, del commercio e della divulgazione. Comunichiamo di più e ci ascoltano di più, perché le nuove generazioni sono più preparate”.
Ed eccolo, l’identikit del professionista perfetto: “È importante che un sommelier sappia ascoltare, capire, soddisfare, servire, empatizzare nella discrezione, offrire un’immagine di sicurezza e fiducia, senza ostentare le proprie conoscenze, in modo che il commensale resti al centro dell’attenzione. Intelligenza olfattiva, intelligenza gustativa, intelligenza esistenziale. Capacità di adattamento all’ambiente di lavoro, al luogo, alla funzione, alla responsabilità. Seduzione, emozione, empatia, generosità, ospitalità. Saper ascoltare per capire, interpretare, gestire l’informazione, dare tempo per conoscere. Mettersi nei panni dell’altro”. Ma il sommelier è anche un po’ psicologo, perché un vino somiglia a chi lo fa, e anche a chi lo ordina. La tendenza attuale? Va verso la coscienza ecologica e privilegia l’eleganza rispetto alla potenza.