Mondo Vino

Quali sono le migliori cantine del mese per i clienti esperti di vino

di:
Alessandra Meldolesi
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cantine del mese 2

Le Cantine

Davide Fasolo


“Dico Il Mottolo in Veneto, precisamente sui Colli Euganei, zona Sud. Si trova a Baone, parco naturale in area un tempo vulcanica, a un passo dalla zona termale di Abano e Montegrotto, abbastanza vicino ai miei amati colli Berici, ma con una natura geologica totalmente differente e una notevole quantità di calcare anche in affioramenti sparsi per la vigna.


La zona è una delle più vocate in Italia per i bordolesi: Cabernet Sauvignon, Franc, Merlot e Carmenère sono arrivati a metà Ottocento e di fatto sono autoctoni. Basti pensare ai vecchi Campo del lago di Villa Dal Ferro Lazzarini anni ’70, Capo di Stato nel Montello anni ’80, Ferrata e Fratta fine ‘80 primissimi ’90, Vignalta e Ca’ Lustra.

L’azienda è nata nel 2003 ed è composta da due soci, di cui uno con chiara vocazione gourmet, cuoco più che amatoriale e frequentatore abituale delle cantine francesi da tempi non sospetti. La proprietà è di piccole/medie dimensioni con 8/9 ettari vitati, per la maggioranza vitigni bordolesi, più una piccola quota di moscato bianco e moscato giallo. È in corso la conversione biologica ufficiale, con una cura dei vigneti veramente attenta, la raccolta manuale e la fermentazione in acciaio; in cantina un parco legni sostanzialmente neutri o già usati e solo in minima parte nuovi per le selezioni.


I vini sostanzialmente viaggiano su tre direttrici, più qualche esperimento: quelli di pronta beva, le selezioni, il passito. Sui vini di “pronta beva” (che termine odioso) Il Contarine è un bianco a base di moscato giallo dalla forte connotazione aromatica (con l’evoluzione ricalca alcuni tratti alsaziani); seguono un merlot in purezza e un blend dei due cabernet, con affinamento in legni ormai neutri per sorsi molto freschi, col frutto e le spezie vivi assieme a quella quota vegetale (non verde) che marca a volte le nostre aree. La mia preferenza va al Merlot Comezzara, un vino che per circa 10 euro lascia serenamente sul posto molti blasoni, senza mai risultare sdolcinato.


Sulle due selezioni invece si apre un capitolo diverso: Serro (Cabernet sauvignon con saldo minoritario di Merlot e una piccola quota di Cabernet Franc) e Vignànima (Carmenère in purezza) giocano su maturazioni del frutto piene, ma assolutamente non pesanti o coprenti. Sono vini dove il frutto è goloso, c’è la profondità, c’è la complessità e un’agilità nel bicchiere che inganna, perché la zona tende alla pienezza.


Mentre il Vignànima è il vino esplosivo col frutto in evidenza, che può conquistare subito, il Serro è il bordolese per eccellenza e ricorda a tratti lo sviluppo goloso, ma anche verticale tipo il Clos du Marquis, cui è affine per composizione e mi sento di dire per un’idea di eleganza (fatte le dovute proporzioni, ovviamente). Ha dalla sua una finestra di beva ampia, godibile abbastanza presto ma durevole. Proprio per questo in una recente serata di bordolesi (alla cieca) l’annata 2015 messa in batteria con vini più blasonati come Sassicaia 2003, Chasse-Spleen 2015, Paleo 2015 e altri ha avuto modo di dire serenamente la sua, risultando in questa fase la più interessante della batteria senza troppe discussioni. L’idea francese è quella di portare un vino da zona ‘calda e che spinge’ verso una ricerca di chiara eleganza, che ne vesta le forme comunque presenti con estrema grazia. Selezioni che, mi permetto di ricordarlo, hanno un rapporto qualità/prezzo imbarazzante.


Infine, immancabile sui Colli Euganei, il Moscato giallo torna sotto forma di passito, interessante per gli amanti dei residui importanti e non stucchevoli; anche se il mio cuore batte ancora per un Moscato fior d’arancio 2003, esperimento di spumantizzazione lunga bevuto qualche mese fa, vino strepitoso giocato sulle direttrici miele/spezie/mandarino/senape, di una vitalità piena e struggente”.




Roberto Orciani


“Raccontare i vini georgiani è diventato un cult. Si possono descrivere i colori affascinanti che attraversano il vetro; l’ambra che la fa da padrona in tutte le sue tonalità; la beva unica, nella sua apparente semplicità, nient’altro che il compendio di una tradizione millenaria. Quello che mi porto dentro, del mio recente viaggio, non sono solo ricordi di fantastiche bevute, ma soprattutto l’emozione degli uomini che vivono attorno a un vigneto. Tra Tbilisi e Kutaisi ogni marani (cantina) fa scoprire sensazioni, profumi, sorrisi unici, mai contratti, una disponibilità all’incontro e all’ospitalità davvero rara.


Vorrei fare tanti nomi, ciascuno dei quali potrebbe regalarmi parole diverse. Il mio istinto sceglie Marani Ruispiris, vicino a Telavi, centro principale della Tachezia, Georgia orientale. Non a caso un’azienda biodinamica, secondo i miei orientamenti. Sono vini che danno forza alle mie idee, anche in regioni così lontane: mantengono quell’energia che solo la corretta dinamica tra microrganismi e ambiente permette di sperimentare. Non racconto di fiori o frutta, ognuno ha i suoi descrittori; testimonio il Grande sorso, la sete che non si accontenta di un bicchiere, ne chiama altri in un susseguirsi di scoperte, incontri inusuali, sempre diversi, accomunati solo dalla beva irrefrenabile. Mi piace raccontare questi vini come se fossi un georgiano, senza inutili riconoscimenti olfattivi e gustativi: semplicemente sensazioni. Piaccia o non piaccia, ‘niet burocratia’”.


Remo Pasquini



“Questo mese alla festa di Simone Fracassi ho assaggiato una delle migliori interpretazioni del pinot nero che si diano in Italia: una magnum di Pizzotorto 2010 dei Marchesi di Montalto, Oltrepò Pavese. È un vino che mi ha ricordato la Borgogna, come raramente accade, negli aromi e nella lunghezza, anche grazie all’annata stratosferica. Erano anni che non trovavo niente del genere in Italia. Secondo me l’enologo Fabrizio Marzi è un fuoriclasse”.


Giampiero Pulcini


“L’Umbria del vino naturale sta attraversando una fase di bella vitalità. Oltre alla realtà consolidata di Collecapretta, che dal mio punto di vista rappresenta un riferimento imprescindibile, prediligo due produttori il cui lavoro è estremamente stimolante: Francesco Annesanti e Marco Durante.


Il primo si trova a Casteldilago, una frazione di Arrone in Valnerina; zona assai fresca, di grande pregio naturalistico. Francesco dispone delle vigne piantate dal nonno negli anni ’50, accanto alle quali ne ha messe a dimora di ulteriori. Le varietà sono sangiovese, barbera, merlot, pinot nero, aleatico, trebbiano spoletino, grechetto e malvasia. La mano si distingue per il rigore abbinato a un’originalità espressiva che fuga alla radice ogni rischio di rigidità. Vini concepiti ‘in sottrazione’ eppure tutt’altro che freddi o dimessi. Le selezioni in anfora, prodotte in poche centinaia di bottiglie ogni anno, si distinguono per una qualità tattile di prim’ordine. Francesco è persona intimamente radicata ai luoghi che lavora, sentendoli al punto da restituirne il respiro; uno sperimentatore che ama introdurre di tanto in tanto delle intelligenti provocazioni tramite la reinterpretazione di pratiche tradizionali.


Marco Durante - che da vigneron si firma ‘Il Signor Kurtz’ - ha base operativa tra Piegaro e il Lago Trasimeno, su terroir di matrice speculare (pietrosa la prima, alluvionale la seconda). I vitigni utilizzati sono sangiovese, merlot, trebbiano spoletino, grechetto e qualche antica varietà locale pressoché scomparsa. L’operazione virtuosa sta nel recupero di vecchi vigneti sull’orlo dell’abbandono, appartenenti ad anziani contadini che non riescono più a gestirli. Ne scaturiscono vini lenti ma inarrestabili nella progressione gustativa, quasi ‘letterari’ nel saper evocare in modo colto un senso antico che non ha nulla di vecchio. I protocolli produttivi variano di vendemmia in vendemmia e di vino in vino; il fil rouge è rappresentato dalla nudità dei mezzi uniti alla cerebralità degli esiti. Le bottiglie di Durante/Kurtz non si svelano facilmente, ma una volta entrati in sintonia con la loro cifra stilistica se ne viene come irretiti. La trama ossuta abbinata alla generosità dello slancio tratteggia un profilo al tempo stesso arcaico e avveniristico”.


Andrea Vincenzi



“Dico Vigneti Massa, Colli Tortonesi. Per i Timorasso di grandi personalità e identità, pensando a una stagione come l’attuale, più propizia ai bianchi. Sono vini che esprimono con eleganza e precisione un varietale prettamente italiano, biologici ma non troppo carichi, provenienti da una zona non eccessivamente battuta”.

Wine Reporter

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