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Bottega Tredici, l’alta cucina artigianale nel cuore di Roma

di:
Massimiliano Bianconcini
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bottega13

Colti, sofisticati, attenti, i giovani chef Francesco Brandini e Roberto Bonifazi amano definirsi artigiani. In sala, Daniele Gizzi racconta i piatti e propone gli abbinamenti

La Storia

La Storia di Bottega Tredici


Bottega Tredici è stata per me un’epifania, scoperta per caso in via dei Falegnami, una strada lunga, stretta e centrale di Roma, dove è piacevole passeggiare senza meta, lasciando che lo sguardo vaghi pigro tra le botteghe del quartiere. Qui si incrociano passanti che s’incamminano al lavoro; o turisti asiatici affascinanti dall’atmosfera un po’ decadente della Roma secentesca. Da una parte il Ghetto con il bel Portico di Ottavia e via dei Falegnami a segnarne l’ideale confine; dall’altra, via delle Botteghe Oscure con Largo di Torre Argentina, il Teatro e la Feltrinelli. Il via vai di gente è continuo; e in questi luoghi dell’anima alle volte par di percepire l’intima essenza di “A’ une passante”, la splendida lirica di Baudelaire.

bottega tredici vetrina
In punta di piedi, Bottega tredici ha occupato il posto di uno storico ristorante romano. Il locale nasce da un’idea di Daniele Gizzi, che si occupa del servizio in sala, e di Francesco Brandini e Roberto Bonifazi, i due chef della bottega, che nel luglio 2018 hanno rilevato l’attività, aperta poi nel mese ottobre. “Siamo tutti amici da tempo e oggi finalmente soci - spiega Francesco Brandini -. Io e Roberto ci siamo conosciuti sui banchi del liceo classico e insieme abbiamo frequentato un corso di cucina. Poi durante una delle mie prime esperienze lavorative ho conosciuto Daniele Gizzi”.

staff bottega tredici
Abbiamo scommesso su questo luogo, che già dal nome vuole ricordare l’artigianato, perché noi ci sentiamo un po’ artigiani, come era qui una volta - aggiunge Daniele Gizzi, il più estroverso dei tre soci -. Il nome nasce per gioco. I civici delle nostre vetrine sono il 12 e il 14, nella via manca il numero 13. Noi l’abbiamo adottato sperando che ci porti fortuna. Il termine “bottega”, oltre a ricordarci il lavoro artigianale, richiama anche la vicina via delle Botteghe Oscure”.


I due chef insieme, nonostante siano giovanissimi, hanno alle spalle alcune esperienze importanti come quella con Roy Caceres, Ciro Scamardella, Casa Coppelle, il Margotta ristorante. Insieme hanno passato una stagione all’isola di Formentera, e poi, ciascuno per proprio conto, al ristorante “L’Officina” di Perugia (Roberto Bonifazi) e all’hotel Aman di Venezia (Francesco Brandini). La loro è una cucina curata. Una cucina gourmet, che si nutre dei grandi esempi italiani. Il loro sguardo spesso si sofferma su Massimo Bottura (Osteria Francescana), per il ragionamento che c’è dietro ogni piatto. Seguono con attenzione anche Enrico Crippa (Ristorante Piazza Duomo) per il ruolo che ricopre il vegetale nel piatto, Niko Romito per la predisposizione a mantenere i sapori assoluti e la cucina di Davide Del Duca (Osteria Fernanda), per il suo equilibrio tra una cucina ricercata e con uno studio ed un ambiente dinamico.


È chiaro quindi che nei piatti di Bottega Tredici nulla sia lasciato al caso. C’è cura nella selezione delle materie prime, nell’abbinamento delle stesse e nell’impiattamento. “Anche se un piatto ci è venuto bene, cerchiamo comunque di lavorarci sopra. Di migliorare sempre e di variare. Di cambiare. Guardiamo alla cucina di ricerca, alla cucina stellata, per questo non tralasciamo l’estetica del piatto. Anche i colori per noi sono importanti”, sottolinea Roberto Bonifazi.


L’aspetto che amano di più del loro lavoro è la trasformazione dei prodotti, delle materie prime. Trovare nuove soluzioni che portino ad una metamorfosi completa degli ingredienti di partenza. Per questo non utilizzano semilavorati. Tutto viene trasformato e ricreato in cucina compresi la pasta e il pane, per il quale utilizzano il loro lievito madre e farine di grani antichi del molino Riggi. È questa l’artigianalità che sta alla base della loro idea di cucina. La parola “bottega” quindi è un principio di poetica gastronomica. Per Daniele Gizzi, invece, la soddisfazione è quella di spiegare il lavoro fatto in cucina; la ricerca che sta dietro ad ogni singolo piatto. Il contatto con la gente. E poi, essendo anche un sommelier, ama trovare gli abbinamenti migliori che possano esaltare il vino e il piatto nel suo insieme. “C’è della positività nel dialogare con la gente e questo mi fa stare bene”, dice di sé.

Il Ristorante

Come accennato Bottega Tredici nasce dalle ceneri della storica trattoria Benito, che faceva della tradizione popolare un must e un vanto, rimanendo chiusa la sera e aprendo solo a pranzo. La destinazione d’uso dei due civici non è cambiata, così come i pavimenti, le pareti e i soffitti in legno di uno stabile che risale al Seicento. I tre soci proprietari hanno solo rinfrescato gli interni e gli arredi, conservando per buona parte anche le boiserie.


La cucina è al piano di sopra e si raggiunge da una porta esterna, per cui non c’è contatto con le due salette che accolgono un massimo di 46 coperti. Quindi nessuna cucina a vista e sfilate a fine serata degli chef. Ma del resto Francesco e Roberto non sembrano interessati agli applausi e ad essere al centro dell’attenzione. Quello che vogliono è far parlare i piatti per loro.


La sala quindi è il regno di Daniele Gizzi che propone ai clienti, una lista di poche etichette. Scelte con cura. “Siamo in una fase di partenza, siamo una start up, senza un vero storico alle spalle. Lavoriamo con pochi produttori e prediligiamo i vini naturali, non perfetti, ma che possono dare grandi soddisfazioni nel gioco con gli abbinamenti”. Un banco bar all’ingresso consente anche di presentare cocktail e una piccola scelta di distillati per il dopo cena. Insieme a lui ci sono Davide e Mitir. In totale sono in otto. Tre in sala e cinque in cucina.


In menù vige la regola del tre. Ogni piatto viene presentato attraverso i tre elementi principali che lo compongono. Gli altri vengono taciuti, perché possono variare e dare così libertà di creazione ai due chef. Un esempio valga su tutti: La zucca inverno e robiola, dove per inverno si intendono diversi elementi vegetali tipici del periodo invernale. In menù ci sono 5 piatti per categoria. Più un paio di proposte fuori menù. L’apparecchiatura è tradizionale e semplice allo stesso tempo, con tovagliette in ecopelle e il tovagliolo di stoffa.


La loro è una clientela prettamente italiana, medio alta, fatta di avvocati, medici, manager, insomma persone dell’alta borghesia (se questo temine ha ancora un senso). La domenica a pranzo c’è anche il turista. Sono tutte persone che vanno al di là del mangiare per il mangiare. Sono persone che cercano qualcosa di più nel piatto. “È la clientela che volevamo avere, persone che da una parte si affidano alle nostre proposte e che voglio provare cose nuove, amano sperimentare”.


Il menù comunque prova ad accontentare tutte le tasche, garantendo dei primi anche a 12 €, accanto a proposte dal prezzo più elevato, frutto di creazioni più intriganti, più complesse e dal food cost decisamente superiore. Non ci sono differenze tra pranzo e cena, anche se a pranzo ci possono essere, fuori menù, piatti meno impegnativi come Carbonara e pappardelle al ragù. 40 euro bevande incluse è la spesa media per persona.

I Piatti


Iniziamo da uno degli antipasti più richiesti e apprezzati dai clienti. Il Carciofo grana mentuccia che nasce da un’accurata pulizia del carciofo, cotto sottovuoto con un pesto alla romana, fatto con mentuccia prezzemolo e aglio. Viene servito su una spuma di grana padano, insieme con altri due spicchi di carciofo fritto dorato, ossia panato con uovo e grana padano, che lo rende croccante, servito con due versioni di mentuccia, una in polvere e l’altra in gel. L’ortofrutta è acquistata nei banchi di piazza delle Coppelle, uno mercati rionali più antichi di Roma.


Gli Gnocchi pecorino amatriciana è un altro piatto che piace molto e che è in menù dall’apertura. Gli gnocchi vengono fatti a mano con un impasto classico, stesi e ripieni con una crema di pecorino. Lo gnocco infatti viene chiuso come se fosse un raviolo e viene saltato con una salsa al pomodoro fatta dai due chef. Per realizzarla vengono cotte per due giorni alcune varietà, frullate e setacciate. Il guanciale per l’amatriciana, separato dal grasso, che sarà usato come insaporitore della salsa, viene poi passato al forno per renderlo croccante e aggiunto alla fine. Altra particolarità del piatto è il mix di pepi verde, rosa, nero e di Sichuan, le cui proporzioni sono state attentamente studiate.


Per lo Spaghettone acciuga mediterraneo la pasta è del Pastificio Mancini, uno dei migliori per la consistenza del prodotto. Viene realizzata una crema di pasta al cipollotto e colatura di alici, che viene poi saltata con olio alla santoreggia, un’erba tipica della macchia mediterranea. In pratica mantecano la pasta con la pasta, aggiungendo anche uvetta e pomodori disidratati. L’impiattamento viene completato con un crumble di pinoli, pane, santoreggia in polvere e acciughe del cantabrico. Un insieme di elementi tipici del mediterraneo.


L’Agnello cardoncelli spinaci fa parte della tradizione romana e quindi è impossibile non metterlo in menù e viene realizzato in doppia cottura. La spalla dell’agnello viene pulita, condita e cotta sottovuoto a basa temperatura per 24 ore. Poi viene pressata, piastrata per renderla croccante. Il carrè di agnello invece viene disossato e cotto a bassa temperatura con timo e aglio, piastrato e ripassato con il burro. Viene servito su una crema di spinaci acida e resa piccante dal peperoncino. Il cardoncello al naturale viene condito e arrostito al forno, quasi bruciacchiato. Il tutto viene guarnito con una salsa di fondo d’agnello, zenzero e scalogno.


Come dolce ci viene proposto l’ultimo entrato in carta, una rivisitazione della scomposizione del cannolo siciliano: Ricotta pistacchi e cioccolato. Si prepara una chantilly alla ricotta di bufala con pistacchi cristallizzati. Questi vengono cotti a 130°C in olio di semi e poi sabbiati in uno sciroppo di zucchero, portato a 119°C circa. Una volta sabbiati vengono messi sul fuoco fino a che lo zucchero non si cristallizza. Viene aggiunta una crema pasticcera al pistacchio, una salsa di cioccolato e una spugna, ossia del pan di spagna, sempre al cioccolato, per dare una base al dolce.

Indirizzo

Bottega Tredici

Via dei Falegnami, n 14 - Roma

Tel. +39 06.9211.8504

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