Acqua di mare e acqua dolce si sono incontrate in una cena di scoperta e dialogo, tra territorio dell’Emilia-Romagna e interpretazioni culinarie. A ospitarla, il ristorante Ancòra di Cesenatico, con un menu proposto dal Resident Chef Marco Garattoni e da Mattia Trabetti, Chef del ristorante Alto.
L'evento
A Cesenatico, tra le luci del porto canale, il ristorante Ancòra ha trasformato una idea in una serata che è diventata racconto e incontro di sapori, di territori. Una linea di pensiero che si sposa perfettamente con quella portata avanti da Agostino Iacobucci, titolare visionario di questo neostellato in terra romagnola e Chef dell’omonimo ristorante stellato a Castel Maggiore (BO). Proprio lui, che quando ha scelto di aprire questa attività lo ha fatto per ritornare vicino al mare, un ricordo delle sue origini, puntando sulle nuove generazioni, per dimostrare quanto anche la cucina giovane sia in grado di parlare senza timore con la tradizione.

E per guidarlo, lo Chef Iacobucci ha chiamato il talentuoso Marco Garattoni, affiancato da suo figlio e suo fratello. Una brigata che non supera i trent’anni, che guida e consiglia, lasciandola libera di esprimersi. “Io e Marco Garattoni ci siamo incontrati e ci siamo piaciuti. Mio figlio aveva terminato gli studi alla scuola alberghiera e, in quel periodo, cominciava a bazzicare il mondo della ristorazione. Mio fratello già lavorava nelle cucine, fresco di una esperienza alla Francescana. Ho unito questi ragazzi, ho chiesto loro se gli andava costruire un progetto con me, dicendo ‘ho gli strumenti, l’esperienza, la benzina. Se mi ascoltate potrete avere la stessa adrenalina di quando avevo la vostra età”.


E infatti, Ancòra è tutt’ora un luogo di incontro, di commistione che dialoga con la cultura e con la terra in cui ha scelto di realizzare questa storia culinaria. “Lavoriamo principalmente con il territorio, con le persone e le aziende che possono fornire un prodotto capace di fare la differenza. Elaboriamo la tradizione attraverso i prodotti locali. Un esempio, il Bottone che vuole diventare uno spaghetto alle vongole, ovvero ravioli che hanno lo stesso gusto e sapore di uno spaghetto alle vongole, ma che propongono una vesta inaspettata e nuova”, conclude lo Chef Iacobucci.

La cena
Far vibrare l’Adriatico e il fiume nello stesso piatto: questa è stata la vera sfida sulla quale si è sviluppata la cena a 4 mani che ha visto la cucina di mare dell’Executive Chef Marco Garattoni incrociare quella di acqua dolce dello Chef Mattia Trabetti, del ristorante Alto di Fiorano Modenese (MO). A perfezionare il percorso, portata dopo portata, gli abbinamenti in collaborazione con la Maison Champagne Drappier.


Un duetto gastronomico che ha fuso in un unico menu due visioni culinarie, due differenti interpretazioni che per una sera si sono unite parlando il linguaggio dei rispettivi territori ed elevando il concetto di materia prima con la volontà di incuriosire, di lasciare un messaggio, di emozionare. La scelta di Trabetti non è casuale: il suo lavoro sulle acque interne (fiumi, laghi) completa il racconto marino di Garattoni. “Sono storie che si abbracciano, non si scontrano”.


Garattoni ha così lanciato il guanto con un Flan di erbe amare, caviale di aringa affumicata e yuzu, e con Topinambur, capesante, nocciola, tartufo e limone; mentre Trabetti ha risposto con Salame e pesce gatto, e Fagiolini, pompelmo e bieta. I due chef hanno lavorato su cotture al vapore che sfioravano il crudo, emulsioni acide per smussare la grassezza delle carni di fiume. In sala, i commensali hanno scoperto che un gambero viola può dialogare con l’insalata russa, in un signature dish di Ancòra, dove i diversi elementi dell’insalata russa vengono presentati sottoforma di gel e non, in abbinamento a un cucchiaio di spuma agrodolce. E ancora, il già citato, Bottone - Ricordo dello spaghetto alle vongole, e Merluzzo di coffa, beurre blanc, uova di mare e agrumi.


“Abbiamo presentato dei nostri cavalli di battaglia, in un gioco fra tradizione, novità e divertimento, finendo con un dolce della casa dello Chef Iacobucci, il suo grande babà, un impasto soffice in tre lievitazioni, accompagnato da una panna morbida alla vaniglia”, sottolinea lo Chef Garattoni.

“In questa serata siamo riusciti a coniugare due interpretazioni differenti, dando valore a entrambe in egual modo – sottolinea lo Chef Trabetti – lato nostro, fin dall’inizio abbiamo cercato di lavorare sul territorio e sulle sue materie prime, soprattutto per quanto riguarda il pesce, quindi quello di acqua dolce. Trota, anguilla e salmerino, sono stati i protagonisti dei piatti, elaborati con prodotti locali come, ad esempio, l’alchermes con cui abbiamo marinato il rabarbaro così da impreziosire i sentori della Trota”. Tipicità, stagionalità e prossimità anche nelle sue creazioni, quindi, come nei Fusilli, sesamo, aneto e anguilla; o nel Salmerino, asparago bianco e cicoria.


Il risultato finale è stato quello della messa in scena di elaborazioni concettuali a confronto, di tecniche, geografie e interpretazioni, che in una sola cena sono riuscite a dimostrare quanto la cucina emiliano romagnola possa rappresentare non solo gusto, ma un vero e proprio laboratorio di cultura gastronomica.
