Green Pass: i big players assicurano che la loro squadra è già da tempo interamente vaccinata, da Luca Vissani ad Antonio Santini, fino a Riccardo Monco. Ma c’è anche chi confida di avere qualche renitente tra le sue fila. Ecco quali sono le opinioni degli chef sulle nuove direttive imposte dal governo.
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Ormai è cosa fatta: come era logico aspettarsi, l’utilizzo del green pass diventerà presto obbligatorio anche per il personale della ristorazione, sanando l’illogico vulnus nei confronti della clientela, già tenuta a presentare la certificazione verde. L’ufficializzazione è attesa per la prossima settimana, l’avvio nel mese di ottobre, in modo da lasciare ai ritardatari qualche margine per mettersi in regola, in contemporanea con le categorie finora escluse fra i dipendenti pubblici.Di fatto, almeno nelle alte sfere, la decisione dovrebbe cambiare ben poco. I big players assicurano che la loro squadra è già da tempo interamente vaccinata, da Luca Vissani ad Antonio Santini, fino a Riccardo Monco dell’Enoteca Pinchiorri. Il quale commenta: “Qui da noi il personale è vaccinato e bivaccinato. Abbiamo tutti il green pass, credo che sia una cosa dovuta per educazione e perché lo ritengo necessario. Al pari degli operatori sanitari lavoriamo con il pubblico, è giusto tutelare noi stessi in primis e poi tutti i nostri clienti. Non vedo dilemmi che giustifichino il polverone mediatico. Abbiamo 50 dipendenti e nessuno si è tirato indietro: saranno tutti autorizzati a continuare a lavorare all’Enoteca”.
Ma c’è anche chi in camera caritatis confida di avere qualche renitente nelle sue fila: “Non posso fare altro che attendere un ordine governativo definitivo. Credo che il governo dovrebbe farsi carico di certe decisioni”, afferma. Lasciando intuire che troverebbe più onesto optare per l’obbligo vaccinale, anziché percorrere impervie scorciatoie.
La Sicilia resta il fanalino di coda, come si rammarica Pietro D’Agostino della Capinera di Taormina. “Sono stato sin dal primo momento favorevole al green pass, perché le nostre attività non avrebbero potuto permettersi nuove chiusure e battute di arresto. In ogni caso sono ben contento di poter fare la mia parte e resto convinto che il vaccino non sia una scelta, ma un obbligo morale.
Chi entra in ristorante deve essere vaccinato per l’incolumità degli altri. Per quanto riguarda i miei locali, La Capinera e Kistè, anche chi lavora con me deve essere vaccinato. I numeri dimostrano che l’impennata dei contagi e dei decessi riguarda purtroppo soggetti non vaccinati. La linea da seguire è quella della prevenzione, dei controlli serrati, della corretta informazione. In Sicilia siamo stati costretti a entrare in fascia gialla. Non vorremmo arrivare alla fascia arancione. Sarebbe un disastro”.
Il rischio è anche quello di dover chiudere qualora si verificassero in brigata casi di positività, dai quali peraltro la vaccinazione, ormai è acclarato, non fornisce uno scudo totale. Nikita Sergeev dell’Arcade di Porto San Giorgio è uno di quelli che hanno dovuto chiudere per questo, anche se ha riaperto da tempo.
Matteo Aloe, della catena di pizzerie Berberè, nutre invece qualche perplessità. “Dopo quasi due anni di difficoltà, questa sarà un’altra problematica da gestire. E non va trascurato che il settore è in difficoltà con la forza lavoro per svariati motivi, per cui le aziende vanno ancora più in sofferenza. Ma l’unica cosa che vogliamo è lavorare, in sicurezza per i clienti e per i dipendenti; se può servire a scongiurare chiusure, cercheremo di persuadere chi non è ancora convinto.
Abbiamo condotto una survey interna qualche settimana fa: su 160 dipendenti, ne avevamo 20 che non erano vaccinati e 8 che non avevano intenzione di farlo. Verificheremo le loro intenzioni attuali e capiremo come procedere. Non è certo di nostro auspicio rinunciare a lavoratori formati e professionali a causa di scelte personali che è difficile giudicare.
Nei ristoranti vigono già il distanziamento e l’obbligo di mascherina, un cameriere in questo modo difficilmente può infettare; oltretutto se ha sintomi non entra, ma viene messo in quarantena con i suoi contatti. Sono curioso di vedere come vanno le cose a Londra, dove non c’è più nemmeno l’obbligo di mascherina”.