Saper cucinare aiuta fino a un certo punto: oggi, se uno chef raggiunge il successo, è grazie al sapiente uso dei social e alla partecipazione ai programmi televisivi. Così la pensano numerosi cuochi stellati, da Christian Le Squer a Hélène Darroze. Ecco le loro opinioni al riguardo!
La notizia
In Italia ancora si storce il naso: la tv somiglia a un refugium peccatorum per vecchie glorie più interessate al cassetto che alla gloria e, almeno per il momento, non agevola di certo i riconoscimenti da parte delle guide, animate da un certo moralismo. Tuttavia, nella vicina Francia, patria dell’alta gastronomia e della Rossa, le cose sembrano aver preso una piega diversa.C’è per dire una strana coppia, formata da Christian Le Squer, tristellato presso il Cinq del parigino George V, e Jean Imbert, fenomeno mediatico rimbalzato dal piccolo schermo agli ori del Plaza Athénée, dove ha rimpiazzato addirittura Alain Ducasse. I due si sono conosciuti proprio in televisione: era il primo a formare il secondo per la finale, poi vinta, di Top Chef. Da lì è nata un’amicizia ricca di scambi. Imbert, per esempio, ha aiutato Le Squer a impostare nel modo migliore il suo account Instagram.
“Un cuoco che resta in cucina e non è ’instagrammabile’, non è più competitivo. Un ristorante non può vivere senza comunicazione. Siamo talmente tanti...”, riflette oggi Le Squer. “Prima i cuochi venivano cercati nei concorsi di cucina, se eri Meilleur Ouvrier de France avevi un futuro. Ora si passa per la televisione”. A suo giudizio, forse, Ducasse non ha trovato il suo pubblico su Instagram.
Philippe Moreau Chevrolet, che cura la comunicazione di grandi chef, commenta così la clamorosa sostituzione: Ducasse è l’uomo dei grandi concetti, ma è carente di narrazione. Invece Imbert racconta continuamente storie familiari, personali o professionali, in parole, immagini, video, selfie o stories. “I clienti vanno ancora in un palace per la ‘naturalité’ a tre stelle Michelin griffata Ducasse? Oppure perché Bella Hadid si fa un selfie in cucina?”.
Di fatto le trasmissioni che un tempo erano puro intrattenimento, oggi agiscono come un trampolino di lancio per giovani cuochi, che finiscono per farsi strada e raccogliere allori. Come nel caso di Mory Sacko, oggi stellato al suo Mosuke, tempio dei sapori dell’Africa nera, senza per questo abbandonare la televisione, dove conduce una trasmissione tutta sua. Oppure di David Galienne del Jardin des Plumes a Giverny, una stella Michelin, che vincendo Top Chef è passato da 5mila a 50mila follower. Un successo che continua ad alimentare via post, con le lezioni di cucina tenute durante il confinamento e un concorso a premi di foto di piatti. “I social fanno ormai parte degli strumenti per farsi conoscere ed esistere”, racconta. “Bisogna stare al gioco, anche se può essere pericoloso. È necessario misurare le parole, può essere utile ma anche dannoso. Si tratta di un vero e proprio mestiere e in futuro penso di delegarlo totalmente”.
Nemmeno i giurati si possono lamentare: Hélène Darroze, i cui candidati hanno trionfato per due stagioni di seguito, ha finalmente ottenuto la tanto agognata terza stella nel suo ristorante londinese e la seconda al parigino Marsan. “Questo concorso attira sempre più giovani talenti”, ha dichiarato. “Sono stupefatta, hanno tutti il loro agente. Io non ce l’ho mai avuto”. La professione di cuoco, argomenta, esce valorizzata dalla mediatizzazione, che la conduce fuori da un binario morto.
Fonte: francesoir.fr
Foto di Copertina: Crediti Eddy Brière