“Licenziai un cuoco per aver buttato via 200 grammi di fagiolini: li avevo conservati con cura in frigorifero per reimpiegarli in un piatto. Oggi non ho più questo approccio militaresco”.
Dall’ossessione per la stella al benessere nel piatto: la nuova vita di Xavier Pellicer
C’è stato un tempo in cui Xavier Pellicer era l’ombra dei suoi maestri: un sergente di ferro capace di punire un collaboratore per aver sprecato mezza arancia. Oggi, quello stesso chef è il volto della cucina biodinamica e del benessere digestivo. Nel nuovo episodio del podcast “Stay for a Meal”, Pellicer si mette a nudo, raccontando una metamorfosi che va ben oltre i fornelli.
Il dogma della salute: oltre il sapore
Oggi il mantra di Pellicer non è più solo lo stupore estetico, ma il "piacere della digestione". Influenzato dalla filosofia Ayurveda e dall'agricoltura biodinamica, lo chef catalano ha riscritto le regole della sua cucina: prodotti stagionali, carichi di energia vitale e rigorosamente locali. "Evito il transgenico e l'idroponico," spiega nel discorso riportato qui da La Vanguardia, sottolineando come l'orto di Barcellona sia diventato il suo santuario. La missione attuale? Cucinare piatti che nutrano il corpo senza appesantirlo, trasformando il pasto in un atto di equilibrio psicofisico.

Il peso dei premi e il coraggio di voltare pagina
Riflettendo sul sistema frenetico delle classifiche e delle guide, Pellicer lancia un messaggio ai giovani cuochi: la gloria non è l'unica via. Pur avendo sfiorato la terza stella all'Àbac e vissuto l'epoca d'oro di Can Fabes, oggi valorizza una visione più umana della professione. "È bello sognare i premi, ma è altrettanto nobile creare un locale di quartiere che offra cibo onesto, permettendo al contempo di avere tempo libero per sé stessi e lavorare cinque giorni a settimana", afferma, contrapponendo la qualità della vita all'ambizione cieca.

Il passato "militare" e l’eredità dei maestri
Guardando indietro, Pellicer riconosce di essere stato un uomo diverso. Formatosi sotto l'ala di giganti come Jacques Maximin — l'uomo che ispirò Ferran Adrià con l’idea che "creare non è copiare" — lo chef ha vissuto l'epoca delle cucine-caserma. Ricorda i turni massacranti di 16 ore e la disciplina ferocissima di Maximin, che beveva pastis liscio mentre controllava ogni dettaglio. In quel clima, Pellicer ammette di aver applicato una "legge del taglione" distorta: "Controllavo i bidoni della spazzatura. Se qualcuno buttava un prodotto integro, lo punivo. Licenziai un cuoco per aver buttato via 200 grammi di fagiolini: li avevo conservati con cura in frigorifero per reimpiegarli in un piatto". Oggi mantiene il rispetto sacro per la materia prima, ma il rigore è diventato consapevolezza, non più rabbia.

Radici, spezie e ricordi dolorosi
La passione di Xavier nasce da un mix culturale profondo: una madre biologa francese, che ha mantenuto vivi i sapori della sua terra, e una nonna segnata dalla guerra d'Algeria che gli ha trasmesso l'amore per le spezie e l'esotismo. Il suo percorso è però segnato anche da ferite mai del tutto rimarginate, come la morte dell'amico e mentore Santi Santamaria. Pellicer ricorda con commozione l'ultima notte passata insieme a chiacchierare, prima della scomparsa dello chef di Can Fabes e del successivo, amaro declassamento del ristorante: "Togliere la terza stella subito dopo la sua morte fu un'ingiustizia". Xavier Pellicer oggi non è più il "carceriere" delle arance, ma un uomo che ha trovato la pace nel rispetto dei cicli della terra e nella cura dell'ospite, dimostrando che in cucina — come nella vita — l'evoluzione è l'unico vero ingrediente segreto.