Mondo Vino

Clos de Goisses, il mito incompreso tra i grandi de La Champagne

di:
Roberto Mostini
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clos de goisses

La Storia

Mi lascia curiosamente stupito lo storico atteggiamento tiepido ora e freddino nel recente passato da  parte della critica francese nei confronti di questa nobile casa che fa di nome Philipponnat, la cui fama è sicuramente più consolidata in Italia che in Francia, anche grazie al carisma dell'importatore. Piazzisti di etichette che ti parlano di brand, di packaging, di family feeling si occupano di altro, di vini di moda periodica che si bevono ghiacciati per non sentire i difetti e che infestano nicchie di mercato semplicemente facendo leva sulla maniera di spiegare tutto di un vino senza parlare del vino stesso. Questa invece è una cosa seria da versare, osservare, annusare e poi bere, magari anche ad una temperatura che delegheresti ad un pinot noir.


Clos de Goisses è un mito oscuro tra i miti consolidati come Clos de Mesnil di Krug e Vieilles Vignes de France de Bollinger, salvo costare molto di meno,  forse anche perché è il più grande dei Clos de la Champagne con i suoi 5,5 ettari. Piazzato su quella collina dal curioso profilo che ricorda incredibilmente la forma riflessa della medesima bottiglia utilizzata. Terroir vitato a grande maggioranza di pinot noir, percentuale che si ritrova anche in bottiglia. Produzione limitata dalla selezione rigorosa fra le uve di 15 parcelle di una sola vigna, raccolte, pigiate e vinificate separatamente. Bottiglie? Circa 20.000.


Il resto della produzione risulta molto articolata (una decina di vini diversi), ma quanto a numeri di flaconi messi in commercio non supera i limiti della media maison de la Champagne dove non sono poche quelle che superano la considerevole cifra del milione di bottiglie. Qui ci si ferma attorno alla quota di 700.000 con una gamma di buoni o ottimi prodotti proposti, millesimati o in cuvée, in bianco o rosè.


Ricorderei la 1522 creata per commemorare l’anno in cui la famiglia si trasferire nel comune di Ay, ricavata da grand cru per il bianco e da premier cru per la versione rosè. Ottimo lavoro eseguito anche per Grand Blanc (Blanc de blancs) e il Reserve (cuvèe con parecchio pinot noir) entrambi millesimati quando le annate lo consentono. Se no rimangono, ecco i piacevolissimi reserve rosè o la cuvèe Moon, all’altezza delle aspettative richiamate dal blasone della Maison. E per finire due chicche originali.


Il primo è il Sublime, blanc de blancs millesimato leggermente dolce, un “sec” dagli aromi di frutta bianca matura miele e limone candito, 100% Chardonnay derivati dalla celebre Côte des Blancs (Cramant, Le Mesnil-sur-Oger, Vertus), vinificati in modo tradizionale senza l'uso di legno, parzialmente senza fermentazione malolattica. Invecchiamento prolungato sui lieviti in bottiglia, alla temperatura costante delle cantine Philipponnat.


Il secondo è rappresentato dal Clos de Goisses rosè, 30% Chardonnay e 70% Pinot Noir. Produzione limitata dalla selezione rigorosa fra le uve di 15 parcelle di una sola vigna. Vino importante e per me  indimenticabile, l’ultima cosa  che ho bevuto insieme a Madame Leroy anni fa all'Ambasciata di Quistello e da li raccogliere e mettere in archivio la sua celebre domanda affermazione: ” Mais pourquoi mettre des bulles dans le bon vin?” Inoubliable , Lei e il Clos de Goisses rosè !


Oggi le annate più coinvolgenti - e neppure troppo costose - potrebbero essere la 1989 e la 1990, che, chissà che evoluzione hanno avuto nel tempo. Ogni bottiglia sarà diversa, ma è bello così, sperimentando per una volta NON un grande Champagne monovitigno ma un insieme di vitigni che si sono trovati così bene insieme, su quella collina a forma di bottiglia che si specchia sull'acqua.


Chiudendo con una nobile citazione? "Nel cuore dei Premier e Grand Cru la nostra Casa è orgogliosa di possedere 20 ettari dei più bei vigneti di Pinot Noir sul territorio di Mareuil, Ay, Mutigny e Avenay, tutti magnificamente esposti a sud e inseriti sulla  craie pura, e degli antichi e celeberrimi vitigni del “Clos des Goisses” e del “Lèon”. Le nostre vinificazioni sono le più naturali possibili. Pensiamo che la buona enologia debba essere molto poco interventistica. Le temperature di fermentazione sono fresche, ma non troppo basse, in modo da conservare una espressione aromatica naturale. La fermentazione malolattica è condotta a termine, salvo per i vini molto potenti, come il Clos des Goisses. I nostri dosaggi sono sempre bassi, in modo che lo zucchero non possa mascherare l’equilibrio tra freschezza e vinosità."Charles Philipponnat

Wine Reporter

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