Mondo Vino

Master of Wine: ecco i “3 moschettieri” del vino italiano, unici con il titolo mondiale. La nuova sfida "Salt West"

di:
Ludovica Errante
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copertina master of wine italiani

Che cosa succede quando un comunicatore, un manager ed un enologo -unici detentori italiani del prestigioso titolo Master of Wine- decidono di affrontare insieme l'ennesima sfida? I nostri “Tre Moschettieri”, Gabriele Gorelli, Andrea Lonardi e Pietro Russo, dopo aver conquistato Londra sono protagonisti di una rinnovata avventura.

Crediti fotografici dei ritratti @“Mamma Jumbo Shrimp” 

Da Londra a Marsala: “Salt West” e il suo territorio

Mulini a vento, cumuli di sale, acque rosate e cieli tinti di arancio sono il set di questo piccolo pezzo di Sicilia definito dagli Arabi “porto di Dio”. Nulla di forzato nella definizione, perché lo Stagnone di Marsala è annoverato fra i tramonti più belli del mondo e fa parte delle mete imperdibili del 2025 secondo il New York Times. Ci troviamo nei pressi dell’antica Lilibeo, la città di Marsala è alle spalle della Riserva dello Stagnone, mentre all’orizzonte si intravedono le Isole Egadi. A comporre questo carismatico scorcio di natura e storia di vino troviamo le quattro isole dello Stagnone: Santa Maria, Schola, l'Isola Grande (o Isola Lunga) e Mozia. Una delle riserve naturalistiche più importanti per ecosistema di tutta Europa e la più estesa area lagunare del Sud Italia, nonché particolarmente rilevante nel vecchio continente per la biodiversità.

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In una regione che soffre la siccità, quella dello Stagnone è una zona preziosa, un territorio dalla storia vitivinicola antichissima, che risale all' epoca fenicia, bonificata dagli Spagnoli e resa celebre dagli Inglesi -ma con un potenziale, ad oggi, ancora non completamente espresso. Protagonisti, luoghi con specie uniche di flora e di fauna, che si fondono con la bellezza storica del territorio, custode anche di siti archeologici. Vigne che affondano le radici direttamente sul mare, e poi la salinità, il costante scirocco, la raccolta del sale di notte e un panorama che ne fa uno dei luoghi più “instagrammati”. Il sole, il sale e il suolo sono tra i principali attori di questo “profondo e affascinante West siciliano”.

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 Ed è proprio il caso di dire che anche questa volta i nostri tre MW hanno avuto fiuto. “Marsala, con la sua storia vitivinicola e lo straordinario contesto-cartolina della Riserva Naturale dello Stagnone – rimarca Gabriele Gorelli – è una destinazione iconica. Qui le viti radicano letteralmente a pochi metri dal mare, ma sono le falde di acqua dolce che si insinuano dal plateau calcareo a nutrirle. Il paesaggio è unico: laguna, saline, isole sullo sfondo, la suggestione dei mulini.”

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Stiamo parlando di “Salt West”, un manifesto ed un progetto di rilancio e di restituzione che interessa il terroir dello Stagnone di Marsala. “I nostri studi e la nostra esperienza professionale - dice Andrea Lonardi – ci portano ad immaginare che lo Stagnone possa certamente ricalcare modelli virtuosi già sperimentati con successo in altre parti del mondo, come la valle del Douro in Portogallo, o in quella del Maule, una delle più grandi regioni vitivinicole del Cile”. Due parole, un sigillo, un cappello sotto il quale racchiudere un luogo (la zona del sale più ad ovest), un progetto, una destinazione. Sono 700 ettari di vigneto di varietà grillo, cataratto e inzolia.

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Un'area protetta con un patrimonio di vecchi impianti da biotipi specifici, vigneti a sfioro sul mare, un mare con profondità sempre molto bassa e con una grande concentrazione di sale: “Il bello di questi luoghi è che qui il sale è un prodotto agricolo, non un prodotto industriale. Qui il sale si coltiva, - ama ricordare Gabriele Gorelli - si fa viticoltura in barca”. Un'espressione metaforica che esprime quanto si è più vicini al mare che alla terra. I suoli sono sciolti a tessitura sabbiosa con un plateau calcareo su cui poggia la parte vitata, tutta la parte lagunare di sabbie compresse con la presenza di una falda freatica e poi il “Reef di Marsala”.

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“Officina del vento”: il vino manifesto dei Master of Wine italiani

Un territorio capace di offrire vini peculiari, come hanno dimostrato i tre MW con la loro creatura, il Grillo Sicilia Doc 2023 “Officina del Vento”: solo 4170 bottiglie, frutto della loro “vigna manifesto” che fa parte di questo progetto. Un vino dalla fedele lettura territoriale, che disegna il futuro di questa zona. I tre MW lo hanno prodotto da ambasciatori del vino e del territorio, dedicandosi a tutte le fasi della produzione, dalla potatura alla vendemmia, fino alla vinificazione. Se chiudiamo gli occhi, degustandolo, già al naso veniamo immediatamente catapultati in questo angolo di paradiso; in bocca emerge subito la parte salina e salmastra allo stesso tempo, con le erbe mediterranee e l'agrume. Un vino fine e teso, di grande eleganza ed artigianalità: non a caso è prodotto con basso uso di tecnologia.

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“Sentiamo forte la necessità - afferma il marsalese Pietro Russo- di richiamare l'attenzione su una zona che ha un potenziale enologico eccezionale ed elementi identitari straordinari per storia, contesto naturale, peculiarità del terreno. Abbiamo scelto di acquistare dei vigneti qui e di dimostrare sul campo quale sia l'attrattività che questa porzione di territorio può liberare per divenire una destinazione enoturistica ed esperienziale di alto target. Un luogo che già gli inglesi, impegnati negli scambi commerciali tra Marsala e l’Inghilterra, avevano valorizzato”.

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L' “Institute of Master of Wine”: l’istituto enologico più esclusivo al mondo

E dopo aver parlato dell’ambizioso progetto “Salt West”, è doveroso spendere qualche parola su cosa sia un MW e chi siano i soli tre italiani che possono fregiarsi di questo titolo. Si tratta del più alto riconoscimento nel mondo del vino, rilasciato dal britannico Institute of Master of Wine, l’istituto enologico di maggior rilievo al mondo (ad oggi conta poco più di 400 persone in 31 Paesi). Potremmo dire che un Master of Wine è un “critical thinker” con una preparazione a 360 gradi in questo settore.

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I tre moschettieri e le “Olimpiadi del vino”: bootcamp e degustazioni alla cieca

Per arrivare sul podio di queste “Olimpiadi del vino” bisogna affrontare un percorso multidisciplinare fatto di tre livelli, che includono prove pratiche e teoriche e un progetto di ricerca individuale finale. Quindi degustazioni alla cieca di bottiglie provenienti da tutto il mondo, saggi di viticultura, enologia, marketing, controllo di qualità e giornalismo. Ed è proprio questo il percorso che hanno affrontato questi tre “moschettieri”, un vero e proprio percorso ad ostacoli. Ma chi sono?

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Gabriele Gorelli è stato il primo a tagliare il nastro nel 2021 e a rompere finalmente il tabù italiano, accreditando il nostro Paese a livello internazionale. Gabriele il vino ce l'ha nel sangue: è nato nella terra del Brunello e vuole trasmettere, grazie alla sua formazione umanistica, il grande sforzo della produzione, raccontando non solo quello che è nel bicchiere, ma anche la galassia che è al di fuori. È un comunicatore o, meglio, un “umanista”, appunto, come ama definirsi, un ambasciatore a livello internazionale. Per Andrea Lonardi, che ha raggiunto l'ambito traguardo nel 2023, il vino non è esclusivamente un ruotare il bicchiere, degustarne il contenuto ed indovinare la provenienza. Il vino è anche pensare al futuro stilistico, economico, sociale e produttivo del settore. Lui è il manager dei tre, veneto, che vanta un curriculum di tutto rispetto. Laurea in agraria, Master alla Grande Ecole di Montpellier, un tirocinio con la Washington State University e numerosi stage formativi in rilevanti regioni vinicole come Languedoc e Sonoma.

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Ed infine Pietro Russo, siciliano, è il primo enologo italiano ad ottenere il prestigioso riconoscimento. Incarna pienamente la figura dell'enologo moderno, non solo pipette, botti e fermentazioni, ma anche tutto il resto che è fuori della cantina. Ha raggiunto i suoi colleghi lo scorso anno dopo un percorso cominciato nel 2014. Formatosi tra Conegliano ed Asti, ha continuato con studi a Montpellier e Bordeaux. E in seguito un po' di giri per il mondo in Languedoc, Spagna, Bordeaux, Toscana e Nuova Zelanda, per ritornare poi nella sua Sicilia.

Wine Reporter

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