Da una grande cantina all’enologia itinerante, il sogno di AMProject di Andrea Moser: arrivano i temporary wines, prodotti in edizione limitata cambiando spesso regione, vitigno e anche vinificazione.
Il progetto
La sua prima idea era quella di diventare un cuoco, poi ha cambiato idea e probabilmente la scelta è stata ancora più giusta. Andrea Moser, enologo classe 1982, nasce infatti a Mezzocorona: “Papà ha frequentato Enologia a San Michele all’Adige, insieme a personaggi del calibro di Mario Pojer e Silvio Jermann, poi ha dovuto abbandonare a causa della scomparsa precoce di mio nonno. In ogni caso il pallino gli è sempre rimasto e così mi ha avvicinato al mondo del vino fin da piccolo, invitandomi poi ad avvicinarmi alla scuola di San Michele, finché mi è sbocciata la voglia di frequentare quel corso.”
Si trattava del corso S, ovvero speciale, perché allora erano sei anni più tre di specializzazione: “Dovevi volerlo fare, adesso Enologia è diventata un po’ fighetta, ma allora siamo partiti in ventitré e arrivati in fondo soltanto in otto. Eravamo tutti molto legati tra noi, anche tra classi diverse; e ci sentiamo tutt’ora, perché si creava un bel clima ed era un ambiente che ti aiutava a crescere, quasi come fossimo in un campus americano.” Così, dopo un paio di esperienze importanti, prima con Franz Haas e poi con la cantina di Caldaro-Kaltern, la più grande cooperativa vinicola dell’Alto Adige, l’enologo trentino, a suo tempo nei quaranta under quaranta della rinascita del vino in Italia per Fortune, si è inventato AMProject, una strada fuori dal comune per produrre etichette sue insieme al fratello Luca.
“Seguivo come consulente altre cantine che d’accordo con l’azienda non avevo lasciato, a Caldaro ho fatto nascere il progetto XXX (vini decisamente fuori dal coro, n.d.r.) e non volevo gettare al vento le tante prove che avevo fatto, così ho creato qualcosa di differente in cui esprimermi.” In che cosa consiste, quindi, la nuova realtà di Andrea Moser? Tutto ruota intorno a vino e comunicazione, di cui lui sta diventando esperto. Nel suo nuovo sito si legge: “(...) avevo da tempo in mente qualcosa che spezzasse il classico e canonico processo con cui si fa vino. Lavoreremo di volta in volta nei luoghi che sceglieremo o che per elezione ci hanno scelti, per produrre ogni anno dei vini unici, completamente non convenzionali ma fortemente territoriali. La vinificazione avverrà in Alto Adige, ma non solo, con le attrezzature migliori per l'obiettivo che ci siamo prefissati. Saranno vini senza rete di sicurezza, del cuore: ogni anno cambieranno e racconteranno luoghi, territori, persone, vitigni e idee.”
Temporary wine, quindi, perché cambieranno spesso regione, vitigno e anche la vinificazione. Si tratterà di edizioni limitate, acquistabili solo in pre-ordine e i vini saranno spediti soltanto nei mesi freddi per preservarne al meglio le caratteristiche. Andrea ci spiega che alcuni di essi saranno un’evoluzione dell’annata precedente e sulle stesse vigne, in modo da dare continuità alla ricerca e al lavoro svolto. In parte saranno dedicati ad alcuni ristoranti che li riserveranno a un abbinamento ad hoc con piatti signature, frutto degli accordi tra Moser e gli chef.
Il vino
Flow è il nome del primo temporary wine che sarà un bianco, avrà uve toscane e sarà disponibile in pre-ordine da questo ottobre. “In Toscana c’era l’usanza di coltivare vigne miste anche per ‘alleggerire’ il Sangiovese. Si è andati avanti fino agli anni sessanta dello scorso secolo e poi la pratica è stata abbandonata.” In questo caso però si parla di un vigneto vecchio di ottant’anni rimasto abbandonato per circa la metà della sua vita e sottratto al bosco. Ci si trova ad Anghiari, in provincia di Arezzo nella Val Tiberina, dove nasce il Tevere, a circa 450 metri sul livello del mare su terreni di argilla rossa: sono proprio l’altitudine, le temperature più fresche e la particolare ventilazione che consentono di ridurre al minimo gli interventi in vigna e a rendere quest’area, fino a poche decine di anni fa troppo fredda, ideale per coltivare la vite.
Su questi due ettari e mezzo Andrea Moser ha realizzato con la proprietaria Paola De Blasi un grande rosso come Beba99, in produzione dal 2019 in tremila bottiglie. Le varietà a bacca bianca per il Flow sono invece Trebbiano, Vermentino, Malvasia bianca, Canaiolo bianco e un altro cinque per cento di altre non ancora identificate: “Il bello di lavorare su vigne così antiche è anche questo: avevo iniziato a ‘coccolarle’ e la vendemmia del 2022 è stata quella giusta e mi sono deciso a fare questo vino.”
La vinificazione, vista le sole settecentoventisei bottiglie previste, è avvenuta in Clayver da 2 ettolitri, con una macerazione prefermentativa dell’uva, diraspata e pigiata, di circa 5 giorni. Il mosto è stato di nuovo travasato in Clayver e in due caratelli di Carmignani (botticelle per il vin santo, una nuova e una usata) per la fermentazione. L’affinamento sui lieviti è durato a lungo, con due soli travasi, uno dopo la macerazione e uno il 22 luglio 2023, quando il vino è stato assemblato prima dell’imbottigliamento, tre giorni dopo. Racconta ancora Andrea: “Vogliamo che il vino rispetti il territorio e sia autentica espressione di questa vigna recuperata e salvata dal bosco. C’è stata un’oculata gestione, e gli interventi in cantina sono stati dettati solo dalla necessità, evitando ogni pratica non indispensabile. In vigna l’approccio è sempre stato lo stesso: rispetto. Al di là di ogni possibile certificazione, lavoriamo sul buon senso e sull’idea di rovinare il meno possibile l’uva e la pianta e lasciare il terreno migliore di come l’abbiamo trovato.”
Va da sé che Flow non l’abbiamo ancora assaggiato, ma se pensiamo al terroir da cui arriva - che ha dato vita a un piccolo capolavoro come Beba - e alla mano di chi l’ha realizzato, è facile prevedere che come minimo sarà un vino altamente seducente. Anche la veste grafica dell’etichetta sarà particolare, perché la sua realizzazione è stata affidata a Serena Barbieri, artista italiana che vive a Porto e realizza dipinti, disegni, collage e ceramiche con forme geometriche di base: “Ha interpretato per noi i nostri valori fondativi, trasformandoli in forme semplici come il quadrato, il cerchio, il triangolo, il rettangolo, le linee rette e curve: elementi di base che si fondono, si accoppiano, si distaccano, si ricombinano e si organizzano, per creare una costruzione di senso che dia vita ogni anno a un nuovo racconto e a nuovi sistemi visuali, che partono dalle stesse solide basi con infinite possibilità. Esattamente come succede per il vino.”