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Le Pupille e la sfida di Elisabetta Geppetti: Lady Morellino si racconta

di:
Luca Gardini
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Copertina Le Pupille

Le Pupille

L'azienda


La viticoltura, nei casi migliori, è un fascinoso viaggio a ritroso alla scoperta di sé stessi, e accidenti se non è affascinante la storia di Elisabetta Geppetti de Le Pupille. Per capire il percorso di quella che fu ribattezzata Lady Morellino, peraltro, (che, per quei pochi che non lo sapessero, è stata la prima donna a vincere l’ambitissimo premio Winemaker of the Year, nel 2006) è necessario un fast backwards alla fine degli anni ’70, quando una giovanissima studentessa grossetana con la passione per la letteratura incontra Stefano, che di lì a poco sposerà.


Un paio di anni dopo, sventuratamente, il suocero Alfredo detto Fredi viene a mancare. Per gli strani casi della vita, paradossalmente, quella è la scintilla: la passione embrionale di Elisabetta per il vino ha modo di incarnarsi nel sogno di Pereta, una fattoria di proprietà della famiglia del marito che Alfredo aveva già voluto adibire in parte, per poco più di 2 ha, alla viticoltura. Tutti, in zona, chiamano la tenuta “Le Pupille”, per la presenza di due casolari identici, collocati su due poggioli attigui. Proprio come pupille a fissare l’arco del cielo. In quei tempi la viticoltura nel grossetano è un’idea appena sbozzata, costellata di grandi latifondi, agricoltura di sussistenza e pochissimi produttori in proprio, anche se già dal 1978 esiste la DOC Morellino, cui Le Pupille iscrivono, tra i primissimi, i vigneti.


Sono gli anni di un incontro che segnerà la vita professionale di Elisabetta, quello con Giacomo Tachis, a fianco di Alfredo fin dagli esordi, enologo di importanza capitale, tanto da essere considerato il fautore della rinascita vitivinicola toscana. Insieme a lui prende corpo il progetto de Le Pupille, che nasce ufficialmente nel 1985. “Erano anni pionieristici, non c’è che dire,” dice Elisabetta.


I produttori si contavano sulle dita di una mano, non c’era assolutamente idea del potenziale vitivinicolo di questo territorio. Anche se devo dire che il clima era favorevole, c’era molto entusiasmo e l’unico limite che avevo, a quei tempi, era la giovane età e l’inesperienza, oltre che i mezzi limitati. A quei tempi paradossalmente nessuno si formalizzava se una donna era a capo di una cantina. Anzi, forse in parte era un vantaggio. Dopo lo scandalo del vino al metanolo, tutti avevano una gran voglia di ricostruire il movimento dalle sue fondamenta.” Facile da capire. Tuttavia, anche se il Morellino, per il territorio di Scansano, è una tradizione, coltivato, da quello che si sa, da millenni, la tipologia è lontanissima dall’affermarsi. Elisabetta, che è donna caparbia, capace di pensare sempre fuori dagli schemi, sorprende anche in questo.


I vini


Da anni Tachis aveva convinto il suocero Alfredo che le condizioni alle Pupille erano perfette per un taglio bordolese, quindi aveva iniziato a progettarlo in vigna, piantando del Cabernet Sauvignon con l’idea di ‘attenuare’ quel Sangiovese così scalpitante. Nasce così, nel 1987, il Saffredi, il vino dedicato al suocero, che è, anche, il primo grande successo internazionale de Le Pupille. Vigna unica con Cabernet, Merlot e, saggiamente, il ‘territoriale’ Alicante, vitigno presente in zona, per via della dominazione spagnola, almeno dal ‘500 e normalmente usato in blend per il Morellino. “Il Saffredi è il mio primo amore, e il primo amore non si scorda mai,” dice ancora Elisabetta.


Quanto a Giacomo Tachis, è stato un uomo di una cultura smisurata, che mi ha trasmesso tantissimo, paradossalmente non tanto a livello enologico, dato che quando ho iniziato avevo 18 anni, praticamente non sapevo nulla, quanto a livello di passione per lo studio e per la conoscenza, oltre ovviamente a farmi da mentore per il vino. I suoi insegnamenti sono ancora qui con me. Del resto, abbiamo iniziato con le barrique impilate sotto casa, era tutto molto avventuroso, la strada da fare tanta.” Ne è consapevole Elisabetta, che, conscia delle potenzialità del territorio inizia a girare per il mondo promuovendo, insieme al bordolese, anche il Morellino, ai tempi un’impresa da temerari. Invece Le Pupille ci investono fin da subito.


Mentre per il Saffredi arriva l’immediata investitura di Robert Parker, alla prima annata commercializzata, il resto del progetto si costruisce per l’appunto attorno alla spina dorsale del Sangiovese. I piani si fanno ambiziosi. “Dagli anni ’80 siamo passati dai primi 4 ettari a 4 corpi aziendali, per un totale di circa 90 ettari vitati, su un totale di circa 420 di tenuta,”, dice ancora, “con le cosiddette Vecchie Pupille, il Poggio Valente, cru 100% Sangiovese, il vigneto Di Battitore ancora a Sangiovese, e ovviamente Pian di Fiora a Pereta e San Vittorio, dove nasce il nostro Poggio Argentato. Nel frattempo, ho coinvolto nel progetto la mia primogenita Clara, che ormai è il mio braccio destro, e, ultimamente, anche Ettore”.


Cosa che ha permesso alla verve sperimentale di Elisabetta di restare vivida, sostenuta, in questo, anche dall’ultimo consulente enologico, Luca D’Attoma, con cui ha realizzato l’ambizioso Syrah Le Pupille: “Un vino su cui abbiamo investito molto, anche in prove e sperimentazioni, che nasce da due vigne, Pian di Fiora e Vigna del Palo, vinificato parte in tonneau aperti, con 1/3 delle uve non diraspate, l’altra parte in orci di terracotta toscana, poi affinato per circa 12 mesi in tonneau usate da 300 litri.” Un vino che si ispira manifestamente ai rossi incantevoli della Côtes du Rhône, ma che rimane succoso e scalpitante anziché rotondo e rassicurante. Un capolavoro. L’ultimo nato di casa invece è il Piemme, Petit Manseng in purezza che beneficia della pluriennale esperienza di vinificazione per il blend del Poggio Valente.


Il resto è un muoversi accurato tra cambiamenti climatici in atto, “dal 2003 in poi,” dice ancora Elisabetta. “Non è tanto l’aumento della temperatura media a preoccuparci, quanto l’insistenza di fenomeni di stress termico per periodi prolungati” e varietà di suoli ed esposizioni dei corpi aziendali, veri e propri ‘microclimi’, che necessitano di cure eterogenee, investendo il lavoro svolto in campagna di grande responsabilità. Del resto, il mondo del vino è per definizione imprevedibile, necessario farci l’abitudine.E poi, in un periodo come questo,” chiosa Elisabetta, “un’azienda come la nostra, che è abituata a vendere l’80% della sua produzione in Europa o negli Stati Uniti, è riuscita ad aprire, per combinazioni arcane, due mercati come i Caraibi e le Maldive.” Insensato? Peut-être, eppure l’irresistibile bellezza del vino è anche questa.

Indirizzo


Cantina Fattoria Le Pupille

Piagge Del Maiano, 92 A- 58100 Grosseto (GR)

Tel. +39 0564.409517

Sito web

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