Mondo Vino

Elisabetta Foradori, il coraggio di cambiare

di:
Lido Vannucchi
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elisabetta foradori il coraggio di cambiare 67e0

La Storia

La storia di Elisabetta Foradori 


Poche persone, forse meno, io conosco Josko Gravner ed Elisabetta Foradori. Li ho fotografati entrambi, ho trovato persone vere, ne sono uscito arricchito, amo i loro vini, forse amo anche loro


Elisabetta ti sa accogliere, ti sa gestire, così come il suo vissuto e il suo vino. Trasuda fascino da ogni dove, il suo modo di camminare, con quelle scarpe da vignaiola tanto care,  il suo modo di portare quei golfini dai colori mai troppo vivaci, il suo modo di parlare, e allora vorrei, anzi voglio farla parlare:


“Da ormai venticinque anni mi dedico al Teroldego, quasi una mezza vita spesa a cercare di far esprimere attraverso questa varietà la terra che la custodisce. Nei primi tempi, da giovane diplomata all’Istituto Agrario di San Michele all’Adige, ascoltavo poco la mia terra, occupata com’ero dalla sopravvivenza dell’Azienda. Lavoravo già molto sulla biodiversità del vitigno, attraverso le continue selezioni massali e più tardi con viti da seme, ma il mio percorso somigliava a quello di molti altri viticoltori: la formazione prevalentemente tecnica mi portava a considerare i gesti agricoli come azioni ripetitive e meccaniche, che avevano come fine ultimo la produzione di un’uva apparentemente sana e di un vino similmente ineccepibile.


Verso la fine degli anni Novanta molte cose stavano cambiando e una sensazione di incompletezza e di precarietà iniziava ad accompagnare le mie giornate: una percezione profonda e rigeneratrice, che mi portava a sentire la mancanza dell’anima nei vini che allora producevo. Se ripenso a quei momenti sono invasa da un sentimento di gratitudine: è attraverso quelle sensazioni che ho potuto ritrovare me stessa e il senso del mio operare in agricoltura. Non è facile il percorso a ritroso verso Madre terra. Recuperare la capacità di muoversi all’interno dei cicli naturali; riavvicinarsi ad un più intimo contatto con la terra; rimuovere preconcetti e sfatare paure: lavorare con la natura - e non contro di essa - impegna in un cammino appassionante e complesso, che rende partecipi lo spirito e le abitudini del contadino, modificandone la sensibilità e affinando la capacità di ascoltare. Oggi sento di aver ridato onore e creatività ai miei atti agricoli. Lavoro cercando di ottenere frutti e vini che siano l’espressione autentica della mia terra, la stessa che lascerò sana e viva ai miei quattro figli perché siano orgogliosi di poter scegliere se essere contadini.


Quando una viticoltura sana permette alla pianta di esprimersi nella sua interezza, il frutto che ne deriva sarà espressione di autenticità. La qualità del vino che produciamo si manifesta nella vitalità del prodotto. Il preservare le forze di vita del frutto originario durante il passaggio di trasformazione uva – vino, restituisce al vino e a chi lo beve la percezione del suo luogo di origine, entra in sintonia con il cibo, fa nascere una bevanda digeribile che dona senso di benessere.


Non ricorriamo ad interventi correttivi in cantina: nulla viene aggiunto, tutto viene accompagnato cercando di mettersi in ascolto. Il vino mantiene spontaneità espressiva e trasmette la personalità di una materia prima intensa e viva. Ci sembra così di portare dentro un bicchiere la fragranza dei fiori dei pascoli dolomitici, la mineralità delle rocce che circondano le vigne, la chiarezza dei cieli di montagna, l’indole del popolo che abita le valli alpine. È nostro compito trasferire tutto il carattere della terra trentina dentro ogni nostra bottiglia.


Vinifichiamo le uve in recipienti diversi, e negli stessi affiniamo poi il vino. Il legno di acacia e rovere dei tini e delle botti è materiale vivo: molto partecipe ai processi di trasformazione, lascia qualche sua traccia e accompagna il vino nel tempo sostenendolo. La terracotta della tinajas dona all’uva la libertà completa di esprimersi e al vino la possibilità di ricollegarsi con la terra. Questi contenitori sono fortemente energetici: la loro forma ampia e allungata avvolge ed accoglie; l’argilla che li compone ha la proprietà di mettere in contatto le forze del cosmo con quelle terrestri. I contenitori in cemento aiutano per la loro inerzia termica; anche l’acciaio ha un suo ruolo nella nostra cantina e rimane a testimoniare il nostro percorso negli anni.






I Vini


Usiamo solo lieviti indigeni e non controlliamo le temperature in fermentazione. Non aggiungiamo solfiti al vino se non dopo il primo travaso - che normalmente avviene dopo sei-otto mesi dalla svinatura - per arrivare ad avere non più di 30-50 mg/l di anidride solforosa in bottiglia. Teroldego, Nosiola e Manzoni bianco vengono imbottigliati senza essere filtrati.


Il nostro lavoro si misura con il tempo, con i ritmi della natura, con l’aspettare che la vite cresca, invecchi, dia frutti, con l’evoluzione lenta del vino nel silenzio e nel buio della cantina, con il suo cambiare dentro la bottiglia prima e dentro il bicchiere poi.


La spontaneità espressiva di un vino carico di vita permette una sua continua trasformazione, un rivelarsi in tutta la sua essenza. È un vino che non ci lascia mai.



Quando aprirete una nostra bottiglia fate si che abbia la temperatura di cantina, versate il vino in bicchieri ampi e seguitelo nel tempo: vi accompagnerà con versatilità, condividendo la personalità di un’intensa materia prima che accoglie la varietà del cibo che avrete nel piatto.


Un vino ricco di forze vitali nasce da un atto di amore verso la natura, e come tale non potrà che avvolgervi e sorprendervi”.

Elisabetta Foradori


Fotografie e Lodi: Lido Vannucchi

Fotografie tratte dal servizio per Cook_inc. n° 6 del 2013 - Vandenberg Edizioni, Testo Fabio Pracchia, Foto Lido Vannucchi.




Indirizzo

Foradori

Via Damiano Chiesa, 1 - 38017 Mezzolombardo (TN)

Tel: +39 0461 601046


+39 0461 601046

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Mail: info@elisabettaforadori.com

Il sito web di Foradori

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