Con Edoardo Ligabue, esploratore del vino e fondatore de La Versione di Gunter, abbiamo degustato le migliori etichette delle Azzorre, un arcipelago da scoprire tra vino, vulcani e Oceano.
La storia
La storia di Edoardo Ligabue è una di quelle che rappresentano il cambiamento felice: emiliano, una solida azienda di famiglia attiva nel mondo della ceramica, nel 2021 a 36 anni decide di prendere una strada differente. Così crea La Versione di Gunter, primo e-commerce di vino dedicato a produzioni di nicchia, sia di piccole cantine, sia di regioni vinicole meno note, in giro per il mondo. Quando chiediamo a Edoardo chi sia Gunter, lui ridendo ci racconta che “è un soprannome che mi venne affibbiato vent’anni fa da un carissimo amico che poi non ha mai smesso di chiamarmi in quel modo; da lì, a macchia d’olio, hanno iniziato in tanti a chiamami Gunter. Ecco che ho scelto di utilizzarlo per distaccarmi dal mio nome formale e creare questo personaggio che ha l’opportunità di viaggiare e andare a scoprire luoghi sconosciuti e cantine e fuori dalle rotte commerciali tradizionali.”

Affascinato dal vino fin da giovanissimo, a partire dal primo calice bevuto con il padre a sedici anni, il vino per lui “ha assunto la forma che vedo anche oggi, uno strumento di convivialità, è sedersi attorno un tavolo sotto un pergolato, parlare con gli amici”. L’idea di lanciarsi in quel mondo nasce però dalla volontà di dar vita a “qualcosa che potesse essere mio, anche se non è stato facile mettermi davanti a quello che era un foglio bianco, perché al di là dei mille voli pindarici che puoi fare, trovare qualcosa di concreto non è mai semplice”. Così, su suggerimento della sorella che lo invita a riflettere sulla sua innata vena commerciale in relazione alla sua passione, La Versione di Gunter ha iniziato a prendere forma, pensando a uno strumento agile per bypassare le problematiche tipiche di un mercato saturo come quello del vino, con una linea non tanto esclusiva, quanto fatta di prodotti di nicchia.

Secondo Edoardo “una nicchia che potesse piacere a me ma anche a molti appassionati e cultori. Da lì le basi e l’idea di iniziare ad andare in zone poco battute per esplorarle sotto il profilo della produzione. Il mio fil rouge doveva essere la ricerca di etichette lontane dalla grande distribuzione e non presenti sul territorio italiano.”
La degustazione di Azores Wine Company: un viaggio tra le Azzorre e i loro vini
Abbiamo incontrato Edoardo in occasione di una degustazione di vini di Azores Wine Company, con un pranzo nel ristorante di Andrea Aprea a Milano, teatro ideale anche per provare qualche abbinamento in diretta. “Ero in vacanza a sud di Lisbona, e tornando in città sono finito all’interno di una piccola enoteca con uno scaffale gigantesco pieno di vini delle Azzorre. Non ero ancora nel business, ma scattato una foto e me ne sono ricordato quando ho iniziato col progetto. Ho fatto una ricerca accurata e ho scoprire che in Italia queste isole non erano raccontate: c’è dietro una storia secolare, ma nessuno ne sapeva nulla.”

Edoardo prosegue: “A capo di tutto c’è António Maçanita, vigneron straordinario che ha 4 realtà differenti in Portogallo e in ognuna ha un socio in loco: quando mi sono accorto della qualità dei vini ne sono rimasto folgorato, anche perché avendoli assaggiati in vigna a 50 metri dall’oceano è straordinario. Nel mio catalogo ho vini di diversi paesi ma le Azzorre mi permettono di essere visto come un distributore di vini differenti: con il gruppo Maçanita ho siglato un contratto di esclusiva per diversi anni.”

Con Edoardo e Filipe Rocha di Azores Wine Company abbiamo quindi percorso un viaggio ideale tra le Azzorre e i loro vini: fuori dalle rotte abituali dei turisti, ma anche degli habitué del mondo enologico, rappresentano un arcipelago in cui la viticoltura si pratica dalla fine del XV secolo. In particolare l’isola di Pico, alle pendici del vulcano Pico Alto (2351 metri) che è anche la cima più alta del Portogallo, è stata iscritta già nel 2004 nell’elenco dei siti Patrimonio dell’Umanità dell’Unesco grazie ai suoi vigneti. I terreni lavici, con rocce basaltiche, danno vita a uve con una personalità spiccatissima dalle quali si ottengono vini di altrettanta meravigliosa sostanza. Deserte fino al quattrocento, le isole vennero scoperte dai portoghesi e iniziarono a popolarsi di varia umanità, inclusi galeotti che preferirono l’esilio alla galera. La viticoltura qui si può definire senza ombra di dubbio eroica, in cui i vigneti sono delimitati dai currais (o curraletas), muri di pietra che forniscono protezione dal vento potente che proviene dall’oceano.

I vini
Azores Wine Company, frutto del sodalizio tra António Maçanita e Filipe Rocha, ha il merito di aver recuperato il Terrantez do Pico, vitigno quasi estinto di un luogo che prima della fillossera (che non l’ha risparmiata) contava quasi 15 mila ettari vitati, dai quali si ottenevano le uve per grandi vini di notevole eleganza e di altrettanto spiccato carattere, dalla sapidità evidente, affascinanti. Come il Vinha dos Utras D.O. Pico, vendemmia 2022, una tiratura di 867 bottiglie, perfetto in abbinamento con un piatto dalle profonde sfumature iodate come il Ri-Sotto-Marino di Andrea Aprea.

L’etichetta prende il nome dagli Utras, appezzamenti praticamente sull’oceano che a loro volta vennero nominati in questo modo in onore Joss Hurtere, fiammingo che nel XV secolo diventò Capitano di Pico e Fayal e il cui ruolo fu determinante per lo sviluppo dei vigneti delle Azzorre. Da 95% Arinto dos Açores oltre a un 5% combinazione di Verdelho, Boal (Malvasia Fina) e Alicante Branco (Boal de Alicante), il vino subisce una pigiatura diretta e decanta 12 ore a freddo; la prima pressatura, 40%, è vinificata in acciaio inox in orizzontale, il 60%, seconda pressatura, fermenta in botti di rovere francese di 3 anni, senza batonnage, per 9 mesi. È un sorso di estrema finezza, con note agrumate e sentori delicati di affumicatura al naso e una bocca fresca, lunghissima, minerale. Ed Edoardo, alias Gunter, ha ottimi motivi per essere soddisfatto del suo lavoro.

“A oggi non riesco ancora a rendermi conto di quello che si sta creando: mi sono sempre imposto standard molto alti soprattutto in questo mondo, dove sono appena arrivato. Praticamente in neanche 2 anni siamo entrati in alcuni dei più grandi ristoranti italiani: mi piace condividere e quando vedo la reazione di sommelier entusiasti, il momento in cui riesco a emozionarli con i vini che porto ad assaggiare, credo che quello sia l’aspetto più gratificante di un business saturo. Così per ora non mi affido a una rete di agenti, ma sono ancora io a fare il porta a porta. E le Azzorre mi stanno aiutando.”