Uno dei progetti più recenti è il Team-Bistro, una mensa per i collaboratori che non ha nulla da invidiare alla sala ristorante: design in legno, vista sul giardino, energia da pannelli fotovoltaici. Non mancano il programma fitness e un orario ridotto per andare incontro alle esigenze dei lavoratori.
In Austria, a Leogang, il Biohotel Rupertus ha scelto di riscrivere il concetto di accoglienza partendo da un’idea radicale e insieme semplice: tutto deve essere autentico, tutto deve parlare la lingua del biologico. Non solo nei piatti serviti agli ospiti, ma anche nell’aria che si respira in cucina, nel legno delle strutture, nell’attenzione quotidiana verso chi lavora dietro le quinte. È un hotel, certo, ma anche un laboratorio etico e un modello di sostenibilità sociale. Guidato da Nadja e Olaf Blumenkamp, seconda generazione di una famiglia che crede nell’ospitalità come pratica culturale, il Rupertus è molto più di una struttura ricettiva: è un ecosistema in cui natura, benessere e rispetto delle persone si intrecciano in una filosofia condivisa. Nadja lo racconta con una calma determinata, consapevole che le scelte fatte hanno un peso ben oltre le mura dell’hotel:
«Noi lavoriamo davvero al 100% in biologico, in ogni aspetto. Non esistono differenze tra ciò che offriamo ai nostri ospiti e quello che riserviamo ai nostri collaboratori».

Il Rupertus ha ottenuto la certificazione Biohotel, ma qui il bollino non è un semplice fregio da esibire. Nel 2021 l’hotel ha scelto di sottoporsi anche a una bilancia del bene comune, un’autovalutazione che misura l’impatto sociale ed etico dell’impresa. Una decisione che dice molto sulla visione di Nadja e Olaf: il biologico non è una moda da cavalcare, ma un impegno totale. Significa selezionare materie prime non solo per qualità, ma per provenienza; garantire che ogni scelta, dal menù all’energia elettrica, segua criteri di sostenibilità reale. Questa coerenza arriva a toccare perfino gli spazi dedicati allo staff. Non a caso, uno dei progetti più recenti è il Team-Bistro, una mensa per i collaboratori che non ha nulla da invidiare alla sala ristorante: design in legno, vista sul giardino, energia da pannelli fotovoltaici. Anche qui solo prodotti biologici. Un dettaglio che rivela una filosofia precisa: «Chi lavora con noi deve poter vivere la stessa qualità che riserviamo agli ospiti», spiega Nadja.

Con i suoi 45 collaboratori, il Rupertus ha una dimensione che permette di mantenere un rapporto diretto, quasi domestico. «Conosciamo tutti per nome, ricordiamo i compleanni e tanti dettagli personali», racconta Nadja a Rolling Pin, quasi a sottolineare che dietro i numeri c’è una comunità. Non si tratta di retorica: la gestione familiare, con i genitori di Nadja ancora attivi dietro le quinte, rende il clima lavorativo un’estensione del nucleo originario. Questa impronta si riflette anche nell’approccio verso i più giovani. L’hotel ospita quattro apprendisti e aderisce al programma Work for Us, un consorzio regionale che offre benefit e formazione. Non solo corsi tecnici, ma workshop di crescita personale attraverso la “Skill Factory”, pensata per rafforzare l’autostima e la capacità di affrontare le sfide della vita. «Vogliamo formare non solo professionisti, ma persone consapevoli», spiega Nadja.

Il settore dell’hotellerie non è certo famoso per orari leggeri o vite equilibrate. Eppure al Rupertus la parola d’ordine è work-life balance. Non un privilegio riservato a pochi, ma un diritto da difendere per tutti. «Spesso si dice che i giovani non vogliono più lavorare. Noi non lo vediamo: chi arriva qui lo fa con entusiasmo. Crediamo che il punto sia un altro: dare un senso a quello che si fa, permettere di organizzare la vita e lasciare spazio alla crescita personale». Per questo i turni vengono programmati con tre o quattro settimane di anticipo, garantendo giornate libere fisse e ferie pianificate. Un piccolo lusso che in realtà diventa un grande fattore di stabilità. Senza contare i benefit: dall’accesso al centro benessere e alla palestra allogata in hotel, fino alla possibilità di viaggiare negli altri Biohotel con sconti del 50%. E ancora, alloggi dignitosi in due case dedicate allo staff, pranzi e cene bio a prezzi ridotti nei ristoranti partner, ore straordinarie sempre riconosciute.

Chi arriva a Leogang, tra montagne e sentieri che cambiano volto a seconda delle stagioni, scopre un hotel che ha fatto del radicamento territoriale la propria forza. Ogni piatto servito porta in tavola l’Alta Austria con i suoi prodotti, ma anche un pensiero critico sul modo in cui oggi intendiamo l’accoglienza. «La nostra regione è vivibile in tutte le stagioni, e vogliamo che anche chi lavora qui possa godere della stessa qualità di vita dei nostri ospiti», afferma Nadja. Le parole chiave sono onestà, apertura, passione: qualità che il Rupertus cerca nei nuovi collaboratori, a prescindere dall’esperienza. «Accogliamo volentieri anche chi arriva da percorsi diversi, a patto che abbia entusiasmo e rispetto per i valori del biologico», precisa la direttrice. In un settore ancora troppo spesso legato a logiche di sfruttamento e turnover esasperato, il Biohotel Rupertus offre un esempio concreto di come la sostenibilità non debba fermarsi alla cucina o alla gestione energetica. Qui la parola bio è intesa nel senso più pieno: vita, crescita, rispetto.

Un equilibrio che non nasce dal caso, ma da una filosofia coltivata con costanza e pragmatismo. Nadja lo sintetizza con naturalezza: «Quando ami il tuo lavoro, quando sai che contribuisce a qualcosa di più grande e lo fai insieme a un bel gruppo, la bilancia si riequilibra da sola». Il risultato è un hotel che non solo accoglie chi viaggia, ma costruisce ogni giorno un’idea diversa di ospitalità: più giusta, più consapevole, più umana.