Nell’incanto bucolico di Casa Maria Luigia, Jessica Rosval ha costruito un intero menu intorno al calore del focolare e del forno a legna: è il Tòla Dòlza, un brunch fatto di affumicature magistrali e bocconi che parlano tutte le lingue del mondo.
La regina del fuoco: il Tòla Dòlza di Jessica Rosval a Casa Maria Luigia
La storia
“Il fuoco appartiene a tutti, non è solo mio, è di chiunque voglia prenderlo per la fiamma e danzare”. Jessica Rosval non smette di sorridere nemmeno mentre scende a fondo nei discorsi e racconta il suo modo personale di essere cuoca, ha una luce negli occhi che si accende e riaccende come le braci su cui sta costruendo la propria fortuna.
E’ arrivata in Italia dal Canada seguendo un amore ed è rimasta per seguirne uno ancora più grande, quello per le meraviglie del Belpaese e della sua cucina. Oggi ha in carico la tavola del “Bed&Breakfast” (virgolette d’obbligo) di maggior fascino al mondo, Casa Maria Luigia, la casa d’arte e pace con cui Massimo Bottura e Lara Gilmore hanno arredato le campagne modenesi nel loro stile da Rinascimento contemporaneo; eppure, Jessica non ha ancora smesso di sorprendersi.
“Sono 9 anni che vivo qui con gli occhi di una straniera, ma non riesco ad abituarmi a una bellezza così ricca e complessa. Quando cucino provo a raccontare questo, tutto il bello che mi ha travolta fin dal mio arrivo a Modena. In Italia non sono capitata, l’ho scelta dopo aver guardato ovunque perché la trovo illuminata di una luce diversa, e mi fa quasi male quando ascolto qualcuno dire il contrario. Ogni passo in questo paese mi fa sentire piccola, piccola e fortunata di vivere qui”.
Un senso di ammirazione e riconoscenza simile a quello che la lega al mentore con cui ha vissuto in prima linea la volata fin sopra al tetto del mondo. Bottura di lei ha sempre detto che trova surreale la sensibilità rispetto alle sfumature di ingredienti e ricette del nostro patrimonio gastronomico, come se fosse nata con un palato mezzo italiano, al punto che nessuno ha mai saputo reggere meglio di lei la sfida di ripetere ogni servizio Le cinque stagionature di Parmigiano Reggiano in diverse consistenze e temperature indovinando così bene le proporzioni sempre diverse dettate dalla natura e dai casari.
E’ un po’ per questo e un po’ perché all’epoca si occupa della logistica per gli eventi internazionali del gruppo, che a fine 2019 le viene chiesto di curare l’avviamento di Casa Maria Luigia, con l’idea quasi certa di staccarsi una volta oliati i motori. Per le cene in settimana nella soffusa e intima sala ristorante della tenuta viene confezionato un menu di greatest hits della Francescana, dalle Stagionature alla Parte croccante della Lasagna, senza omettere Oops! Mi è caduta la crostata al limone.
Jessica deve pilotare quei servizi, gli snack da offrire agli ospiti nell’arco della giornata, e le generose colazioni pensate sul modello di quelle dei contadini modenesi, tra gnocco fritto con mortadella, ricotta e aceto balsamico, erbazzone (una torta salata di bietole tipica d’Emilia), cotechino, pane caldo cotto nel forno a legna…
Ed è proprio guardando le fiamme muoversi libere dentro quel forno che Jessica immagina lo spirito della cucina di Tòla Dòlza (“Take it easy” in dialètt mudnés), il brunch che nasce negli sprazzi di aperture tra i lockdown per colorare le domeniche della villa, e consente a lei di suonare fuori dallo spartito del suo maestro.
Il brunch
Già il nome scelto racconta bene il senso del ritrovo, un abbraccio disteso nel segno della vera accoglienza italiana, dedicato anche e soprattutto alla gente dei dintorni che in altri momenti difficilmente avrebbe modo di vivere o sbirciare la tenuta (come dimostra il prezzo fissato a 110 euro).
“Durante la stesura del progetto ci chiedevamo come sarebbe stata la ripartenza e se alle persone sarebbe tornata presto la voglia di condividere un piatto. Massimo diceva che il cibo riporta tutti a tavola, specie quando è confortevole come un abbraccio, e a me sono venuti in mente i brividi di casa e carezze che mi vengono quando mangio qualcosa cotto sulla brace”.
I primi mesi di pandemia tengono Massimo e Lara coi piedi fermi a Modena come non capitava da tempo, e una volta curato lancio e rodaggio di Maria Luigia - in un perfetto intreccio tra natura, silenzi, Ai Weiwei che rincorre Warhol, il Fellini più nostalgico e lo zabaione - dedicano le proprie attenzioni all’addobbo della polisportiva rimasta vuota in fianco alla vecchia acetaia. Ne nasce uno stanzone difficile da raccontare e intenso da vivere, una sorta di sala dei giochi semi-adulta che sembra prendere corpo direttamente dai sogni di Bottura, un circo educato dove meraviglie diverse si legano in un fiocco magico che racconta il senso di essere italiani.
Modelli unici di Lamborghini, Maserati, Ducati e Ferrari d’ogni epoca sparse come figurine a brillare della loro bellezza e non per il valore, così come lo Spin Painting di Damien Hirst e le altre opere giganti che danno incanto alle pareti. Attrezzi da palestra ammiccano alle bottiglie di vermouth e Lambrusco dietro il bar mentre una band country di ragazzi emiliani con l’accento di Nashville attacca “Don’t Think Twice, It’s Alright” di Bob Dylan, e un bimbo corre verso la madre distratta brandendo una costina di maiale larga quanto il suo collo. “Non c’è solo Italia, perché il senso di essere italiani abbraccia ogni angolo di splendore di cui è capace il mondo”, il messaggio non viene pronunciato ma rimbomba da tutti i muri.
E Tòla Dòlza non potrebbe avere più senso su alcun altro palco, perché a quell’aria di festa paesana colta serve l’appoggio di una cucina alta in rappresentanza dell’universo Francescana, ma anche rustica per essere capace di coinvolgere chiunque da Singapore a Vignola. E’ in quella zona d’ombra delicata che prende piede l’idea di Jessica, costruire l’intero menu intorno al calore del focolare e del forno a legna. “Il fuoco è l’origine del cibo cucinato, in qualche modo avvicina le persone e le fa sentire nel posto giusto”.
Si ispira al primo menu mangiato anni prima in Osteria, quello che l’aveva folgorata e fatta restare, e riprende un tema caro a Bottura, “Vieni in Italia con me” (titolo anche del suo libro, ripreso da un’opera scritta nel ‘37 da Umberto Notari, fondatore de La Cucina Italiana).
Alla fine, e senza che fosse davvero programmato, Jessica riesce quindi nell’intento di raccontare il suo amore per i miracoli italiani attraverso bocconi che parlano tutte le lingue del mondo. E lo fa addomesticando il fuoco perché non sia un punto d’arrivo e una star viziata o prepotente, ma un alleato mansueto nella creazione di concetti degni del più raffinato fine dining.
I piatti
Pronti, via! I primi camerieri arrivano al tavolo seguiti da una leggera scia di fumo, e lo invadono con delle sottili sfoglie di zucca condite con pesto di semi di zucca e una ricotta irrorata d’olio di camomilla marinata e miele, entrambe arrostite nel forno a legna.
Così com’è fragrante e bruciacchiata il giusto la focaccia con olio alle erbe servita per raccogliere il soufflé di spinaci e bietole con erbe e pesto modenese che completa il primo giro di viaggi nello Stivale.
Brace e tostature ruvide che tornano nei due passaggi che guardano al Mediterraneo e ai suoi mari, a partire dal magrittiano e adriatico Ceci n’est pas une Moule, dove quella che sembra una cozza è in realtà un trito misto di seppie, granchio e capasanta racchiuso in un guscio di pane alla seppia, pronto da intingere in una salsa di finocchio e mela bruciata con erbe aromatiche e nero di seppia.
O ancora in Sud, il San Pietro in taco di ceci e spezie africane che decolla grazie a uno yogurt di mandorle amare e dolci, per atterrare morbido su melanzane grigliate, ceci fritti e menta.
Ma la conoscenza e l’amore di Jessica per il fuoco escono allo scoperto soprattutto nelle due carni con cui il menu tocca l’apice e chiude la parte salata.
Non si poteva dimenticare il maiale in una terra a lui tanto legata, ma Emilia è molto più di una costina con arrostimento e affumicatura magistrali: la salsa barbecue di rosa canina della marinatura stempera i toni grassi con la giusta dolcezza acidula, aiutata dal radicchio metà grigliato e metà lasciato croccante che le fa da contorno.
Infine A4 La Serenissima, un omaggio all'autostrada che taglia il Nord da Torino al Friuli. Una giga-rib di Fassona piemontese affumicata e cotta a fuoco docile per un giorno intero fino a farsi scioglievole come un bollito, intinta in salsa d’uvetta e Nebbiolo. L’accompagna una finta michetta milanese al mais (richiamo alla polenta) che rappresenta il transito in Lombardia e Veneto, prima dell’approdo a Trieste per raccogliere rapa marinata, cren e crème fraîche. Ogni piatto di Tòla Dòlza parla del rapporto tra Jessica e il fuoco, ma con questo più di ogni altro si ha quasi l’illusione di vederla ballare con lui cercando di tenerlo a bada senza controllarlo.
“E’ un tango che continua avanti e indietro, facendomi dimenticare tutto quello che so, tecniche o attrezzature. Ricomincio dalle origini per cercare qualcosa di nuovo, consapevole di come ci evolviamo all’infinito fin quando non pensiamo di aver imparato tutto. Poi ci fermiamo seduti sulla convinzione”. Qualcuno la vede come una lotta più che una danza, ma secondo Jessica la bussola va sempre puntata fuori dalla zona di comfort per crescere davvero.
“Sbalzi di temperature e giochi di legna non hanno un ritmo regolare. A volte abbassi un attimo la guardia perché credi di avere tutto sotto controllo, poi ti volti e vedi una nuova fiammella di trenta centimetri che sta divorando una ricotta. Credo che provare a domare il fuoco sia importante per non sentirsi mai onnipotenti, specie quando grazie all’esperienza tante cose ci riescono facili. Dopo 18 anni in cucina, a ogni incontro con lui scopro ancora qualcosa di nuovo”.
Mentre si posano le ceneri e la fiamma sfuma verso il pomeriggio sopra le campagne, Tòla Dòlza si chiude con due pensieri alle regioni più dolci d’Italia, la Campania e la Sicilia. Aria di Costiera è una passeggiata sotto forma di granita che parte da un’infusione di bucce di limone e finisce in una spuma di erbe amare e basilico, capperi e Sburlon (un liquore parmense alle mele cotogne). L’ultimo lembo di viaggio porta invece a Bronte, ed è una Crema al miele e agrumi con cialda al polline e pistacchio che avvolge come l’invito a pranzo di un amico siciliano.
Dopo averlo spiegato Jessica si congeda e corre subito a cambiarsi, ma la sua fretta non è quella (comprensibile) di chi dopo il servizio aspiri solo a buttarsi sopra un letto o sul divano. “Devo andare a dare una mano alle ragazze da Roots, sono i primi giorni e voglio essere sicura che siano tranquille”. Roots è il ristorante/cooperativa di cui ha curato l’apertura insieme all’AIW, l’Associazione per l’Integrazione delle Donne fondata dalla sua amica Caroline Caporossi e di cui lei è membro attivo e forte sostenitrice.
Da Roots lavorano donne migranti che faticavano a esprimere il proprio potenziale dopo aver lasciato case lontane, che l’associazione ha formato grazie a Jessica e altri volontari di talento, e si lavora per profitti destinati a finanziare nuovi progetti di formazione. Ancora una volta, la cucina come mezzo per fare pace col mondo e restituire un po’ di quanto si è avuto. Il fuoco ha tante forme e non sempre lo si nota ardere, specie quando è nascosto dentro le persone. Jessica Rosval ha imparato a ballare con le fiamme perché non ha mai lasciato spegnere ciò che brucia dentro di lei, e può farlo evitando di scottarsi perché a modo suo, senza smettere di sorridere, è ormai diventata una vera regina del fuoco.
Fotografie di CineFood
Indirizzo
Casa Maria Luigia
Stradello Bonaghino, 56, 41126 Modena MO
Tel: 059 469054
Fino al termine di giugno il Tòla Dòlza si svolge dalle ore 13:00, mentre a luglio e agosto diventa serale e inizia ogni domenica alle 19:30.
Il brunch è prenotabile online per 110 euro a persona, bevande escluse ma disponibili su richiesta.