All’ombra del Monte Bianco, l’esperienza al Petit Royal, il ristorante stellato nel più grande albergo 5 stelle della Val D’Aosta, è da togliere il fiato. Paolo Griffa conquista occhi e palato con il suo percorso gastronomico colto ispirato alle arti visive, rivelando assoluto senso estetico.
Il ristorante e i piatti
Il ristorante
Il contesto è quello della scintillante Courmayeur, meta turistica di prestigio all’ombra del Monte Bianco, bellissima d’estate e al suo meglio in inverno sotto la neve. L’Hotel Royal e Golf è una vera istituzione: imponente e austero ma non privo del calore di una storia lunga più di un secolo e mezzo, con le sue 86 stanze è il più grande albergo a cinque stelle di tutta la Val D’Aosta.
Da qui sono passati, tra gli altri, personaggi come la Regina d’Italia Margherita di Savoia (il nome “Royal” all’albergo arriva proprio grazie a lei) e il poeta Giosuè Carducci. La grande, luminosissima sala da pranzo dove vengono servite anche le colazioni è un progetto di Gio Ponti.
Petit RoyalPaolo Griffa è arrivato qui alla fine del 2017, giovanissimo executive classe 1991 con esperienza e notorietà già consolidate: va da sé che la stella Michelin al Petit Royal, raffinato angolo gourmet, non tarda a essere riconosciuta. “Sono supercontento di com’è venuto il ristorante con tutti i lavori che abbiamo fatto, c’è una bella squadra ed è ormai da quattro anni che abbiamo lo stesso gruppo di base. Ci troviamo veramente molto bene, avendo raggiunto anche una fluidità che prima magari non avevamo. Abbiamo continuato a salire fino al 2019, per noi un anno epico, impressionante, siamo arrivati a essere 8 in sala e 8 in cucina perché eravamo sempre pieni di tavoli grossi, con 30 persone tutte le sere, uno standard altissimo. E poi il Covid. Il primo lockdown è stato una passeggiata perché l’abbiamo preso come una vacanza a casa rilassati, usciti da una mega stagione. Poi è arrivata l’estate, la migliore di sempre. Il problema è stato l’inverno, quando abbiamo riaperto a febbraio per 20 giorni solo il ristorante.”
La cucina
L’estate naturalmente è andata bene, abbiamo trovato Griffa in una forma da Guinness: sorridente, garbato, competente, con un entusiasmo che viene prima di quella smodata ambizione fine a se stessa che capita di trovare in molti (troppi) dei suoi colleghi. Sarà perché Paolo è uno che sa sorridere e fare gruppo, sarà perché, come ci racconta “io mangio per gola, mangerei di continuo e anche a casa mi piace mangiare con qualità, con le cose fatte bene. È cambiato tanto in quattro anni, è stata rifatta la cucina, sono state riviste le sale con le vetrate che danno direttamente sul Monte Bianco.
Tutto questo ha portato un’evoluzione continua, anche nel servizio, ma sempre con il nostro gruppo storico a partire dal mio sous chef Nicolò Talpo. Quando sono arrivato qui la prima volta era dicembre, una stagione austera e - ammetto la colpa – non conoscevo i prodotti di questa montagna. Così abbiamo iniziato con un menu piemontese, perché nella mia regione d’origine quello è un mese con grandi ricchezze gastronomiche, dal tartufo alla tradizione del bue grasso. Il nostro è un menu particolare, si chiama Declinazioni e ci permette di muoverci agilmente, perché abbiamo tanti temi tra i quali scegliere: da lì sviluppiamo i piatti. Gli ospiti in realtà non sanno cosa vanno a scegliere, conoscono una cifra e il numero delle portate ma noi in cucina siamo liberi di variare di continuo.
Inizialmente i menu erano legati a un singolo ingrediente, ma abbiamo visto che era troppo limitante. Ci siamo allora concessi una maggiore apertura, spingendoci su più concetti. Siamo arrivati ormai alla nona declinazione con un menu dedicato alla Val D’Aosta, un altro dedicato all’arte che non è solo pittura ma alla scultura, alla street art, al mosaico.
La nostra è una cucina molto visual, legata all’immagine e al colore, perché noi italiani siamo conosciuti per la nostra creatività. Un altro menu è invece dedicato ai viaggi, ai prodotti che si possono trovare dappertutto ma che ogni cultura declina in maniera differente con tecniche e spezie diverse: in questo caso usiamo prodotti valdostani come se arrivassero da altri mondi. Poi in estate abbiamo una proposta legata al mondo vegetale, senza carne né pesce ma con latticini e uova. Infine, un menu carta bianca che ci lascia spaziare come vogliamo.”
I piatti
Cenare al Petit è un’esperienza forte, in tutti i sensi. A partire da una sala che non è eccessivo definire di formidabile affiatamento con la cucina, quasi finalmente non esistesse quel maledetto confine che spesso impedisce di percepire quanto fondamentale sia l’interazione tra cuochi e camerieri, ai quali in questo caso è affidato un compito non semplice che implica un savoir-faire per nulla scontato; dal maître Vadim Vasilevschi alla sorridente Federica Tomasini, con un sommelier di rango come Alessandro Mantovani che sa individuare l’etichetta più adatta all’ospite tra le 750 disponibili in carta.
La peculiarità che rende Paolo Griffa un fuoriclasse? Semplice, non è autoreferenziale. È un amante assoluto della perfezione, ha un senso estetico che definire spiccato è un eufemismo e sta producendo piatti che qualcuno (ma a noi il termine, abusato com’è, non piace) non esiterebbe a definire iconici.
Certo, ma prima di ogni altra cosa si tratta di proposte gastronomiche di una bontà notevole, come quel Cannellone concepito in omaggio al “Put-Together” di Missoni, raccontato nei suoi dettagli ovunque e in ogni modo. Capolavoro di tecnica, per nulla semplice da realizzare durante un normale servizio (ci vuole un’ora per cannellone), è farcito con un ripieno di agnello non troppo speziato, fagioli all’occhio con cetriolo, lime e coriandolo; viene servito con una crema di formaggio di pecora affinato nella canapa che non a caso si chiama Figlio dei Fiori. La sfida, vinta, è quella di presentare un piatto che sia almeno buono tanto quanto è bello da vedere.
Poi le Mini-verdure fermentate nukazuke croccanti e piacevolmente acidule con brodo dashi servite su un piccolo giardino zen. Ancora, l’arte del mosaico nelle Verdure con salsa tajine, lassi al cumino e menta, insieme a cous cous al limone e cannella, una salsa dal gusto strepitoso.
La declinazione della zuppa della Campbell nella Chicken Vellute; poi i Risi e bisi della tradizione veneta reinterpretati in chiave Chagall con i colori blu e oro, risotto dell’anno per l’ultima edizione de Guida de L’Espresso, cotto in brodo di olmaria e fiori di pisello con un estratto di prosciutto crudo, miso di riso e piselli e kimchi con scaglie d’oro.
Capolavoro estetico e di gusto anche la Faraona cotta al fieno con fiori di tarassaco, mais e pop corn di amaranto; il Girasole, omaggio a Van Gogh, è di royale di mais, petali di patate allo zafferano, fiori di calendula e semi di girasole tostati. Più che raccontarli, però, questi piatti sono da assaggiare dopo averli contemplati, per capire quel che significa sintesi perfetta ottenuta attraverso un lavoro di rara complessità.
Giusto un cenno al comparto dessert, curato da Titti Traina, con il raffinatissimo “pic nic” che insieme a una lunga serie di delizie ritrova una Colibri Cheesecake, le pesche sciroppate alla verbena, i gauffres al rhum con Nutella di pesche, l’Angel Cake con i fiori di sambuco, l’idromele di tarassaco e il kefir ai lamponi con muesli di rosa canina. Andateci e divertitevi!
Indirizzo
Ristorante Petit Royal
Via Roma 87, 11013 - Courmayeur (AO)
Tel. 0165 831611