Non uno, ma due ristoranti stellati dalle proposte diversissime: è il successo del Therasia, resort di Vulcano dove alla solida proposta del Cappero, si è affiancata quella vegetariana dei Tenerumi. E la clientela ringrazia, prolungando il soggiorno.
Davide Guidara e Giuseppe Biuso al Therasia
Ha confezionato un piccolo capolavoro, il direttore del Therasia Resort Umberto Trani, che avendo già per le mani una location mozzafiato, affacciata sul mare delle Eolie nell’isola selvaggia di Vulcano, l’ha trasformata in una destinazione gastronomica irresistibile.Ci è riuscito affidandosi a due giovani talenti: prima Giuseppe Biuso, chef dell’intero complesso e del suo primo fine dining, Il Cappero, stellato dal 2017, primo anno di attività; dal 2021 anche Davide Guidara, messo a capo di un ristorante di cucina vegetariana intitolato ai Tenerumi, premiato da Michelin con la stella rossa, quella verde e il titolo di migliore giovane chef d’Italia. E il mercato ha premiato l’operazione, visto che la durata dei soggiorni si è già prolungata.
Vulcano, tuttavia, non è dietro l’angolo. Per presentare la loro realtà a un nuovo pubblico, i tre hanno organizzato un pranzo il 28 marzo al Bioesserì di Milano, locale polifunzionale che ha una sede anche a Palermo. È stata l’occasione per apprezzare traiettorie e differenze di due cuochi meridionali, che nella convivenza hanno scoperto nuovi stimoli e sinergie. In accompagnamento grandi vini isolani delle cantine Marco de Bartoli e Palari.
Trentaquattro anni, il palermitano Biuso si è fatto le ossa con Nino di Costanzo, Antonino Cannavacciuolo, Matteo Metullio e Corrado Fasolato, facendosi notare a Vulcano per una cucina improntata al divertissement e alla sorpresa. “Ma negli ultimi anni qualcosa dentro di me è cambiato. Mi sono stancato di rivisitare il repertorio siciliano e mi sono concentrato sul prodotto, nella sua massima integrità. L’arrivo di Davide mi ha sollevato dall’incombenza di variare i piatti per i vegetariani, anche se tuttora lo faccio, ma la proteina è diventata ancora più centrale”.
Ha proposto un branzino asciugato in frigorifero con petto d’anatra siciliana stagionato in casa, gocce di tamarindo per l’acidità, maionese di peperone crusco per la nota amara, crema di sesamo in funzione di grasso. Poi un suo signature, attualmente fuori carta: il risotto come uno sfincione, mantecato al provolone delle Madonie con crema di cipolla bruciata all’acciuga, pomodoro confit, cipolla fritta e riso soffiato per il croccante. La notizia è che il suo Cappero aprirà anche a pranzo, per meglio accogliere la clientela esterna.
Neppure Guidara, che proprio quel giorno compiva ventinove anni, ha mai perso tempo, passando a bottega da Don Alfonso, al Mosaico di Ischia, alle Terrazze di Roma, al Sea Grill di Bruxelles, da Michel Bras e al Noma. “Ma il loro approccio al vegetale non mi ha influenzato, sto percorrendo una strada tutta mia. E quando il resort è chiuso, sperimento in un laboratorio di Milazzo. I vegetali sono per il 90% quelli del nostro orto, disponibili anche a punti di maturazione inconsueti. Inoltre, si tratta di un terreno particolare, la stessa acqua ricavata da un pozzo è dolce ma mineralissima, un concentrato di sali che trasmette sapore. Abbiamo sempre trascurato i vegetali, che invece hanno potenzialità incredibili. Ho dedicato loro anche un manifesto, ‘Cook More Plants”, composto di sette punti sul futuro di una cucina, che deve fondarsi sul gusto, piuttosto che sulle problematiche nutrizionali o sull’ideologia della sostenibilità. Tuttavia, solo la tecnica consente di ottenere risultati interessanti, il mio non è un vegetale nature. Poi conta la collaborazione con gli scienziati ed è importantissimo non scimmiottare l’universo animale, visto che lo spettro gustativo è più ampio”.
Per dimostrarlo ha portato due piatti: prima l’insalata di pomodoro composta di cuore di bue macerato per diversi giorni, datterino cotto nella calce per la testura e asciugato, acqua di pomodori fermentati e scalogno marinato nello shoyu, salsa di soia a base di ceci fatta in casa; poi il cardoncello cotto a pressione, marinato con aceto e aromi, affumicato e grigliato, nappato con un’emulsione di escapece vegetale alla paprica e brodo di funghi.