Un hotel-fortezza capace di unire sotto le stesse torri design e fine dining, dove l’alta cucina dà spettacolo senza recidere il cordone ombelicale coi tempi che furono. Ansitz Steinbock vive oggi la sua vita migliore, tra suite intonate alla montagna e un’insegna gastronomica con soli 8 tavoli.
Ansitz Steinbock
On the road ricorda un maniero da film fantasy, con la sua sagoma scura incastonata nel lindo cielo nordico. Le marce scalano e l'auto risale le curve sinuose che portano a Villandro, quieto borgo pastorale in cui sorge una delle più antiche dimore sopraelevate della Valle Isarco. Così, giunti in cima, la curiosità di varcarne la soglia domina l'anelito a esplorare qualsiasi altro luogo più popoloso e meno sperduto dell'entourage bolzanino.
L'intuito suggerisce ascendenze secolari e la storia ne dà conferma: fra prati e chiesette, in un raggruppamento montano di 2000 anime, Ansitz Steinbock veglia sul paesaggio sin dal 1750, vivendo oggi una nuova vita che non rinnega le precedenti. Il plurale è d'obbligo: prima tribunale, poi locanda di paese, infine hotel-fortezza capace di unire sotto le stesse torri design e fine dining. A trasformarlo nella struttura ospitale che da poco più di un anno richiama i buongustai sopra i 1000 metri, Elisabeth Rabensteiner, ristoratrice per diletto cui si deve la nascita di un "albergo nel castello" con 12 suite, un'insegna gourmet, svariate stüe e salotti comuni "sit and stay".
Tutti ambienti giustapposti senza recidere il cordone ombelicale coi tempi che furono; se da un lato, infatti, sulle mura esterne campeggia ancora con fierezza lo stemma dell'originale proprietario, dall'altro persino le maniglie delle porte e i parquet in abete rosso sono rimasti gli stessi di una volta.
Ciò che Elisabeth ha aggiunto è stato accolto in amicizia dagli ambienti del vecchio feudo signorile; vedi i tendaggi, commissionati agli artigiani residenti per evocare stoffe e decori d'epoca, o le graziose finiture della Stube del Tribunale. Così, laddove decenni fa i giudici intentavano cupe accuse, ora siedono ogni mattina coppie e famiglie bramanti della colazione, il cui unico "reato" consiste nell'aver fatto incetta di strüdel a sentimento.
Ansitz Steinbock: l'hotel
Non basta un semplice restyling per portare alla luce del sole l'anima nascosta di una roccaforte datata. E allora Elisabeth ha chiamato all'appello un manipolo di architetti pronti a scrostare la patina austera dalle sale preesistenti, di cui rimane il piglio solenne, smussato però nei suoi tratti formali grazie all'uso di mobili in rovere fumé, tappeti vintage e luci morbide. Il legno rimbalza dal soffitto delle suite alla sauna in cembro locale (che amplia il concetto del "ready to use", collocando la Spa direttamente in camera), per poi esprimersi a tutto tondo nelle calde nuance delle tre stube-ristoranti.
C'è l'ex taverna Stainbock Wirtstafern, riadattata a moderna trattoria casalinga col suo repertorio di bestseller epicurei (in testa i tagliolini al ragù di cervo, la tartare di salmerino e gelato alla senape e la cotoletta di maialino ai finferli); la già citata Stube del Tribunale, per un buongiorno made in tyrol o una cena di cinque portate che pesca a piene mani dal paniere montano, giocando al rialzo con gli ortaggi e le ottime carni di animali allevati in proprio (provare l'Angus per credere); infine, gli 8 tavoli della Stube Defregger, teatro di una cucina d'autore che non si nega il piacere dell'improvvisazione oltre il copione di rito. Ne dà conferma il menu dello chef Tomek Kinder, volto a esaltare la materia viva in un crescendo di food affaires.
Lo chef e il fine dining
Basi francesi, ascendenze polacche e un presente altoatesino: la miscellanea geografica dà già un'idea delle radici che sottendono a ogni piatto, sfidando spesso il concetto di prossimità totale. Tomek, infatti, sfodera l'armamentario tecnico acquisito Oltralpe e durante la permanenza al St Hubertus di Norbert Niederkofler, senza però esitare a usar quotidianamente prodotti di pregio esteri.
Capita, quindi, di ritrovarsi a mangiare pluma di maiale iberico e astice grigliato, ma pure cime di rapa fritte in salsa bolzanina e pre-dessert al sorbetto di punch: quasi una sintesi di opposti calamitati dallo stesso mindset.
Non fa eccezione la carta dei vini, tesa a valorizzare una cantina "in progress" che a volte scavalla il territorio, con stop mirati in giro per il mondo. Fra le bottiglie, custodite nella piccola grotta sotterranea fuori dalle mura, spicca anche un tavolo centrale per degustazioni pre-cena; il blocco di partenza da cui prendere la rincorsa, tornando a tavola con la giusta fame di novità. Tempo di sedersi e le dolci fiammelle rischiarano l'ambiente adornato da fiori, merletti alle finestre e altrettante cornici che indorano scorci di paesaggio roccioso. È finalmente ora di inforcar le posate.
I piatti
Pare un azzardo, ma non è: l'olio d'erba cipollina, servito in una provetta trasparente vicino a pane, burro e formaggio fresco creamy, catalizza subito l'interesse dell'ospite curioso, che di colpo si ritrova a dedicarvi buona parte delle sue attenzioni iniziali. E forse continuerebbe a tuffare la mollica ad libitum nell'oro verde, se non fosse improvvisamente distratto dalle Chips di cipolla con insalata, avocado e pomodori, mentre le Puntarelle ripiene di crema di tonno giungono a svecchiare il ricordo del consueto antipasto marinaro; sulla stessa linea d'onda, il Tonno pinna gialla con consommè del pesce e limone unisce crudo e cotto: il mini-filetto nature galleggiante nel brodo al profumo di agrumi, da mangiare intervallando i sorsi alla masticazione.
L'atout dello chef è un'audace Crème brûlée di foie gras, ossimoro strong in bilico fra il dolce e il grasso, il freddo e il tiepido, l'armonia e l'eccesso.
A colpire, il gioco "basculante" indotto dall'amarena (sottoforma di sorbetto e praline), più i sentori del foie gras alla griglia con fondo di vitello e la freschezza del sedano marinato. Ottima gestione degli zuccheri, che -seppur diffusi- raggiungono un gradevole punto di equilibrio. In abbinamento (a inizio pasto!) un Passito Sanct Valentin "Comtess" di San Michele Appiano da uve Gewurtztraminer. L'insieme convince e, a sorpresa, lascia un'impressione pulita, senza ridondanze.
Più tenue l'astice, scomposto in due tranche per minimizzare lo scarto del nobile crostaceo. Il primo round vede scendere in campo la coda alla griglia, avvolta da maionese di zafferano come un leggero nastro setoso; di fianco animelle fritte, sullo sfondo barba di monaco servita con la bisque del pesce, a illustrare l'idea di un prato erboso.
Il ritorno di fiamma è un Risotto con salsa di astice, schiuma di cipolla bianca e asparagi di mare. Note sulfuree su basi saline, per spezzare appena il cerchio dell'opulenza. Arriva dritto al punto, infine, il Pluma di maiale iberico con insalata di ortaggi e crescione, cotto delicatamente per una dose di tenerezza extra. Tomek lo serve pressoché assoluto, spingendo la sapidità con la sua stessa salsa di accompagnamento e i vegetali che lavano via ogni residuo proteico, a chiudere il capitolo salato in vista del dessert.
Non resta che immergersi nel flusso citrico della Variazione di fava tonka con meringa, limone e crema di bergamotto, sincera quanto basta per unire la memoria di un budino d'infanzia coi sapori di un sorbetto adulto. Felicità è anche questo, pescare i ricordi nel presente.
Indirizzo
Ansitz Steinbock
Vicolo Franz von Defregger, 14, 39040 Villandro BZ
Tel: 0472 843111