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Paestum Wine Fest 2022: il salone del vino nel cuore della Campania

di:
Marco Colognese
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L'evento

Passata, almeno si spera, la triste aria della pandemia, ricominciano a proliferare gli eventi del vino. Si somigliano tutti, più o meno, ma esistono eccezioni piuttosto palesi. Una dimostrazione di come si possa essere differenti l’abbiamo avuta con la decima edizione di Paestum Wine Fest, manifestazione cresciuta in sordina e letteralmente esplosa nella nuova sede, gli spazi post industriali dell’ex tabacchificio SAIM di Borgo Cafasso a Capaccio.



Hanno connotato l’evento, tre giorni dal 18 al 20 marzo scorsi, un numero importante di espositori, 320 cantine, stand gastronomici dedicati ai prodotti locali, addetti ai lavori ma anche un impressionante afflusso di appassionati, quelli che ormai sono noti come winelovers, e le degustazioni dedicate tutte a vini importanti. Merito di due personaggi chiave come Angelo Zarra, di Divini Assaggi e Zeta Enoteca e di Luca Gardini, il Wine Killer. Proprio quest’ultimo ha condotto le spettacolari masterclass organizzate in un contesto del tutto unico, all’aperto e con il maestoso tempio di Nettuno come sfondo. Abbiamo assistito a quella dedicata a dieci Brunello di Montalcino con un Gardini emozionato, affiancato da ospiti come Luciano Ferraro, vicedirettore ad personam del Corriere della Sera e curatore della rubrica DiVini e Luciano Pignataro, giornalista e scrittore gastronomico.


Se Pignataro ha parlato del carattere di un territorio che non insegue altri modelli e del successo di Montalcino nell’interpretazione del Sangiovese “senza complessi di inferiorità e dal carattere unico”, Ferraro ha sottolineato come fosse la prima volta di una degustazione organizzata in un posto così bello. Ha poi richiamato le parole di Carlo Petrini e il suo invito a utilizzare finalmente per il vino un linguaggio comprensibile “e non uno tecnico bizantino, per far capire invece la storia e raccontare il vignaiolo che è dietro a ogni bottiglia, i suoi sforzi, le sue fatiche e l’ambiente in cui si trova a lavorare.”


Annate diverse, quindi, e vini differenti di una nobile denominazione e da un’area vinicola particolarmente felice del nostro paese, con 11,4 milioni di bottiglie vendute nel 2021. E ancora aziende di varie dimensioni, da quella familiare al grande gruppo, dal produttore storico ai giovani emergenti; tutto lungo il filo conduttore di eleganza, forza e freschezza in espressioni originali che hanno certificato la vastissima gamma espressiva raggiungibile da questo vino che arriva da 2100 ettari vitati e da una comunità coesa, con vigneti che non si incrementano e sono circondati da boschi e natura a perdita d’occhio.


La scelta delle bottiglie è stata di Gardini, a partire da Biondi Santi, azienda recentemente passata nelle mani di un importante gruppo francese che ha saputo trattarla con rispetto, con un’annata 2011 di elegante austerità che ne testimonia tanto la freschezza quanto la grande potenzialità di invecchiamento. Segue Casanova di Neri Tenuta Nuova 2013, vendemmia che secondo Gardini è sottovalutata, con un’impronta stilistica millimetrica e lunga tenuta nel tempo: a questo proposito Luca ha sottolineato come un vino buono sia buono sempre e si possa bere anche appena immesso sul mercato, perché “in bottiglia non migliora, semplicemente cambia”. Ridolfi, 2016, è una scoperta di notevole finezza. Ancora, Ciacci Piccolomini d’Aragona Vigna di Pianrosso Riserva Santa Caterina D’Oro 2016, fragrante e con un’espressione di grande sapidità. Capanna, un’altra riserva ma del 2013, è un vino dalla nota balsamica che riempie il palato.


Canalicchio di Sopra 2016 rimanda a precisione, pulizia e rigore stilistico. La Mannella 2016 di Cortonesi, olfattivamente profondo e poi la 2017 di Poggio di Sotto, ulteriore testimonianza di come un’annata possa essere sottovalutata, fragrante con le sue note agrumate. Fuligni Riserva 2012 secondo Gardini si esprime ancor meglio della grande 2010, con densità, eleganza e note piccanti. Le Chiuse 2013, infine, secondo Gardini: “in bocca è una freccia, quello che è veramente il Sangiovese”.Perché – conclude – ricordatevi che per capire il Brunello bisogna prima conoscere il Sangiovese.”

Sito web del Paestum Wine Fest

Wine Reporter

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