I grandi Vini

Veuve Clicquot Rosé, un mondo a parte

di:
Roberto Mostini
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La Storia

La Storia del Veuve Clicquot Rosé


Il gusto di uno Champagne rosé rappresenta l'andare oltre. Oltre la consuetudine, l'abitudine, la normalità. Così come i demi sec, gli Champagne rosé -salvo eccezioni- sono considerati un po' meno interessanti dal pubblico dei bevitori haute de gamme italiani. E se sul tema demi sec posso essere in parte d'accordo, sul secondo mi sbilancerei verso una considerazione superiore al giudizio generale.

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Quella Grand Dame, lo sappiamo, è stata una delle prime donne d'affari della sua epoca, per talento, immaginazione e anche per necessità, rimasta vedova a 27 anni ma senza perdersi d'animo, riprendendo la maison orange e portandola a livelli di prestigio, stima e considerazione, che ancor oggi sono riconosciuti dal pubblico di tutto il mondo. Di Lei, della sua storia e dei suoi vini più classici ne ho già scritto su Reporter, mentre oggi il focus natalizio è proprio mirato sui vini rosati della Champagne, una sciarpa di seta rosa antico su un giovane collo femminile da baciare.

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Gli Champagne rosé si possono fare in due modi, "de saignée" ou "d'assemblage". Il primo metodo consiste nel lasciare macerare il mosto di uva pinot noir per qualche ora -insieme alla buccia delle uve stesse- al fine di fissare i profumi, le componenti aromatiche, i tannini e il colore, che sarà piuttosto intenso e variabile a seconda delle annate e dello stile della maison. Il momento in cui lo chef de cave deciderà di separare il mosto dalle bucce sarà decisivo. Il risultato, forzatamente variabile, renderà questa di tipologia di Champagne vinoso, intenso, ricco e adeguato a palati alla ricerca di un certo spessore di sensazioni.


Madame Clicquot la pensava diversamente e quindi immaginò un qualche cosa di più fine e raffinato, meno tannico e dal colore leggermente ramato, o come si dice lassù, vicino alla buccia di cipolla. Stava per nascere lo Champagne al femminile. Non conosco persone del genere femminile che non apprezzino un rosé di Champagne, l'unico vino che non fa sembrare sbronza una ragazza, anche se ne ha abusato.

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Madame Clicquot amava molto gli appezzamenti di uve pinot noir della regione di Bouzy e procedette così a elaborare il proprio vino rosso della zona specifica, la più adeguata. L’ispirazione definitiva arrivò nel 1818, quando decise di miscelare le uve rosse con i suoi vini bianchi fermi. Il risultato fu uno Champagne Rosé più intenso rispetto alla moda dell'epoca -che prevedeva l'uso di bacche di sambuco in soluzione- e così risolvendo l'enigma, consegnando finalmente a quel vino un carattere meglio definito. Il talento di Madame Clicquot nella ri-elaborazione mentale diventò in pratica il primo Champagne Rosé per assemblaggio. Oggi, come nel 1818, Veuve Clicquot Rosé è un raffinato esempio del savoir-faire nella maniera di praticare la tecnica dell’assemblaggio. Lo Chef de Caves, Dominique Demarville e il suo team di esperti selezionano vini rossi e vini bianchi fermi di qualità eccellente in alcuni fra i più ambiti vigneti della Champagne, per cercare - e spesso trovare- gli aromi e le caratteristiche che esprimono al meglio lo stile di Veuve Clicquot Rosé. Lo stile deve essere riconoscibile e costante nel tempo. Questo lo scopo delle grandi maison de Champagne, fidelizzare attraverso una qualità riconoscibile e costante.

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Impressionante il numero di cru presi in considerazione, almeno 50-60 Cru diversi. Veuve Clicquot Rosé si basa sullo stile tradizionale del Brut Yellow Label (quello con l'etichetta orange) con il 50–55% di Pinot Noir, il 15-20% di Pinot Meunier e il 28-33% di Chardonnay. L’assemblaggio comprende una percentuale di vini di riserva (30-45%) derivanti da più vendemmie (solitamente 5 o 6), che garantiscono la coerenza di stile della Maison. Questi vini più vecchi vengono conservati separatamente, per preservare le qualità esclusive dei loro vigneti e della vendemmia. L’assemblaggio viene quindi completato con un 12–13% di vino rosso fermo, prodotto da uva rossa. Poi il vino viene imbottigliato e lasciato invecchiare per tre anni nelle cantine, prima di essere rilasciato sul mercato.  Tutto ciò per quanto riguarda uno Champagne senza annata, mentre per un millesimato il discorso cambia, e non di poco. La creazione di un vino Millesimato rappresenta un dialogo privilegiato con il mondo della natura, un intervento della creatività umana con il terreno e il sole.


Con la creazione del Vintage (in bianco) e del Vintage Rosé 2008, i primi nati per mano dello Chef de Caves Dominique Demarville, la Maison Veuve Clicquot si è avvicinata ancora di più alla natura. Per la prima volta da quando negli anni ’60 la Maison è passata all’invecchiamento nell’acciaio inossidabile, Dominique Demarville ha recuperato l’uso del legno di rovere per far maturare una piccola porzione di vino, frutto della vendemmia del 2008 per esempio.

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Demarville spiega così il suo cambio di marcia: “Quando sono arrivato in Veuve Clicquot nel 2006, sono rimasto colpito dall’intensità e dalla potenza dei vini Millesimati, tutti espressione di vendemmie eccezionali”, racconta. “Tuttavia, mi sono chiesto come potevamo compiere un ulteriore passo avanti e donare ai nostri Millesimati una dimensione ancora maggiore. Un Millesimato si basa sulla miscelazione di un'unica coltura, quindi non possiamo aggiungere le note speziate dei nostri vecchi vini di riserva, come facciamo invece per lo Yellow Label”, fa notare Demarville. “Ricordo che uno dei miei predecessori, Charles Delahaye, aveva eseguito la miscelazione con vini invecchiati in rovere fino agli anni ’60, quando la Maison passò all’uso dell’acciaio inossidabile. Quest’ultimo materiale conferiva maggiore limpidezza al vino, ma Delahaye ricordava sempre l’epoca del rovere e come fosse in grado di donare una precisa rotondità di sapore, grazie alla micro-ossigenazione del mosto a contatto con un’altra sostanza vivente e organica”.

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Non ha pensato al rovere come un nostalgico ricordo del passato, ma come un modo per recuperare il potere di quel materiale in grado di evocare la complessità, in un modo sottile e del tutto contemporaneo. Nel 2007, la Maison ha commissionato al produttore di botti artigianali Foudrerie Françoise di Brive 30 botti di grandi dimensioni, realizzate con il legno di rovere delle foreste delle regioni Central, Allier e Vosges, per accentuare gli aromi di vaniglia, legno e le note tostate che offrono.

Nel 2008, le botti sono state collocate in una cantina separata, in tempo per accogliere una piccola porzione del primo mosto di quella straordinaria vendemmia. “Grazie al solo 5% di vini invecchiati in rovere, aggiunti all’assemblaggio del 2008, abbiamo ottenuto un vino di straordinaria ampiezza e complessità, il tutto senza compromettere lo stile della Maison”, sottolinea Demarville. “Analogamente a quanto fanno gli chef in cucina, che usano un pizzico di spezie per insaporire un piatto, anche noi, aggiungendo una quantità così esigua di vini invecchiati in rovere, abbiamo creato quell’ “esaltazione del gusto” che cerchiamo sempre in Veuve Clicquot”.

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Con un potenziale d’invecchiamento così eccellente è stato facile dichiarare che il 2008 fu un anno che meritava una sua particolare espressione, il terzo in dieci anni, dopo il 2002 e il 2004 e, il 65° da quando Madame Clicquot creò il primo Millesimato nel 1810. Come per ogni Millesimato Veuve Clicquot, il Pinot Noir prevale sugli altri vini, costituendo infatti il 61% dell’assemblaggio. Proviene essenzialmente dal sud della Montagne de Reims e dalla Valle della Marne e comprende i seguenti Grands e Premiers Crus: Ambonnay, Bouzy, Tauxières, Avenay e Ay.

È presente anche il pendio nord della Montagne de Reims: Verzy, Verzenay e Ludes. Lo Chardonnay proviene interamente dalla Côte des Blancs (Mesnil sur Oger, Oger, Vertus) e costituisce il 34% della miscelazione. Il Pinot Meunier proviene dalla Montagne de Reims (Ludes) e dalla Valle della Marne (Dizy) e completa l’assemblaggio con un 5%. Per il Vintage Rosé 2008, i vini rossi di Bouzy incidono per il 14% della composizione totale. Il Vintage Blanc è dosato a 8g/l, così come il Vintage Rosé.

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Il naso è fresco, raffinato ed elegante. Dapprima, appaiono fragranze di agrumi e frutta con nocciolo (pesche, albicocche), che vengono quindi arricchite da delicate e calde note di dessert dolci non dolci (mandorle, torta di prugne e mirabelle): una sottile alleanza di freschezza e pienezza. Al palato l’attacco è puro e vivace, poi si trasforma in una sensazione potente e strutturata. Delicatamente cesellato dalla mineralità del terroir gessoso della Champagne, ti incanta. La generosità dell’aroma di frutta del Pinot Noir si accorda armoniosamente con la freschezza degli aromi di agrumi leggermente canditi (limone e mandarino), arricchiti nel finale da delicati accenni di note tostate e frutta essiccata (albicocche e susine). Vintage 2008 è una combinazione di potenza, freschezza e raffinatezza e, presenta un finale parecchio lungo in tema di persistenza. Ne volete ancora? Beh, e allora ci sarebbe una miscela esclusiva degli otto classici Grand Cru de la maison: Aÿ, Bouzy, Ambonnay, Verzy e Verzenay per il Pinot Noir (53%); Avize, Oger, Le Mesnil-sur-Oger per lo Chardonnay (47%). È proprio lei in lustrini e paillettes: la Grande Dame rosé, nata nel 1988, appena 170 anni dopo la prima esperienza in rosé chez Veuve Clicquot.

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