Una candidatura in cui lo chef di Osteria Francescana ha creduto fortemente, e che promuove l'identità gastronomica della Penisola come gesto d'amore: abbiamo raggiunto Massimo Bottura per farci raccontare che valore ha il riconoscimento mondiale della Cucina Italiana, entrata oggi nella lista del Patrimonio Culturale Immateriale dell'Unesco.
"La Cucina Italiana: un rito di amore e una geografia dell'anima". Le parole di Massimo Bottura
"La Cucina Italiana non è una semplice somma di piatti o ricette. È un insieme di gesti, parole, silenzi e profumi che abitano la memoria collettiva del Paese. È un rito quotidiano che si ripete e si rinnova, che ricompone famiglie, generazioni, territori". Arriva tutta, la potenza espressiva delle parole pronunciate da Massimo Bottura in occasione del riconoscimento della Cucina Italiana come Patrimonio dell'Umanità Unesco. Dopo la valutazione preliminare positiva dello scorso novembre, è oggi giunta una conferma che non solo ribadisce l'unicità del ricettario nostrano -celebre in tutto il globo per varietà e ricchezza- ma emoziona profondamente chi, come lo chef di Osteria Francescana, ha sempre elevato la forza del ricordo, portando la storia della gastronomia nel presente.
La gestualità artigiana, l'elogio della pasta fresca, il rispetto per chi eleva i simboli di quel "Made in Italy" che non è uno slogan, ma un esempio di sapienza tanto antica quanto longeva. E poi, la convivialità. Racconta lo chef: “L’Italia si riconosce attorno a una tavola apparecchiata: è qui che ci scambiamo storie, condividiamo sogni, ricomponiamo un senso d’appartenenza. Cucinare, da noi, non è mai stato solo nutrirsi, bensì un prendersi cura: è un gesto d’amore e un atto di fiducia verso chi siede accanto. Ogni regione, ogni borgo, ogni casa custodisce una propria grammatica del gusto, un suo modo di unire la farina all’acqua, l’olio alla luce, il tempo alla pazienza. La nostra forza sta proprio in questa biodiversità culturale che attraversa l’intera Penisola come una sinfonia di microclimi e microstorie".
Il pensiero va alle Cinque Stagionature di Parmigiano o alla Parte Croccante della Lasagna: sunti edibili di una mappa che, da geografica, diventa palatale. E il senso è chiaro: "Dalle nebbie della Pianura Padana ai venti del Sud, dai pascoli alpini alle isole baciate dal mare, l’Italia è un mosaico di saperi manuali e paesaggi sensoriali. Ogni territorio racconta un’armonia diversa tra uomo e natura: i formaggi che maturano nelle grotte, i grani antichi che ondeggiano come memoria viva, gli olivi che resistono da secoli al vento e al tempo. È in questa diversità che risiede la nostra vera ricchezza: un patrimonio fragile e prezioso che si tramanda più per imitazione che per insegnamento, più per amore che per dovere".
Allora, occorre ricordare che il primo atto necessario è quello della tutela e della conservazione, come forma di rispetto del fattore umano che sta a monte. Massimo Bottura lo evidenzia ancora una volta: "Dietro a ogni ricetta c’è un territorio, dietro a ogni prodotto una comunità, dietro a ogni gesto una cultura. La cucina italiana è un patrimonio immateriale vivente, costruito un giorno dopo giorno da milioni di mani che impastano, raccolgono, mescolano, inventano: essere cuochi, oggi, significa custodire questa memoria e trasformarla in futuro. Non con nostalgia, ma con consapevolezza; non replicando ma rileggendo perché, come diceva Eduardo De Filippo, la tradizione è un trampolino, non una zavorra: è pensata per farti saltare più in alto, non per trattenerti a terra".
L'etica profonda della cucina della Penisola
"Riconoscere la Cucina Italiana come Patrimonio dell'Umanità significa riconoscere la sua capacità di creare legami, di costruire comunità, di restituire dignità attraverso la bellezza. È un invito a guardare il cibo come linguaggio culturale e come responsabilità etica". Lo chef affronta un tema di rilievo, portato all'attenzione in questi anni grazie al lavoro nei Refettori e alle numerose iniziative benefiche promosse tra cibo e socialità. "Ogni ingrediente salvato dallo spreco, ogni pasto condiviso con chi ha meno, ogni ricetta tramandata da una nonna a un nipote diventa parte di una più grande narrazione collettiva, il racconto di un Paese che sa ancora unire miseria e nobiltà, semplicità e raffinatezza, passato e futuro.
L’Italia è un giardino di biodiversità, ma anche un laboratorio di umanità. Se osservato con occhi attenti, ogni piatto è una mappa del territorio, una dichiarazione d’identità, un atto di poesia civile. È il modo in cui un popolo racconta sé stesso al mondo, non coi monumenti o le parole, ma attraverso il sapore. E quando, intorno a una tavola, il gusto incontra la memoria e la bellezza si fa condivisione, allora sì, quella non è più solo cucina; è cultura, è vita, è l’Italia che ogni giorno si rinnova nel gesto più semplice e più rivoluzionario: cucinare per amore".
