Nell’unica stella del centro di Bologna, cresce e si radica la cucina di Gianluca Renzi, capace di reinterpretare in chiave tecnica, giovane e green prodotti monumentali e feticci fané.
I Portici
La storia
Sono trascorsi quasi due anni, da quando Gianluca Renzi è entrato ai Portici di Bologna, unica stella (abbondante) del centro di Bologna. E il risultato nel piatto si sente: se lo stile prolunga quello del suo maestro Heinz Beck, nel connubio di leggerezza mediterranea, valorizzazione del vegetale, precisione esecutiva e padronanza tecnica, lo sguardo è tutto sulla città e sui suoi immensi giacimenti gastronomici, mortificati da decenni di interpretazioni svogliate e claudicanti.
Perché se è vero che Bologna per la cucina è famosa nel mondo, e perciò stesso attira turisti da ogni dove, meglio informati sulla “bolognese sauce” che sui Portici Unesco, il mistero resta fitto su una ristorazione che non decolla, pur in presenza di un potenziale pubblico decisamente facoltoso.
Il ristorante
C’era sicuramente bisogno dell’iniezione di giovinezza e alterità, che da diversi lustri l’hotel cinque stelle sta inoculando nella scena gastronomica. E se il tedeschissimo maestro Beck ha saputo ripensare la pasta, Renzi, che viene dal Lazio, può ben rigirare il territorio. “In questo periodo ho preso sempre più coscienza del luogo in cui opero. La curiosità e il desiderio di conoscere una nuova cucina mi hanno spinto a ricercare nuovi stimoli".
"Ho letto, studiato, visitato mercati, conosciuto persone che incarnano la bolognesità, come Laura Nanni, ex responsabile dell’Academy, scuola di cucina dell’hotel. Insomma, mi sono confrontato con la tradizione, che per me in Emilia significa grande concentrazione del gusto e valorizzazione dell’ingrediente principale. Penso al Parmigiano e all’Aceto Balsamico, già grandi al naturale, prima che intervenga il cuoco”.
Poi c’è la squadra. “Ogni settimana con i ragazzi, in gran parte emiliani, ci sediamo e cerchiamo di portare sul piatto qualcosa di nuovo”, aggiunge. Attualmente è il momento dell’Ocoo, macchinario per l’ossidazione applicato ad ampio raggio, dalle patate alla scorzonera. Mentre il sommelier Riccardo Ricci coerentemente riorienta la carta dei vini su artigianali e naturali.
I piatti
I menu sono due: Intrecci, che maneggia memorie e attualità, fra il Lazio, la Toscana e l’Emilia, a 110 euro e Hit the road, mano libera che corre verso il futuro, a 150. Prendono le mosse dal primo omaggio al territorio: la sequenza di appetizer La rossa, la grassa, la dotta. Quindi la sfera di friggione e il macaron alla barbabietola con crema di aglio nero; il maialino di spuma di Mortadella e il bao al ragù; la crescentina con lardo di mora romagnola e mostarda di uva fragola e la tigella con verdure in carpione alla maionese senapata, ironia sullo street food degli universitari. A seguire, quasi un signature, il Pan dorato con brodo di cipolla di Medicina.
Dal menu Intrecci, per via del rimando alla Toscana, arriva il Tonno crudo (intervallato da un pomodoro alla brace) con panzanella in crioestrazione gelificata. Abbinamento consolidato, con reminiscenze anni ’90, rielaborato in sottrazione di testure, come la celebre torta di Alinea (anche se il pane manca, si tratta piuttosto di un’estrazione acidula di insalata macerata in stile Uliassi). Fresco, defaticante, elegante.
Il piatto del giorno, o forse del biennio, è però la Zuppa imperiale, classico fané, ormai relegato a qualche trattoria. Renzi la rivisita a partire dal grande assente della cucina bolognese, il vegetale, che occupa prepotentemente la scena in un tripudio di primavera (ma il piatto è presente tutto l’anno, con ingredienti variabili). Illuminando per così dire il lato verde della luna. Ecco, quindi, il brodo di funghi cardoncelli, spugnole e trombette della morte (oppure l’estrazione di asparagi), un mix ipervitaminico di asparagi, fave, piselli, cavolfiore, zucchina e fiori di zucca, le perle microsferificate di Parmigiano e i bocconi di impasto precotti al microonde e finiti nell’acqua di Parmigiano, per una crasi paradossale con la minestra primavera.
Hit the road risponde con i Confetti aerografati di foie gras marinato al Madeira, serviti con mela cocomerina fermentata per l’ulteriore acidità, infuso di camomilla e miele a legare. Classicamente impeccabili.
Il primo di Intrecci sono i Fagottelli 12, 24, 36, stretta di mano fra Bottura e Heinz Beck: si tratta ovviamente di stagionature del Parmigiano, 12 mesi per l’acqua acidula della mantecatura, 24 mesi per la farcia liquida umami driven, 36 mesi per la grattugia sapida, senza contrasti. Tutti dal casello 993, con un possibile prosieguo piccante.
Arriva da Hit the road il Fusillone con crema di mandorle, ricci di mare, nero della seppia con i suoi tentacoli croccanti e purea di prezzemolo, in equilibrio fra grassezza e mineralità piccante. Segue la capasanta Kurozo Vermont, cotta sulla griglia giapponese, che affumica dolcemente, e servita con cipollotto verde all’aceto di riso integrale giapponese, salsa alle alghe, fave e piselli sgusciati, una frittatina giapponese di verdure croccanti.
Chiude il Piccione al Lambrusco, altro omaggio al territorio, dove il volatile toscano è frollato in casa, cotto sull’osso al forno, servito con scorzonera ossidata impanata alle arachidi caramellate, scalogno brasato al Lambrusco, crema di mele cocomerine e pepite di Lambrusco azotate, che riprendono il filo dell’ematico; la coscetta è fritta nella pasta fillo, il fegatino e il cuore guarniscono un minicrostino al ribes.
Per dessert la Dacquoise al cocco con quenelle di gelato al litchi, gelatina di rosa, mousse di litchi alla rosa e cioccolato bianco al lampone. Il cerchio di omaggi si chiude con la piccola pasticceria, ispirata ai sette segreti di Bologna, rievocati da giocose friandise.
Indirizzo
I Portici
via Indipendenza 69 40121 Bologna, Emilia-Romagna
Tel: 051 421 8562
Sito Web