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Mehak Kansal: lascia l’azienda immobiliare e ora è una top chef indiana. La storia

di:
Elisa Erriu
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copertina Mehak Kansal

A differenza di molti chef, Mehak non ha ereditato la passione per la cucina da una nonna sapiente o da una madre casalinga modello, ma ha lasciato il ramo immobiliare per diventare chef professionista. Ecco come.

La chef

C’è chi scrive un romanzo per raccontarsi. E poi c’è chi lo fa con una padella, una manciata di coriandolo fresco e qualche granello di cumino. È il caso di Mehak Kansal, cuoca autodidatta, autrice e spirito irrequieto dietro Bindas, un libro di cucina che è molto più di una raccolta di ricette: è il suo manifesto personale. Un viaggio saporito, libero e disinvolto – proprio come suggerisce il termine hindi che dà nome al libro e al suo ristorante londinese – tra le pieghe di una doppia identità e una fame, letterale e metaforica, di appartenenza.

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Nata e cresciuta nel verde Wiltshire, tra cavalli, quad e collegi inglesissimi, Kansal ha però sempre avuto un’altra vita parallela: quella delle estati trascorse in India, dove tutto – ma proprio tutto – ruotava attorno al cibo. “Pagavamo l’autista di mia nonna per farci portare in giro a mangiare guaiave, bere succo fresco di mango da Haji Ali e poi, dopo i dolori di stomaco, rimedi dal farmacista per non far insospettire la nonna. Alla fine, bowling e gelato al butterscotch. E al ritorno: ‘Sì, sì, siamo andati dal sarto, siamo andati al tempio.’ Ma no, abbiamo solo mangiato. Tutto il giorno.”, confessa al The Independent. Questa dicotomia tra l’Inghilterra delle divise scolastiche e l’India degli street food speziati ha segnato profondamente Kansal, portandola a domandarsi più volte: “Sono troppo inglese o troppo indiana?” Una domanda che Bindas trasforma in risposta croccante e profumata, fatta di ricette vivaci, contaminazioni ardite e un approccio assolutamente senza regole: comfort food with an Indian soul.

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A differenza di molti chef, Mehak non ha ereditato la passione per la cucina da una nonna sapiente o da una madre casalinga modello. Anzi: “Mia madre è una cuoca terribile, mia nonna peggio, e mio padre... beh, ama i carboidrati.” È stato proprio questo vuoto a spingerla a riempire la casa di profumi nuovi: da ragazzina, dopo l’ennesimo rifiuto materno a preparare qualcosa di diverso dai soliti piatti monocromatici, ha deciso di prendere in mano la situazione. Tornata dall’India con una borsa piena di spezie e un’idea ben chiara in testa, ha iniziato a coltivare ravanelli e uva spina e a cucinare per tutta la famiglia. Il primo piatto? Un biryani di verdure con chutney di uva spina e raita di mele. Altro che aloo gobi. Il suo percorso professionale, però, non è iniziato tra i fornelli. Laureata in legge e impegnata nell’azienda immobiliare di famiglia, Kansal sembrava avviata verso una vita "giusta". Fino a quando ha capito che non poteva più reprimere il suo bisogno di espressione: “Cucinare è arte, è espressione. È quello che sono.” Dopo un blog, qualche cena privata, e poi la vittoria di un concorso che le ha permesso di aprire un pop-up a Westfield London, è nato il progetto Bindas Eatery.

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Ma dietro il successo, ci sono anche pagine meno scintillanti. Il matrimonio con una famiglia indiana molto tradizionalista ha messo in crisi la sua indipendenza. “Non riuscivo a far combaciare le aspettative da nuora modello con il mio desiderio di libertà e realizzazione.” La depressione è arrivata a bussare alla porta, ma è stato ancora una volta il cibo a rispondere. La cucina è diventata terapia, catarsi, linguaggio e via di fuga. Con il tempo, Mehak ha imparato a non dover scegliere tra una parte e l’altra del suo essere. Oggi dice con disarmante serenità: “Non devo scusarmi per i miei piatti, posso giocare con qualsiasi sapore io voglia.” Ed è così che nascono i suoi intrecci culinari: spezie indiane che abbracciano ingredienti greci, tocchi messicani in piatti mediorientali, chutney accanto a uova in camicia. Una sinfonia globale, ma sempre intonata al suo sentire.

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Nel suo primo libro Bindas: Comfort Food with an Indian Soul (Murdoch Books), Kansal versa dentro ogni pagina la sua storia, il suo gusto, i suoi conflitti e le sue conquiste. Un’opera schietta e vivace, che rifiuta i cliché del curry monocorde e propone invece un'India vibrante, moderna e contaminata. “Volevo dimostrare che la cucina indiana non è solo ciotole marroni di curry. È molto di più.” Gli ingredienti chiave? Coriandolo fresco, menta, melograno, aglio, zenzero, peperoncini e cumino. I suoi piatti parlano la lingua del croccante e del fresco, del piccante e del dolce, del conforto e della provocazione. Sono come lei: bold, unapologetic, e profondamente autentici. Oggi, Kansal è felice. Ha trovato il suo posto, che non è un luogo ma una tavola apparecchiata secondo le sue regole. E anche la famiglia che all’inizio l’aveva presa per matta (“Ma che fai, vai a girare burger?”) oggi non solo la sostiene, ma la celebra. Perché, alla fine, è difficile restare indifferenti a qualcuno che riesce a cucinare la propria identità con tanta grazia, coraggio e... spezie.

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