Lo chef australiano Josh Niland continua a rivoluzionare la cucina di pesce con un approccio “fin to gill”, ovvero dalla pinna alla branchia, che abolisce la parola “scarto”. “Si parla tanto di non mangiare più pesce. A mio parere si tratta piuttosto di prestare attenzione a dove ci approvvigioniamo e a come lavoriamo”.
Lo chef
Fresco del trasloco del Saint Peter negli spazi sontuosi del Grand National Hotel di Paddington, Sidney, lo chef Josh Niland, conosciuto come il “macellaio del pesce”, può ben dirsi soddisfatto. Un anno fa ha messo piede a Singapore, dove manda avanti Fysh presso l’Edition Hotel; poi ci sono la Fish Butchery, pescheria che funge anche da cucina di preparazione, e Petermen, locale più informale sempre a Sidney. Al suo attivo ci sono inoltre tre libri, che hanno cambiato il modo di cucinare il pesce in tutto il mondo. Per lui le creature marine sono meravigliosi assemblaggi da smontare come ludici lego, in modo da rendere commestibile e valorizzare praticamente ogni taglio (salvo la cistifellea), non senza immaginazione.
1) Eliminare gli scarti è un dovere etico, ma serve anche all’economia di un ristorante. Se i più si limitano a servire i filetti e utilizzare le lische per il fumetto, magari infilando qualche ritaglio nel rancio del personale, la pratica no waste del Saint Peter ha consentito allo chef, negli anni duri seguiti all’apertura del 2016, di sopravvivere senza licenziare nessuno, abbattendo semplicemente il food cost. “Non credo possa esistere innovazione senza un problema”, dice oggi lo chef.
2) L’immaginazione di Niland non ha limiti: dalle lische, super morbide dopo una lunga cottura in pentola a pressione, ha ricavato la pasta che usa in una finta torta al cioccolato; dagli occhi prima una cialda, servita senza dichiararne gli ingredienti per non spaventare, poi un gelato, che sorprendentemente non sa di pesce. Per riuscirci, ha studiato la loro struttura su un manuale di optometria. Al Fysh lo stesso ingrediente viene incorporato in un Macaron al cioccolato Valhrona (in foto), quale rivisitazione del dessert orginario che rimanda proprio alla sagoma circolare di un occhio.
3) Se Niland ha applicato l’arte della macelleria alla materia di mare, è perché durante i suoi primi 5 anni da cuoco si è recato ogni settimana in una macelleria, per imparare a smontare le carcasse. Anche il brano più umile viene poi nobilitato da elaborazioni tanto preziose quanto varie.
4) Mai lavare il pesce! In questo modo è possibile evitare lo sviluppo naturale dell’ammoniaca, che si verifica quando viene bagnato o conservato a temperature sbagliate. Si può inoltre prolungare la sua serbevolezza oltre i tre giorni di rito e schivare la canonica spruzzata di limone, volta ad addomesticare l’incipiente sentore ammoniacale.
5) Il nuovo Saint Peter è ospitato all’interno di un hotel interamente rinnovato, per il quale Niland e la moglie Julie curano il bar da 30 sedute e il ristorante da 40 al piano terra. Uno spazio doppio rispetto all’originale, dotato di cucina a vista e di chef’s table da 6 coperti. A pranzo ci sono la carta e le ostriche del bar, la sera il menu degustazione tutto pesce (tranne i dolci), accompagnato da etichette elaborate da vigneti costieri.