Sushi

Yamada, 1 solo chef per 10 coperti: è giapponese il nuovo locale più quotato dal NYT

di:
Elisa Erriu
|
copertina yamada

Cucinando da solo per 10 coperti sale in vetta alle classifiche del New York Times, raggiungendo la più alta quotazione dai tempi e Le Bernardin.  Il traguardo di Yamada, dove il sushi sposa il tailor made.

La notizia

New York non distribuisce i suoi massimi riconoscimenti con leggerezza, soprattutto quando a farlo è il New York Times, che nella critica gastronomica cittadina occupa un territorio emotivo e culturale tutto suo. Una recensione "a quattro stelle" non rappresenta semplicemente un giudizio di eccellenza: assomiglia piuttosto a un evento astronomico, tanto raro da essere paragonato, dagli stessi editori del quotidiano, al ritorno ciclico delle comete. Dopo Le Bernardin, premiato nuovamente nel 2023, la costellazione delle quattro stelle sembrava destinata a restare immutabile. Poi, all’improvviso, un nuovo nome ha inciso la propria traccia nel cielo della ristorazione newyorkese: Yamada, minuscolo ristorante kaiseki nascosto a Chinatown.

250218 Yamada 56322 lores
 

La notizia ha un peso specifico ancora maggiore se inserita nel contesto di un passaggio generazionale cruciale. L’assegnazione arriva infatti poco dopo l’uscita di scena di Pete Wells, storico critico del New York Times, che per dodici anni ha raccontato e in parte plasmato il gusto della città, lasciando il suo incarico nel 2024. La prima recensione a quattro stelle dell’era post-Wells porta la firma di Ligaya Mishan, giornalista capace di unire rigore analitico e sensibilità narrativa, che dopo mesi di visite ripetute ha scelto di conferire a Yamada la valutazione più alta possibile. Una scelta che ha immediatamente acceso il dibattito e riportato l’attenzione su una cucina tanto antica quanto fragile, lontana dalle dinamiche del fine dining più spettacolare.

PR Yamada Otoro Evan Sung
 

L’ingresso a Yamada non promette nulla di solenne. L’accesso passa attraverso la Canal Arcade, una galleria commerciale nel cuore di Chinatown, luogo di passaggio più che di destinazione. Dietro una soglia discreta si apre però un universo parallelo: un kaiseki counter da dieci posti, essenziale e raccolto, dove ogni gesto assume il peso di un rituale. Al centro della scena, senza filtri né mediazioni, lavora Isao Yamada, chef e maestro, che prepara personalmente ciascuna portata del menu degustazione da dieci passaggi. Nessuna cucina nascosta, nessun teatro superfluo: il dialogo è diretto, quasi intimo, tra chi cucina e chi osserva.

250218 Yamada 3417 lores
 

Secondo il New York Times, l’esperienza offerta da Yamada si avvicina più a una rivelazione che a una cena nel senso occidentale del termine, un’immersione nella “sottile arte di una forma rara di cucina giapponese”. La definizione coglie il punto, perché il kaiseki non nasce per stupire, ma per accompagnare. Considerato la più alta espressione della tradizione gastronomica giapponese, il kaiseki affonda le sue radici nella cerimonia del tè, evolvendosi nel tempo in una sequenza di piccoli piatti che compongono un racconto stagionale preciso, calibrato, quasi meditativo. Ogni ingrediente viene scelto nel suo momento di massima espressione, lo shun, e ogni composizione rispetta principi di armonia, equilibrio e attenzione che travalicano il gusto per toccare la dimensione filosofica.

250218 Yamada Evan Sung
 

Isao Yamada incarna questa tradizione con una fedeltà che non ha nulla di rigido. Nato professionalmente in Giappone, ha trascorso anni di apprendistato prima di aprire il suo primo ristorante kaiseki a Fukuoka nel 2000, costruendo una reputazione solida all’interno di un contesto notoriamente esigente. Il passaggio decisivo verso l’Occidente arriva grazie all’incontro con David Bouley, figura chiave della ristorazione newyorkese, che lo invita a trasferirsi negli Stati Uniti per guidare Brushstroke. In quel contesto Yamada ottiene una stella Michelin e una quotazione di rilievo dal New York Times, dimostrando come una cucina profondamente radicata nella tradizione potesse dialogare con il pubblico internazionale senza perdere identità. Con Yamada, il ristorante che oggi porta il suo nome, lo chef sembra aver scelto una strada ancora più personale. Il format ridotto, l’assenza di compromessi, la centralità assoluta del gesto artigianale restituiscono al kaiseki la sua dimensione originaria, fatta di tempo lento e di ascolto. Ligaya Mishan sottolinea come il menu non funzioni come una semplice successione di piatti, ma come una drammaturgia poetica, in cui ogni portata prepara la successiva, creando un flusso coerente che si sviluppa senza brusche interruzioni. La stagionalità non è un concetto astratto, ma una presenza tangibile, che si manifesta nei colori, nelle temperature, nelle consistenze.

yamada
 

Il riconoscimento del New York Times assume quindi un valore che va oltre il singolo ristorante. In una città spesso associata all’eccesso, alla velocità e alla competizione, la scelta di premiare un luogo così raccolto, quasi ascetico, rappresenta una dichiarazione di intenti. Il fatto che questa decisione arrivi dalla prima grande firma critica del dopo-Wells suggerisce un cambio di sguardo, un’attenzione rinnovata verso esperienze che richiedono partecipazione e consapevolezza. Eppure Yamada resta volutamente defilato, lontano dai riflettori e dalle logiche di espansione. Dieci posti, un unico menu, una presenza costante dello chef: elementi che rendono ogni servizio irripetibile e che trasformano la cena in un’esperienza quasi privata. In questo senso, il successo di Yamada parla anche di fiducia. Fiducia nel pubblico, chiamato a mettersi in ascolto; fiducia in una tradizione che non ha bisogno di essere spiegata a tutti i costi; fiducia in un linguaggio gastronomico che si muove per sottrazione e precisione. La cucina di Isao Yamada non cerca di adattarsi, ma invita chi si siede al bancone a fare un passo verso di lei, accettando le sue regole e il suo tempo. Il New York Times, con questa recensione, sembra aver riconosciuto non solo l’eccellenza tecnica, ma la forza culturale di questa scelta.

copertina yamada
 

Tra le mura anonime di una galleria commerciale di Chinatown, Yamada si impone così come uno dei luoghi più significativi del panorama gastronomico contemporaneo, capace di dimostrare come la massima raffinatezza possa convivere con la massima semplicità formale. Un indirizzo che racconta New York non attraverso il rumore, ma attraverso il silenzio, la concentrazione e la bellezza misurata di un gesto ripetuto con assoluta consapevolezza.

Ultime notizie

mostra tutto

Rispettiamo la tua Privacy.
Utilizziamo cookie per assicurarti un’esperienza accurata ed in linea con le tue preferenze.
Con il tuo consenso, utilizziamo cookie tecnici e di terze parti che ci permettono di poter elaborare alcuni dati, come quali pagine vengono visitate sul nostro sito.
Per scoprire in modo approfondito come utilizziamo questi dati, leggi l’informativa completa.
Cliccando sul pulsante ‘Accetta’ acconsenti all’utilizzo dei cookie, oppure configura le diverse tipologie.

Configura cookies Rifiuta
Accetta