“San Francisco come città e la California come stato non favoriscono le piccole imprese, soprattutto i ristoranti”. I proprietari di un’insegna tradizionale all’estero riflettono sui cambiamenti del settore e sulla recente chiusura dell’attività.
La notizia
La fine non è mai la fine, ma in un modo o nell’altro è soltanto un altro inizio. Questa legge non scritta vale anche sotto al cielo di San Francisco, e vale anche per una trattoria con "cucina di mercato" italiana dal nome “Che Fico”, che dopo quattro anni di attività, nel mezzo anche della pandemia, alla fine ha annunciato la chiusura della sua prima sede (ve ne sono diverse in città).
I proprietari hanno reso nota la "difficile decisione" tramite un post su Instagram sabato scorso, sottolineando che non si tratta di un addio definitivo, ma piuttosto, appunto, di un nuovo inizio. "Post-pandemia, il nostro amato ristorante di quartiere ha lottato con le nuove realtà economiche, ma questo modello aziendale attuale era insostenibile", ha scritto David Nayfeld, proprietario e semifinalista del premio James Beard, come riporta il sito Sfgate. "Nonostante i nostri migliori sforzi, dopo aver offerto servizi da asporto, prodotti da dispensa, catering, eventi privati e aver apportato aggiustamenti dei prezzi, le sfide sono continuate."
La trattoria ha tagliato i prezzi fino al 20%, oltre a semplificare il suo menu concentrandosi su pizze e paste, con l'obiettivo di aumentare i coperti e migliorare il fatturato complessivo. Non solo: Che Fico ha anche abbassato una delle sue sovrattasse del 50%, riducendo un supplemento per il servizio al tavolo che era stato introdotto due anni e mezzo fa per garantire migliori salari e benefici per i dipendenti, quando l'attività al chiuso ha ripreso a operare durante la pandemia. Tuttavia, Nayfeld ha capito che anche questo sforzo non funzionava.
"Nel complesso, abbiamo fatto tutti gli aggiustamenti possibili. Ma ecco il problema: è chiaro che l'industria dei ristoranti in questo momento sta affrontando troppe sfide e rischi", ha detto Nayfeld. "È davvero difficile, e non è una questione di cattiva gestione. I ristoranti in tutto il paese accusano il fatto che le spese dei consumatori sono più basse. Le persone sentono gli effetti catastrofici dell'economia. Spendono ed escono di meno."
D'altra parte, Che Fico Alimentari (definito "our sister restaurant") ha aperto nel 2019 come un ristorante da 60 posti, con un mercato annesso che offriva vini italiani, salse, marmellate e crostate da cuocere a casa, oltre a pasta da asporto. Nonostante la perdita, dunque, i proprietari hanno detto di essere ottimisti sul nuovo capitolo di Che Fico a San Francisco. La "costola" del brand, ubicata su Divisadero, dopo aver effettuato il suo ultimo giorno di servizio il 9 maggio si fonderà infatti con il ristorante al piano di sopra; una transizione che idealmente consentirà di gestire al meglio la nuova esperienza culinaria unificata. Inoltre, Nayfeld prevede di riadattare spazio al piano sottostante per ofrire un menu grab-and-go chiamato Che Fico To-Go -con tiramisù, pizza e insalata da asporto.
"Pensiamo che le persone saranno contente dei cambiamenti che abbiamo apportato", ha detto Nayfeld. "Queste sono decisioni importanti che le vere aziende devono prendere ogni giorno. Il fatto è che San Francisco come città e la California come stato non favoriscono le piccole imprese, soprattutto i ristoranti. Non considerano quanto sia importante il nostro lavoro per la vivacità e l'occupazione di una comunità. Potrebbero fare la differenza se volessero; invece, preferiscono nascondere la testa nella sabbia."