L'essenza della cucina, oltre agli aromi e ai sapori, risiede nelle mani che la creano. Nato nell'ottobre 1979 a Lisbona, José Avillez sognava di diventare falegname o architetto, ma è finito ai fornelli. Per poi creare un impero di 16 locali famosi nel mondo.
La storia
José Avillez, una figura iconica oggi nel panorama gastronomico portoghese, è noto per la sua passione per l'innovazione e l'autenticità culinaria. Ma prima della sua carriera segnata dai successi, ha vissuto una vita modesta, senza il padre sin da quando era un bambino di sette anni. La famiglia aveva una fattoria vicino alla spiaggia di Guincho: necessitava di lavori e l’uomo restaurò la casa, così si trasferirono lì un anno prima che morisse. Durante l’infanzia José andava in bicicletta fino a Guincho per catturare cirripedi, seppie e calamari con l'amo e l’esca. Poi, ogni domenica, pranzava a casa della nonna con i suoi 20 cugini. Una famiglia numerosa, segnata da un lutto precoce, ma lui già mostrava l’attitudine al sacrificio e il pallino per la gastronomia.
Sua madre era un'assistente sociale dallo stipendio esiguo. “Ma non ci è mai mancato nulla”, assicura oggi a expresso.pt. Per guadagnare qualche soldo, integrando la paghetta settimanale di 25 centesimi, cominciò a produrre e vendere dolci e piccoli utensili realizzati a mano. Voleva fare l'architetto, ma poi si laureò in Comunicazione d'Impresa. Allora non pensava che avrebbe intrapreso la carriera di cuoco. “Mi piaceva di più mangiare e bere!”, confessa.
Finché a 21 anni, per esigenza di lavorare, andò a bussare alla porta del ristorante di uno degli chef più rinomati. “Ho detto che volevo lavorare lì, senza paga, solo per imparare. Tutti ridevano e pensavano che non sarei durato due giorni”. Per sei mesi lavorò di giorno e studiò di notte, dimostrando ai colleghi esattamente il contrario. “Quando sono entrato in cucina il mio cuore ha saltato un battito. Ho capito che questo era ciò che volevo fare per il resto della mia vita” -ecco come racconta l’inizio del percorso che lo avrebbe condotto alla fama.
In seguito, José ha vissuto in Brasile e, dopo aver lasciato il progetto 100 Maneiras con Ljubomir Stanisic, è tornato in Portogallo assumendo la guida del ristorante Tavares. Da quel momento, tutta la sua vita è cambiata. Oggi è lo chef portoghese con più stelle Michelin. Guida 16 ristoranti, di cui uno a Dubai e un altro a Macao. Ha 470 lavoratori dipendenti. Trascorre “notti insonni” pensando non tanto alle ricette, ma a cosa bisogna fare per gestire al meglio un impero gastronomico così vasto.
Tuttavia, dietro la genialità dei suoi piatti, Avillez parla delle bistecche che brucia ancora adesso a casa sua quando è distratto, e argomenta gran parte del suo successo dando il merito al contributo di coloro che lavorano alle sue dipendenze, fra cui molti immigrati disposti a fare i suoi stessi sacrifici degli esordi.
In un mondo sempre più globalizzato, la diversità culturale è diventata una caratteristica essenziale della cucina contemporanea. Avillez sottolinea che i suoi ristoranti sono un riflesso di questa diversità, grazie al talento e alla dedizione di persone provenienti da ogni angolo del mondo. Senza di loro, afferma Avillez, i suoi locali non sarebbero in grado di offrire la stessa qualità e creatività che li contraddistingue. Attraverso le parole di Avillez emergono temi di attualità e importanza sociale, come l'integrazione, il rispetto e la valorizzazione delle peculiarità di ciascuno. Le parole di Avillez ci invitano a condividere e celebrare la diversità che arricchisce le nostre vite e le nostre tavole.