Chi è Christophe Hay, chef che sulle rive della Loira coltiva l’orto, alleva wagyu e raccoglie i propri tartufi, mietendo due e una stella Michelin (più verde) nei suoi stabilimenti ecosostenibili.
La storia
Non è certo una novità, lo chef che scende letteralmente in campo. Ma Christophe Hay lo fa con una coerenza più unica che rara. Alla guida di La Table d’à côté e di Fleur de Loire, due fra i migliori ristoranti nella zona dei castelli della Loira, contrassegnati rispettivamente da una e due stelle Michelin, è a tutti gli effetti uno chef contadino. From farm to fork, come si suol dire.
“Sono nato a Vendôme, a nord della Loira, in una famiglia di contadini da 5 generazioni. Possedeva una fattoria da 120 ettari con vacche da latte”, racconta a Food And Sens. “Ho visto i miei nonni attraversare tutte le fasi e conoscere la crisi delle quote latte negli anni ’80, buttando via il prodotto, cosa che mi ha segnato molto. Sono stato cullato in questo ambiente fino alla mia integrazione presso l’alberghiero di Blois, dopo la quale ho iniziato a lavorare in stabilimenti stellati prima di prendere il volo per la Florida e la maison Bocuse. Poi ho assunto un posto, per me molto formativo, come chef executive di un gruppo di alberghi con ristorante a Parigi e fondato nel 2014 la Maison d’à côté a Montlivault, nelle mie terre predilette. La voglia di valorizzare i produttori in veste di chef rappresenta per me un elemento importante, sono nello stesso tempo incontri umani e un modo per fare evolvere incessantemente la mia cucina”.
Il recupero della tipica architettura storica è stato impostato in termini di ecosostenibilità, grazie alla climatizzazione ad acqua a ciclo chiuso e al recupero delle acque piovane. L’habitat è ricco di biodiversità: attorno alla Loira pullulano i castori, gli uccelli e numerose specie animali che richiedono tutela, anche da parte dei cuochi. “Tutto ciò che faccio mi appassiona. Mi piace dare un nome a quello che lavoro. Voglio che si possano riconoscere un viaggio, il gusto di una sensazione, un produttore in ciascuno dei miei piatti”.
Poi c’è l’ettaro e mezzo di orto proprio, che copre interamente il fabbisogno di verdure ed erbe aromatiche. Non sono poche le varietà rare, talvolta scoperte dallo chef in viaggio. E l’allevamento di wagyu, intrapreso nel 2018, che oggi conta 90 capi nutriti al pascolo e poi a semi di lino, massaggiati su sottofondo di musica classica per 14 mesi. “Tutto questo sviluppa un retrogusto erbaceo e una lunghezza in bocca incredibili”. Senza dimenticare la tartufaia da 5 ettari mandata avanti con l’executive Baptiste.
Già campione di pesca al colpo, Hay è anche appassionato di pesci d’acqua dolce, che grazie alle acque pulite del fiume oggi nuotano non sulla melma, ma sulla sabbia, sviluppando un gusto pulito. Tanto che il suo piatto firma è la carpa, di cui ha scoperto un’antica ricetta rovistando negli archivi del castello di Chambord, con tanto di funghi, lardo, gamberi di fiume e tartufo, ma in versione contemporanea.
Foto di copertina: credits Christophe Archambault- AFP